Grazia Longo per ''La Stampa''
I processi, si fanno nelle aule dei Tribunali». Antonietta Fiorillo, presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna e del Coordinamento nazionale magistrati di sorveglianza risponde così alle critiche sulle scarcerazioni.
Si tratta di quasi 400 mafiosi, di cui 180 condannati in via definita, alcuni dei quali anche al 41 bis...Non è imbarazzante?
«I processi si fanno nelle aule di giustizia non sui giornali o in tv e noi giudici di sorveglianza decidiamo in base agli atti. Applichiamo le norme dell' ordinamento penitenziario alla luce dei principi costituzionali in materia di esecuzione della pena, articolo 27 comma 3».
Quali?
«La concessione di misure alternative al carcere per gravi motivi di salute, come è avvenuto per migliaia di detenuti compresi i boss, durante l' emergenza coronavirus che stiamo attraversando, è prevista dagli articoli 146 e 147 del codice penale; il diritto alla salute è tutelato dall' art. 32 della costituzione quale diritto fondamentale della persona».
Voi, insomma, non avete regalato niente a nessuno?
«Nessun regalo. Noi siamo giudici, soggetti soltanto alla legge. Valutiamo tutti gli aspetti della persona, dal momento della condanna in poi».
Ma adesso, con il nuovo decreto legge o provvedimento ministeriale, sarete obbligati a rivedere le vostre posizioni e rispedire in cella i mafiosi scarcerati?
«Sinceramente ritengo ozioso discutere su un decreto o un provvedimento che ancora non esiste e di cui quindi non conosciamo i dettagli. Posso ricordare che già adesso la magistratura di sorveglianza ha il potere di rivalutare i provvedimenti di differimento della pena o detenzione domiciliare per motivi di salute e verificare se le esigenze di cura sono state superate.
In ogni caso, credo che non saremo costretti, ma si profilerà la possibilità di una nostra rivalutazione. Perché è vero che c' è la libertà del legislatore, ma è altrettanto vero che spetta a noi magistrati di sorveglianza ordinare misure meno restrittive del carcere valutando caso per caso, in base alle condizioni di salute dei detenuti».
Come considera la scelta del ministro della giustizia Alfonso Bonafede sulla necessità di un nuovo provvedimento?
«Sono scelte politiche, noi giudici facciamo altro».
Eppure la concessione dei domiciliari ai boss è parsa a molti un omaggio inappropriato.
«Ribadisco che noi applichiamo le norme in materia dopo un' istruttoria approfondita».
La decisione del Tribunale di sorveglianza da quante persone viene assunta?
«Da due giudici togati, due onorari, tra cui sono annoverati medici e psichiatri e la partecipazione del procuratore generale. Inoltre, in virtù del decreto legge 28 del 30 aprile scorso, si è stabilito che i Tribunali di sorveglianza, prima di emettere le ordinanze sui domiciliari dei boss, debbano consultare le direzioni distrettuali antimafia o, nel caso dei 41 bis, la procura nazionale antimafia».
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