BALLE DI SABBIA - LA TRAVERSATA DEL DESERTO DEL BAMBINO IN FUGA DALLA GUERRA? UNA BUFALA - IL PICCOLO MARWAN NON SI ERA PERSO MA ERA INSIEME A CENTINAIA DI PROFUGHI, GENITORI COMPRESI (TRA IL VERO E IL FALSO MEGLIO IL VEROSIMILE)

Il bambino non ha attraversato da solo il deserto ma si era solo allontanato dai genitori - I giornalisti non si sono inventati tutto ma hanno ‘fabbricato’ una storia a partire da una foto – Dalle fosse di Timisoara al cormorano del Kuwait fino ai cimiteri libici: rispetto a questi precedenti la bufala stavolta non rischia di scatenare una guerra…

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Giordano Tedoldi per ‘Libero Quotidiano'

Forse perché la traversata del deserto ci ricorda Mosè e la Bibbia, o perché un bambino separato dai genitori ci sembra sempre la peggiore delle crudeltà, o ancora perché sbattere un titolo come quello in prima pagina era un'occasione troppo ghiotta per farsi venire lo scrupolo fastidioso che fosse una bufala, come infatti era.

BIMBO NEL DESERTOBIMBO NEL DESERTO

Così ci sono cascati quasi tutti, nella panzana del «bambino in fuga dagli orrori della guerra», come titolava ieri la Stampa in prima pagina con un articolo di Domenico Quirico, che scriveva di «un bimbo perduto nel deserto giordano» e «una squadra delle Nazioni Unite che lo incontra, per caso, e lo salva».

Come spiegava nel dettaglio ieri il Post, il bambino, Marwan, quattro anni, era sì in fuga dagli orrori della guerra, ma non «perduto nel deserto giordano », bensì in compagnia di altri 1000 profughi dalla Siria. E la squadra dell'alto commissariato Onu per i rifugiati non era lì «per caso» ma per sorvegliare il flusso dei migranti, di cui era perfettamente a conoscenza.

Anche il Corriere ha scritto che il bambino avrebbe attraversato «da solo» il deserto, impresa davvero meritoria delle prime pagine, se fosse stata vera. Non che i giornalisti si siano inventati tutto di sana pianta, ma con sentimentalismo un po' corrivo hanno fabbricato una bella storia strappalacrime da una foto che girava su twitter.

Autore dello scatto è Andrew Harper, il capo dell'agenzia Onu per i rifugiati in Giordania che, domenica, ha pubblicato un'immagine del piccolo Marwan, che impugnava teneramente la sua busta di plastica con i pochi effetti personali, sullo sfondo desolato del deserto giordano, mentre quattro solleciti operatori Onu gli si fanno attorno e lo accolgono.

Una cosa da libro "Cuore", l'orrendo romanzo che ha rovinato la nostra capacità di vagliare criticamente i sentimenti, e poco importava che lo stesso Harper quella stessa domenica pubblicasse altre fotografie in cui si inquadra la lunga colonna di migranti, da cui si deduceva che Marwan non poteva essere «perduto » come un viandante nel nulla delle sabbie, era invece rimasto indietro rispetto al resto della famiglia, com'è logico che accada in queste lunghe marce a vecchi e bambini.

Comunque un infortunio capita al più bravo dei giornalisti quando si insegue una bella storia, e poi in questo caso poco di male, perché la bufala accorata del bambino che cammina nel nulla col suo fagottino, in fuga dalla Siria in fiamme, almeno non rischia di scatenare una nuova guerra, come invece è accaduto in passato con altre balle.

Riandiamo al 1989, alla rivoluzione in Romania che spodesterà Nicolae Ceausescu. Qualcuno ricorderà le raccapriccianti foto di cadaveri da una fossa comune, che dovevano testimoniare il "massacro di Timisoara" perpetrato dalla polizia segreta del dittatore. A commuovere il mondo fu in particolare la foto di una donna con un bambino al petto, una povera mamma freddata nell'estremo gesto di protezione del suo piccolo.

Qualche mese dopo emerse che la storia della fossa comune era una creazione giornalistica, ispirata a "voci" raccolte sul posto e, ovviamente, mai verificate. Finché appunto saltò fuori Milan Dressler, medico legale a Timisoara, che spiegò all'opinione pubblica mondiale che i corpi mostrati non venivano da una fossa comune e non erano stati falciati dalla polizia segreta, erano stati riesumati da un cimitero per poveri, e si trattava di vagabondi, indigenti e bambini sepolti legalmente. E che la "mamma" era una donna morta per alcolismo mesi prima del suo "bambino", che non era nemmeno suo lontano parente.

Era tutta una messinscena, ma fu determinate nel coagulare l'indignazione del mondo contro il despota sanguinario. A ogni modo, le fosse comuni devono toccare in profondità l'animo umano perché quando c'è da costruire una storia di sterminio, violenza inaudita, e dunque l'esigenza di rovesciare il regime che si macchia di quei delitti, saltano fuori le fosse comuni.

Ricorderete quelle recenti di Tripoli, durante la guerra civile in Libia. Video raccapriccianti che mostrano fosse fresche sulla spiaggia, pronte a inghiottire i cadaveri del genocidio in corso. Anche allora, titoli in prima pagina, indignazione globale, Obama che fa un discorso sulla strage degli innocenti che va fermata immediatamente. Poi emerse la verità: il video era stato girato mesi prima, non c'era nessuna fossa comune, quello sulla spiaggia di Tripoli era un vecchio cimitero, al quale si stavano aggiungendo altre sepolture.

Memorabile anche la bufala del cormorano, ai tempi dell'invasione del Kuwait da parte delle truppe irachene di Saddam Hussein, nel 1991. Che pena, quel povero volatile intriso di petrolio, sugli schermi delle tv mondiali. L'animale agonizzava dopo essere stato inzuppato di oro nero, il simbolo dell'avidità umana, dopo che Saddam aveva inondato di greggio le coste settentrionali del Golfo Persico.

Naturalmente non è che ci fosse subito pronto un ornitologo a dare un parere da esperto, ma col tempo, risultò che i cormorani, alla fine di gennaio (epoca presunta delle riprese), nel Golfo Persico proprio non ci sono, arrivano in primavera. Era un'altra carnevalata di un reporter, che si era procurato dei cormorani da uno zoo e li aveva spennellati di petrolio. Magari non un granché come giornalista, ma da premio Oscar per gli effetti speciali.

 

 

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