Gian Antonio Stella per il “Corriere della Sera”
Il potere logora chi appare meno o chi appare troppo? La risposta alla domanda che gioca sulla celeberrima battuta di Giulio Andreotti non è facile. Conviene o no, oggi, essere il più possibile presenti in televisione come immaginavano un tempo Silvio Berlusconi e quanti avrebbero voluto essere al posto suo? E quanto è legato il consenso, col seguito di voti, ai passaggi televisivi?
Il passaggio dal governo gialloverde a quello giallorosso, stando all' osservatorio Mediamonitor.it sulle principali tv nazionali (Rai, Mediaset, La7, SkyTg24), non è di facile lettura. Anzi. Conferma però quanto le televisioni siano esposte a ogni refolo di vento. E pronte a cambiare rotta in fretta appena Eolo soffia da un' altra parte.
Mediamonitor ha diviso gli ultimi sei mesi in due periodi distinti. Di qua gli ultimi tre mesi dell' esecutivo Conte I (dal 4 giugno al 3 settembre 2019), di là i primi tre mesi del Conte II (dal 4 settembre al 4 dicembre) dopo la svolta seguita allo strappo ferragostano di Matteo Salvini e della Lega. Al centro del monitoraggio Giuseppe Conte, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, Luigi Di Maio, Matteo Renzi, Silvio Berlusconi, Nicola Zingaretti, Dario Franceschini, Alfonso Bonafede, Roberto Gualtieri e Roberto Speranza.
GIORGIA MELONI CON LA MAGLIETTA IO SONO GIORGIA
Risultati? Schizzano all' insù nelle presenze, e questo era in qualche modo prevedibile, quelli che prima erano un po' defilati perché stavano in Europa o ai margini del dibattito politico quotidiano. Su tutti il ministro della Salute Roberto Speranza (+113,8% di citazioni) e il responsabile dei Beni culturali e del turismo Dario Franceschini (+136,6%).
Tutti e due polverizzati, però, nel confronto con Roberto Gualtieri che, ignorato dalle tv pubbliche e private quando stava a Bruxelles come presidente della Commissione per i problemi economici e monetari dell' Europarlamento, ha fatto segnare nei suoi primi tre mesi un aumento di visibilità pari a 22 volte quella di prima. Con una punta su SkyTg24 del 2.892%. Imbattibile.
Dietro di loro, spiega il dossier, il cambio di governo sembra aver tolto visibilità a tutti: «A Matteo Salvini (-27,9%) passato all' opposizione ma anche a Luigi Di Maio (-20,8%) che sconta il fatto di non essere più vicepremier e al segretario del Pd Nicola Zingaretti (-19%). È in debito di citazioni pure il capo del governo Giuseppe Conte: -15,4% rispetto a quando guidava l' esecutivo gialloverde».
Sia chiaro: non si parla di consenso né di intenzioni di voto. L' unità di misura, in questo caso, è solo la presenza televisiva. E qui, spiega Mediamonitor.it, risultano in calo quasi tutti i personaggi sotto osservazione tranne due.
Giorgia Meloni e Matteo Renzi. La prima «avanza del 58,8% anche per via del meme tormentone Io sono Giorgia »: fino a ieri 7.538.370 visualizzazioni. Al punto che i due autori anonimi Mem & J («creatori di musica tamarra, trash, fatta da gente che non sa cantare») si dicono sbalorditi: «L' intento era ironico, voleva essere una presa in giro, anche se ha generato un effetto (simpatia) che non ci aspettavamo».
Il secondo, fondatore di Italia viva, «ha fatto registrare un incremento delle citazioni di quasi 10 punti percentuali (+9,7%)» ma non solo per essere stato tra i protagonisti della formazione del governo Conte bis, ma anche perché «oggetto di indagini sulla sua Fondazione Open». E lì torniamo: vale davvero, in questi casi, il detto «bene o male, purché se ne parli»?
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