Ugo Magri per “la Stampa”
«Grazie Silvio dei complimenti, ma in Umbria non ho vinto da solo: il merito è anche tuo, e tutti insieme noi siamo una vera squadra». Alle nove del mattino, quando Berlusconi euforico chiama al telefono Salvini per congratularsi con lui, cala definitivamente il sipario sulla guerra di successione a destra.
In quella chiacchierata che da Arcore raccontano come «molto amichevole», addirittura «affettuosa», l' ex premier riconosce che Matteo davvero si merita il bastone del comando e, per un uomo orgoglioso come lui, chissà cosa dev' essergli costato abdicare. A sua volta il "Capitano" si mostra generoso, addirittura magnanimo; dopo anni di propaganda leghista tesa a screditarne la leadership, Matteo tende la mano al sovrano deposto, concedendogli l' onore delle armi, riservandogli un posto sul carro dei futuri vincitori.
meme sulla crisi di governo salvini berlusconi meloni
Maliziosamente, verrebbe da pensare che Salvini voglia dare un contentino di soddisfazione al Cav per poi levarselo di torno. Sono in molti a pensarla così, non solo tra i leghisti. Eppure, chi è al corrente delle strategie salviniane segnala che c' è dell' altro, parecchio di più.
Pare siano in corso riflessioni, per adesso ancora allo stadio embrionale, che potrebbero determinare un vero "big bang" del centrodestra, nel segno dell' apertura e dell' inclusione. Salvini sta maturando dentro di sé qualcosa che - dopo la sbandata del Papeete - lo induce ultimamente a moderare il linguaggio (un tantino più composto).
A dosare la propaganda (un filino meno ossessiva), a silenziare gli estremismi anti-Ue dei Bagnai e dei Borghi, ragionando per la prima volta al plurale: col "noi" anziché con l'"io".
Da una parte l' uomo è straconvinto che il centrodestra non debba mai più riprodurre i modelli del passato, le dinamiche dello scorso millennio con annesse, stanche liturgie politiche; dall' altra Salvini comprende (questo si dice dalle sue parti) come una Lega al 30 per cento abbia raggiunto i confini estremi della propria capacità espansiva e dunque, per diventare maggioranza nel Paese, debba compiere uno step ulteriore.
Mettendo cioè da parte gli atteggiamenti settari e cercando senza arroganza di raccordarsi a partiti, a movimenti, a formazioni civiche le più varie. Costruendo insomma tutta una rete di alleanze intorno a sé, già a partire dalle prossime elezioni in Emilia Romagna, il 26 gennaio prossimo.
In questo centrodestra tutto nuovo, a trazione leghista ma aperto e inclusivo, perfino Berlusconi potrebbe ritagliarsi uno spazio, recando in dote il suo 5-6 per cento di "zoccolo duro", oltre a risorse economiche senza fondo e a una quantità di relazioni internazionali edificate nell' arco di vent' anni. Escluso che Salvini miri a entrare nelle grazie dell' establishment europeo; ma se un domani volesse scalfire il muro di diffidenza eretto intorno a lui, Berlusconi si farebbe in quattro per soccorrerlo nell' impresa idem Tajani che rimane tra le figure più in vista del Ppe. Di sicuro, dopo l' Umbria, Forza Italia non sarà più di ostacolo ai piani egemonici di Salvini. Che semmai dovrà guardarsi da qualcun altro.
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L' avversario più insidioso si chiama Giorgia Meloni.
Perché il suo partito, Fratelli d' Italia, sta crescendo a vista d' occhio. Perché pure lei è giovane e altrettanto ambiziosa. Perché non si sente affatto da meno di Salvini.
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Perché in fatto di sovranismo ha una certa tradizione alle spalle. Perché rivendica lo spazio che alle donne la politica ha sempre negato, e prima o poi riusciranno a strappare.