Federico Rampini per “la Repubblica”
«La situazione della sicurezza in Libia diventa sempre più complessa e imprevedibile», dichiara il generale Thomas Waldhauser, capo dello United States Africa Command. Conseguenza? Gli Stati Uniti ritirano il loro minuscolo contingente militare, già evacuato via mare domenica mattina. Per l' Italia, per l' Europa, per il Nordafrica e il Medio Oriente, il messaggio è chiaro: benvenuti in un mondo post-americano. La presenza in Libia di soldati Usa e di esperti anti- terrorismo, pur molto ridotta, era l' ultimo residuo di una scelta che fece Barack Obama e di cui lui stesso si era pentito.
Trascinato da Nicolas Sarkozy e David Cameron nell' intervento militare per deporre Gheddafi, l' allora Presidente fornì all' attacco franco-britannico un supporto soprattutto logistico e di bombardamenti aero-navali.
Se ne pentì in seguito, dopo aver capito che Parigi e Londra si erano lanciate in quell' operazione senza avere un piano serio per il dopo- Gheddafi. Dopo una fase utopistica o ingenua in cui aveva appoggiato le rivolte delle primavere arabe credendo che avrebbero spianato la strada alla democrazia, dall' Egitto in poi Obama era tornato alla realpolitik.
al serraj haftar giuseppe conte
In una confessione autocritica, mentre stava lasciando la Casa Bianca, disse che la prima regola della politica estera dovrebbe essere don' t do shit ( traduzione edulcorata: non fare casini). La Libia la mise nel novero dei casini che si era lasciato dietro.
Dopo oltre due anni di presidenza, Trump ha aggiunto un principio ulteriore: non fare nulla in politica estera se non sia strettamente necessario alla difesa di un interesse strategico minacciato. Siamo in una fase di crescente isolazionismo. Che viene giustificato anche da una rivoluzione negli assetti energetici mondiali. L' America è ormai quasi autosufficiente per il suo fabbisogno di petrolio e gas.
La " motivazione energetica" nella politica estera - che fu una delle costanti in Medio Oriente dalla Seconda guerra mondiale in poi - si è praticamente dissolta. Resta dell' eredità neoimperiale solo un fattore- interdizione: gli Stati Uniti rimangono ben presenti militarmente nelle aree petrolifere come il Golfo Persico, perché da quelle forniture è dipendente la Cina, il che la rende vulnerabile. Ma come si vede nel caso del Venezuela, anche sull' interdizione della penetrazione cinese o russa Trump non è disposto a investire più di tanto.
Chi da mesi denuncia le trame di un' invasione militare americana in Venezuela è stato smentito: neppure le riserve petrolifere più abbondanti del pianeta smuovono Trump, che ha una vera allergia all' intervento militare. America First, lo ha sempre detto nei comizi ( ed è di nuovo in campagna elettorale), vuol dire anche smetterla di sperperare risorse per fare i gendarmi del mondo.
Prima il ritiro dalla Siria, ora da Tripoli: la realpolitik isolazionista di Trump prevede che non si faccia nulla in politica estera se non strettamente necessario alla difesa di un interesse minacciato. I dietrologi che non riescono a concepire un mondo dove lo Zio Sam si ritira, si eserciteranno a inventare oscure trame americane dietro l' avanzata del generale Haftar. L' ex ufficiale di Gheddafi effettivamente ebbe un passato di legami con la Cia, dopo aver tentato un golpe ed essersi rifugiato in Virginia.
Negli ultimi anni però gli Stati Uniti hanno evitato di appoggiarlo; hanno invece sostenuto gli sforzi dell' Onu per una soluzione di governo che unifichi le varie fazioni. Perciò l' Italia ha potuto affermare che la posizione di Washington era più allineata alla nostra.
Per le sue scorribande, per i suoi finanziamenti, per le sue armi, il generale Haftar si è rivolto di volta in volta alla Francia, alla Russia, all' Egitto, agli Emirati.
Trump si era già affrettato a chiudere quel poco di coinvolgimento americano in Siria, che aveva ereditato da Obama. La nuova realpolitik isolazionista di Washington prende atto che la Siria è sempre stata un vassallo di Mosca, e non vede cosa l' America possa ricavare da una presenza militare. Ora lo stesso disimpegno si sta realizzando in Libia. Delle ricadute nel Mediterraneo, in particolare sulla tragedia dei profughi, questa Amministrazione Usa si disinteressa.
Un proverbio americano dice: «Stai attento a cosa auspichi; i tuoi desideri potrebbero realizzarsi». In Europa un ampio arco di forze - dalla sinistra radicale alle destre putiniane - hanno sempre denunciato le ingerenze americane e desiderato che lo Zio Sam se ne stesse a casa sua. Ora che questo desiderio diventa realtà, fino al punto da logorare le fondamenta dell' alleanza atlantica, bisogna misurarsi con le conseguenze.
La " quasi" Pax Americana fu sempre traballante e precaria, non impedì conflitti sanguinosi in Medio Oriente; fu segnata da errori gravissimi come l' invasione dell' Iraq. Quel che viene dopo, però, è il trionfo del caos. Altri imperialismi più antichi riaffiorano e si affrontano per ritagliarsi sfere d' influenza: dalle nostalgie coloniali di Parigi all' espansionismo di Mosca, dal sultano ottomano ai sauditi, è lungo l' elenco degli attori che aspirano a riempire i vuoti lasciati dall' America.