Marco Bresolin per “la Stampa” - Estratti
«Il mio report è una cassetta degli attrezzi, ma non è la Bibbia». Presentando il suo rapporto sul mercato unico europeo davanti ai leader Ue, Enrico Letta ha subito messo le mani avanti. E infatti, non appena è iniziata la discussione al tavolo del Consiglio europeo, i miscredenti sono subito usciti allo scoperto, avanzando i loro dubbi. Non tanto sugli obiettivi, che trovano tutti d'accordo, ma sulla strada per raggiungerli.
Uno scenario che rischia di ripetersi quando, in estate, arriverà il rapporto sulla competitività di Mario Draghi che dovrà tradurrà in misure concrete i princìpi generali annunciati. La proposta di destinare una parte degli aiuti di Stato a progetti paneuropei, avanzata da Letta, ha subito visto emergere lo scetticismo di Emmanuel Macron. L'idea di fare nuovo debito comune, invece, si è schiantata, ancora una volta, contro il muro dei frugali guidati dal cancelliere austriaco Karl Nehammer.
E anche la suggestione di ribattezzare l'unione dei mercati di capitali in «unione dei risparmi e degli investimenti» è stata prima inserita nelle conclusioni, per poi essere depennata. Su questo fronte la discussione tra i 27 è proseguita a lungo ed è durata molto più del previsto perché sono emerse tre forti resistenze: sull'idea di centralizzare la supervisione, sulla possibilità di un'armonizzazione fiscale per le imprese e sull'introduzione di un quadro unico per le procedure fallimentari. Addirittura è stato messo in discussione (da Olaf Scholz) il concetto stesso di «New Deal per la competitività», con il titolo degradato a «verso un New Deal per la competitività».
«Io non propongo alcun cambiamento dei Trattati, ma soluzioni pragmatiche», ha cercato di rassicurare i presenti l'ex premier italiano. Che al termine del confronto ha trovato il modo di vedere il bicchiere mezzo pieno: «Sono orgoglioso perché siamo riusciti ad aprire una discussione che ci porta verso il futuro». Charles Michel ha assicurato che «c'è stato molto sostegno» sul report dell'italiano, anche se «questo non significa che tutti i leader siano d'accordo su tutti i dettagli perché ci sono un sacco di cose» e infatti «è stato un Consiglio europeo difficile».
Cauto pure il premier belga Alexander De Croo, tra i principali sponsor dell'incarico a Letta: «Lo ringrazio per il suo lavoro, ma è solo un primo passo perché il vero lavoro inizia adesso». Più accomodante Giorgia Meloni, che ha definito «molto interessante» il lavoro di Letta. La premier ha però toccato quello che continua a essere un nervo scoperto per l'Ue. «Possiamo avere le strategie migliori, ma c'è bisogno delle risorse. Si sa qual è il dibattito nell'Ue sul debito comune, proposta sostenuta dall'Italia».
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OLAF SCHOLZ URSULA VON DER LEYEN EMMANUEL MACRON