1. DONALD FA CAUSA ALLA PENNSYLVANIA MA L'OBIETTIVO ADESSO È L'IMMUNITÀ
Anna Guaita per ''Il Messaggero''
Battaglie legali, accompagnate da una campagna di pubbliche relazioni e un' urgente raccolta di fondi. La strategia di Donald Trump prende forma, mentre lui in persona resta chiuso alla Casa Bianca o al massimo esce per andare a fare una partita di golf. Il presidente non si fa vedere in pubblico da tre giorni e lascia che sia il suo avvocato personale, Rudy Giuliani, a portare avanti la contestazione del risultato delle elezioni. Ieri la campagna di Donald Trump ha fatto causa al segretario di stato della Pennsylvania, Kathy Boockvar, con l' accusa che il sistema di conteggio dei voti per posta è stato meno rigoroso di quello dei voti in persona. Un «doppio standard» che rappresenta una «violazione costituzionale».
Per la prima viene chiesta una riconta, ma mentre il conteggio sta per concludersi in Georgia ben pochi credono che ricontare tutto daccapo possa capovolgere il vantaggio di Biden, che sfiora gli 11 mila voti. Sulla Pennsylvania, che si avvicina anch' essa a concludere lo spoglio dei voti, la squadra di Trump vuole dimostrare che ci sono stati brogli, e intende presentare «le prove che i democratici hanno usato nomi di persone decedute per avvantaggiarsi». Anche questo calcolo appare inverosimile, nel senso che nel suo Stato natale Biden conduce con oltre 40 mila voti, e immaginare brogli come quelli degli elettori deceduti su una scala così gigantesca è quantomeno difficile.
Per di più, fa notare Michael Chertoff, già ministro della Sicurezza Nazionale durante la presidenza di George Bush junior, «se ci fosse stato questo tipo di brogli, non si vede perché allora i democratici non lo abbiano usato anche per i senatori e i deputati, per conquistare la maggioranza al Senato e rafforzare quella alla Camera». E' dunque lecito chiedersi perché Trump non voglia accettare il risultato delle elezioni. Ma in ogni caso, anche Biden ha praparato una squadra di legali per gestire la questione dei ricorsi di Trump.
C' è un gruppo di osservatori che pensa che la resistenza del presidente sia una manovra per ottenere l' immunità, di fatto negoziare la propria uscita senza ulteriori problemi in cambio della sicurezza che non verrà perseguito per i crimini finanziari di cui è stato accusato. Altri pensano invece che Trump voglia mettere le fondamenta per correre di nuovo nel 2024, e in tal senso diffondere i dubbi sulla legittimità della presidenza Biden lo aiuterebbe a tenere stretta la sua base.
Non è un caso che la Casa Bianca stia organizzando una serie di comizi, ai quali inizialmente sarà spedito il figlio Don Junior, allo scopo di tenere l' opinione pubblica eccitata, tastare il polso della base e soprattutto raccogliere nuovi fondi. La campagna di Trump sta infatti esaurendo i fondi, e presto non sarà in grado di pagare gli stipendi e le assicurazioni mediche dei dipendenti.
Dichiarare già da adesso una futura candidatura potrebbe già aiutarlo a raccogliere nuovi finanziamenti. Un sostegno in questo senso gli è venuto dal senatore Lindsey Graham: «Il presidente dovrebbe creare un' organizzazione, delle piattaforme, nei prossimi quattro anni, per tenere vivo il movimento - ha detto il senayore della Carolina del sud -. E dovrebbe valutare se ricandidarsi». Un incoraggiamento a continuare la battaglia è arrivato al presidente ieri anche dal leader del Senato, il repubblicano Mitch McConnell: «Se i democratici sono certi che non ci sono stati brogli, non hanno da temere nessuno scrutinio».
2. USA, LA MOSSA DI BARR. COSÌ TRUMP PUNTA LA CORTE SUPREMA
Giampiero Gramaglia per www.formiche.net
‘Arriva la cavalleria’, a dare man forte al ‘cavaliere solitario’ Donald Trump, che denuncia brogli nelle elezioni presidenziali che lo hanno visto sconfitto, mentre lui incomincia a ‘tagliare le teste’ nel suo staff, ‘facendo fuori’ chi non gli è stato abbastanza ‘amico’. E il ministro della giustizia William Barr, uno che rischia, cerca di salvarsi autorizzando il suo Dipartimento ad avviare indagini su “accuse rilevanti ” di frode elettorale.
Il presidente eletto Joe Biden, invece, si preoccupa di come contrastare la pandemia di coronavirus, che, alla mezzanotte di ieri sulla East Coast, aveva ormai contagiato oltre 10 milioni di americani – più di 10.110.500, secondo i dati della John’s Hopkins University – e ne aveva uccisi oltre 238 mila (ma, avverte Biden, ci potrebbero essere altre 200 mila vittime di qui alla primavera).
Le indagini e la mannaia
Le indagini sui brogli, afferma Barr, possono essere avviate “se ci sono accuse di irregolarità chiare e apparentemente credibili. Irregolarità che, se riscontrate realmente, potrebbero potenzialmente impattare sul risultato elettorale di un singolo Stato”. La decisione suscita polemiche perché “cancella 40 anni di politiche di non interferenza con indagini su presunte frodi elettorali nel periodo antecedente alla certificazione dei voti da parte dei singoli Stati” e avalla le affermazioni del presidente, finora non sostanziate da elementi di prova, di massicce frodi.
Dopo la decisione di Barr, e a causa di essa, il principale procuratore del Dipartimento di Giustizia per i crimini elettorali negli Stati Uniti, Richard Pilger, si dimette per protesta e scrive ai colleghi che il procuratore generale sta intraprendendo “una nuova importante iniziativa”, che rischia d’impattare sul risultato delle elezioni.
Anche il leader della maggioranza repubblicana al Senato Mitch McConnell, che pareva esitante, avalla il rifiuto di Trump di ammettere la sconfitta nelle elezioni, il cui esito è “incerto”.
C’è chi teme la mannaia del magnate, che ha ieri licenziato con un tweet Mark Esper, il segretario alla Difesa – “Mark Esper has been terminated” -. Sempre con dei tweet, Trump ha annunciato che Christopher C. Miller, direttore del National Counterterrorism Center, rimpiazza Esper ad interim.
La cacciata di Esper era nell’aria da giugno, quando il segretario alla Difesa non condivise il ricorso ai militari contro i manifestanti nelle città in sommossa contro il razzismo e le violenze della polizia contro i neri. Dopo di lui potrebbe toccare a Cristopher Wray, capo dell’Fbi, e a Gina Haspel, direttrice della Cia, mentre Barr con la sua mossa potrebbe essersi salvato.
mike pompeo gina haspel donald trump
“Il brusco licenziamento del segretario Esper è una prova inquietante di come il presidente Trump intende usare gli ultimi giorni del suo mandato, seminando caos nella nostra democrazia”, afferma la speaker della Camera Nancy Pelosi: “È un imperativo assoluto una transizione presidenziale caratterizzata da continuità e stabilità”.
Ma i pretoriani di Trump avvertono funzionari e collaboratori che le elezioni non sono finite: chi abbandona la barca ora rischia il posto di lavoro e il futuro professionale. Un audio ‘rubato’, di cui Axios è in possesso, recita: “Dovete giocare fino al fischio finale, che ancora non è arrivato”, perché “le elezioni sono ancora in corso e il Collegio elettorale non ha ancora votato. Non c’è in corso alcuna transizione”.