giuseppe de rita foto di bacco (2)
Estratto dell’articolo di Federico Fubini per il “Corriere della Sera”
Tutti abbiamo un momento che ci ha formato e definito per sempre. Per Giuseppe De Rita, 92 anni, otto figli, il primo vero imprenditore che l’Italia abbia avuto nell’arte di capire la società e battezzarne i fenomeni con nomi nuovi e spiazzanti — il Censis è creatura sua — quel momento è stato un soggiorno estivo a Sermoneta.
Nel castello dell’americanissima contessa Margherita Caetani, divenuta italiana avendo sposato il duca Roffredo, signore di quella rocca. In seguito i Caetani avrebbero avuto un ruolo mai del tutto chiarito nel tentativo di salvare Aldo Moro. Ma allora, nell’immediato dopoguerra, nel castello si tenevano corsi per ragazzi e ragazze liceali organizzati dall’educatore e poeta Cecrope Barilli.
[…] A Sermoneta si cantava, si ballava, si discuteva. Si gettavano […] le basi di una classe dirigente. De Rita la chiama un’oligarchia: ma virtuosa. Lo racconta lui stesso nella sua autobiografia «Oligarca per caso» (Solferino), scritta con Lorenzo Salvia e in uscita oggi nella collana «Ritagli» diretta da Massimo Franco.
[…] Della Caetani si diceva fosse una spia americana. Durante il sequestro Moro arrivarono a Roma l’agente di Londra Hubert Howard, che era suo genero, e un sospetto dirigente del Kgb, il direttore d’orchestra Igor Markevitch, anche lui imparentato con i Caetani.
«Furono immessi nel circuito per salvare Moro, probabilmente erano vicini a un accordo per portarlo in Vaticano. E invece no, lo ammazzano e glielo lasciano proprio in via Michelangelo Caetani, altro esponente della famiglia, sotto la lapide del Centro studi italo-americano, anche quello creatura della principessa Caetani. È possibile che lo sfregio non fosse verso il Pci […] o verso la […]. Era ai Caetani».
Che senso avrebbe avuto?
«Nessuno mi leva dalla testa che nel delitto Moro ci fosse molto più fascismo che comunismo. Che ci fosse un rigurgito d’anteguerra. Una sorta di qualunquismo antiamericano».
la renault 4 rossa con il corpo di aldo moro in via caetani
La «circolazione orizzontale» è la cifra della sua vita: lei è il solo a essere stato vicino a Prodi e Berlusconi, ai dirigenti comunisti e al cardinale Ruini, a De Mita e a Craxi. Qual è il segreto?
«La dimensione orizzontale ha bisogno di un alone di mistero; io non l’ho costruito, mi si è fatto intorno perché restavo fuori dagli schemi. Fuori dalla sociologia, dall’economia, dalla politica.
il cadavere di aldo moro in via caetani
Devi essere capace di non stare al gioco: quando tutti si lamentavano che le multinazionali scappavano, negli anni 70, noi raccontavamo un’Italia che campava bene, che stava nel sommerso, coltivava il localismo. Per fare circolazione orizzontale devi avere un brand, essere un riferimento per una cosa».
Così lei diventa «oligarca per caso», essendo nato piccolo borghese. Al tempo di Putin, oligarca suona brutto. Lei come lo intende?
andrea monorchio giuseppe de rita silvio salini foto di bacco
«L’oligarchia è fatta di persone che hanno una loro personalità e un rapporto orizzontale di fiducia: non mafiosa, ma fiducia. Magari non sono amiche fra loro, ma si riconoscono per la stessa cultura».
Fatta di cosa?
«Di volontà di far bene alla cosa pubblica».
Lei ha voluto diventare oligarca o davvero lo è «per caso»?
«Non ci si diventa per volontà. Puoi diventare per volontà presidente del Consiglio, al limite presidente della Repubblica. Ma non puoi diventare oligarca, perché un oligarca è riconosciuto come tale in una dimensione orizzontale di simili. Non te ne puoi appropriare in verticale: puoi fare il capo con i tuoi gerarchi; il Lollobrigida di turno è un gerarca, ma non sarà mai un oligarca perché nessuno in orizzontale gli riconosce uno specifico valore».
Esempi di oligarchi illustri?
«Che so, io sono stato molto amico di Antonio Maccanico […]. […] Gianni Letta[…]. Nell’Italia che contava qualcosa non c’è nessuno che non abbia conosciuto Gianni Letta».
Lei dove si mette in questa rete?
«Quando fondammo il Censis nel ’64 eravamo 14 licenziati dalla Svimez. Pasquale Saraceno, capo della Svimez, diceva in giro che eravamo degli avventurieri, che non saremmo durati. Invece negli anni 70 la mattina alle otto prendevo il caffè con Andrea Monorchio. Lui il potere lo aveva davvero, era alla ragioneria, io no. Ma ci riconoscevamo».
