ANCHE IL PAPA SA CHE IL GOSSIP MIGLIORE SI FA IN CHIESA! “A MESSA NON SI VA PER SPETTEGOLARE”. E SE LA PRENDE CON CHI NON È PECCATORE

Bergoglio: “La messa è il luogo dell’incontro con Gesù. E invece ci andiamo per dire: “Hai visto com'è vestita quella, o com'è vestito quello?”. Oppure per farci vedere impeccabili. Per farci sentire a posto e perbene. Invece, chi non si sente peccatore è meglio che non vada a messa!”…

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Maurizio Caverzan per "il Giornale"

FEDELI IN CHIESAFEDELI IN CHIESA

La messa domenicale è il luogo dell'incontro con Gesù. È il momento privilegiato nel quale s'instaura e s'intensifica questa confidenza tra l'uomo peccatore e Dio che perdona. Invece, molto spesso non è così. Ci andiamo per pettegolare: «Hai visto com'è vestita quella, o com'è vestito quello?». Oppure per farci vedere impeccabili. Per farci sentire a posto e perbene. Invece, «chi non si sente peccatore è meglio che non vada a messa», ha consigliato il Santo Padre. Ci sono indizi precisi per capire se partecipiamo nel modo giusto. Ieri, durante l'udienza generale, papa Francesco ha voluto indicarli concretamente in quello che si profila come un nuovo catechismo della liturgia domenicale. «Il primo indizio è il nostro modo di guardare e considerare gli altri» ha esordito Bergoglio.

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«Nell'Eucaristia Cristo attua sempre nuovamente il dono di sé che ha fatto sulla Croce. Tutta la sua vita è un atto di totale condivisione di sé per amore; perciò Egli amava stare con i discepoli e con le persone che aveva modo di conoscere. Questo significava per Lui condividere i loro desideri, i loro problemi, quello che agitava la loro anima e la loro vita. Ora noi, quando partecipiamo alla santa messa, ci ritroviamo con uomini e donne di ogni genere: giovani, anziani, bambini; poveri e benestanti; originari del posto e forestieri; accompagnati dai familiari e soli... Ma l'eucaristia che celebro, mi porta a sentirli tutti, davvero come fratelli e sorelle? Fa crescere in me la capacità di gioire con chi gioisce e di piangere con chi piange?

Per esempio - ha proseguito il Papa parlando a braccio - a Roma in questi giorni abbiamo visto tanti disagi sociali o per la pioggia, che ha fatto tanti danni a quartieri interi, o per la mancanza di lavoro, conseguenza della crisi economica in tutto il mondo. Mi domando, e ognuno di noi si domandi: io che vado a messa, come vivo questo? Mi preoccupo di aiutare, di avvicinarmi, di pregare per coloro che hanno questo problema? Oppure sono un po' indifferente? O forse mi preoccupo di chiacchierare: Hai visto com'è vestita quella, o come com'è vestito quello? A volte si fa questo, dopo la messa, e non si deve fare!».

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Il secondo indizio, «molto importante», indicato dal Papa ai fedeli che gremivano Piazza San Pietro è «la grazia di sentirsi perdonati e pronti a perdonare». A volte ci si chiede «perché si dovrebbe andare in chiesa, visto che chi partecipa abitualmente alla messa è peccatore come gli altri?».

Ma «in realtà, chi celebra l'eucaristia non lo fa perché si ritiene o vuole apparire migliore degli altri, ma proprio perché si riconosce sempre bisognoso di essere accolto e rigenerato dalla misericordia di Dio. Se ognuno di noi non si sente peccatore - spiega Bergoglio - è meglio che non vada a messa: andiamo a messa perché siamo peccatori e vogliamo ricevere il perdono di Gesù, partecipare della sua redenzione. Quel "Confesso" che diciamo all'inizio non è un pro forma, è un vero atto di penitenza!». Infine, ha proseguito, «un ultimo indizio prezioso ci viene offerto dal rapporto tra la celebrazione eucaristica e la vita delle nostre comunità».

PAPA BERGOGLIO CON IL ROSARIO COME ORECCHINOPAPA BERGOGLIO CON IL ROSARIO COME ORECCHINO FEDELI IN CHIESAFEDELI IN CHIESA

L'eucaristia «non è qualcosa che facciamo noi; non è una nostra commemorazione di quello che Gesù ha detto e fatto. No. È proprio un'azione di Cristo!». In questo senso, «una celebrazione può risultare anche impeccabile dal punto di vista esteriore, ma se non ci conduce all'incontro con Gesù, rischia di non portare alcun nutrimento al nostro cuore e alla nostra vita».

 

 

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