FRANCESCO LOLLOBRIGIDA NEL 2010
Quando capì di avercela fatta, di essere nell’oligarchia?
«Quando alla seconda edizione del Forum Ambrosetti a Cernobbio mi invitarono a parlare del sommerso. E poi mi rinvitarono. Sentivamo Berlusconi che cantava mentre Confalonieri suonava il piano. Agnelli mi chiamava “l’amico degli stracciaroli di Prato”. Ma ero lì e la sala faceva clap clap».
Lei scrive che una società complessa come l’Italia non si può gestire in verticale. Ma, appunto, ha bisogno di una rete orizzontale. Questa oligarchia virtuosa esiste ancora?
«Subito dopo la guerra c’era un’oligarchia di gente come il banchiere Mattioli, l’allora Monsignor Giovanbattista Montini, Saraceno, Guido Carli. De Gasperi capiva che ne aveva bisogno, li lasciava operare. Poi nei momenti di crisi torna sempre l’idea di risolvere verticalizzando: trovare quello che sa e tiene tutto in mano».
Oggi si chiama governo tecnico.
«O premierato. È l’idea che la società è troppo complessa o che c’è da qualche parte un centro di potere alternativo che non conosco e non mi riconosce. E allora bisogna accentrare. Gli oligarchi sono il contrario, sono la rete orizzontale che vive nel disordine, nella complessità, ma poi finisce per governare di più».
Il potere verticale in Italia non funziona?
«Uno dice: mi ricreo il potere andando in verticale. Poi non ce la fa. Abbiamo avuto la personalizzazione contro Renzi al sue referendum costituzionale, c’è già contro Giorgia Meloni. E se anche ce la facessero, poi si ritrovano a dover gestire i gerarchi, perché quelli avranno aiutato nell’impresa. E i gerarchi sono i più fessi e i meno leali».
Meno leali?
«Mussolini insegna. E invece no, il potere c’è, esiste. Ma oggi è nelle filiere produttive, nelle grandi piattaforme, tutte entità orizzontali. Il potere sta lì, non nel Parlamento, nell’elezione diretta del leader: tutte cose che, per carità, tra trent’anni ne parleremo ancora quando io sarò morto da un pezzo. Ma non è il punto».
Qual è allora?
«È che secondo me la Meloni, per fiuto, quando parla con gente come Larry Fink di Blackrock, o altre piattaforme estese, è perché ha capito che l’influenza è lì. Se si mette in posa estasiata di fronte a Elon Musk, forse è perché ha capito che lui fa parte di un potere che magari non si conosce bene, ma probabilmente può più della lotta per il premierato.
Se la guardo in faccia, lei è furba: sta in due staffe. Quella tradizionale della verticalizzazione e l’altra delle piattaforme, dei fondi, delle filiere».
A proposito: lei in vita sua ha legato con tutti, ma con i post fascisti no. Com’è?
«Perché si erano nascosti. Io Colle Oppio lo vivevo perché mia moglie abitava lì vicino. Ma loro non stavano nel mondo. Colle Oppio è stata una segregazione per l’autoconservazione e trent’anni dopo, se ne esci, magari hai pure un mercato. In questo hanno avuto bravura e fortuna: avendo mantenuto la fiamma ancora in servizio, nel momento in cui serviva c’era. Ma per chi ha vissuto normalmente, loro non erano normali».
Con i suoi otto figli, come si sente in quest’Italia senza bebè?
«Li ho voluti e mi sono piaciuti, anzi ne volevo dodici».
Ma si sente superato?
GIORGIA MELONI CON FRANCESCO LOLLOBRIGIDA
«Chi se ne frega se sono superato. Questa denatalità riflette una mancanza di desiderio, siamo una società senza intenzione. L’intenzione di portare a letto una donna o di fare soldi è facile, ma è l’intenzionalità profonda che manca: vale per i singoli e per la società nel suo insieme. La tragedia di questo Paese è di non avere obiettivi collettivi, non ha un’intenzione di diventare qualcosa». […]
giorgia meloni con le corna andrea monorchio foto di bacco castello caetani a sermoneta 1 francesco lollobrigida giorgia meloni in conferenza stampa 2 francesco lollobrigida BORDELLA - POSTER BY MACONDO GIORGIA MELONI IN COPERTINA SU GRAZIA giorgia meloni alla conferenza programmatica di fdi a pescara 3 francesco lollobrigida si impappina a un convegno sulla pesca 5 Francesco Lollobrigida in visita alla 15esima edizione di Terra Madre Salone del Gusto a torino - foto lapresse LOLLOBRIGIDA - SANGIULIANO - GIAMBRUNO - MEME