S. V. per “il Messaggero”
benjamin netanyahu rafi peretz
Il voto di domani in Israele è diventato un referendum: Benyamin Netanyahu sì o no. Forse per la prima volta l'uomo che ha guidato il Paese negli ultimi dieci anni (e in totale per 13 anni, un record nella storia israeliana) rischia seriamente di essere sconfitto o quanto meno di pareggiare. Secondo i sondaggi il Likud, il suo partito, dovrebbe ottenere 32 seggi.
Gli stessi attribuiti a Benny Gantz, il generale che lo ha sfidato e che a quanto pare sta riuscendo nell'operazione di convogliare su di sé i voti di tutti gli scontenti di Bibi.
Lo scenario migliore che a questo punto si prospetta per Netanyahu è quello di una coalizione con la destra, che però presenta due complicazioni. La prima è che - sempre secondo i sondaggi - anche sommando i parlamentari di Likud e delle altre formazioni di destra si rischia di non arrivare alla soglia di 61 seggi necessaria per avere una maggioranza alla Knesset.
La seconda è che il potenziale alleato Avigdor Lieberman finora non ha lasciato molte speranze di un accordo. Del resto se domani gli israeliani devono tornare alle urne ad appena cinque mesi dalle consultazioni dello scorso aprile è proprio perché dopo quel voto una coalizione di destra non è riuscita a nascere. E la condizione posta posta da Lieberman per dare l'appoggio a un governo è che Netanyahu si faccia da parte si scelga un altro leader. E si ipotizza addirittura uno scenario alternativo con Lieberman che avalla un incarico di governo a Gantz.
benny gantz benjamin netanyahu
L'INCHIESTA
Le nubi all'orizzonte per Netanyahu non finiscono qui: c'è la possibilità di un'incriminazione per corruzione e truffa, che dovrà essere confermata dall'Avvocato generale dello Stato dopo l'audizione di garanzia del primo ministro il prossimo 2 ottobre. Un'ulteriore variabile destabilizzante per il futuro politico del Paese è quella del partito di destra radicale Otzma Yehudit (Potenza ebraica), che per la prima volta potrebbe raggiungere il quorum.
Ieri il premier ha compiuto il suo ultimo atto di governo prima delle aperture dei seggi elettorali: la legalizzazione di un avamposto ebraico nei pressi di Gerico in Cisgiordania. La campagna elettorale di Netanyahu ha puntato chiaramente agli elettori di destra, con l'annuncio dell'annessione dell'intera Valle del Giordano.
VISTA DA TEHERAN
Dopo tanti anni, sembra difficile immaginare un Israele senza Netanyahu, più facile pensare a un Paese ancora impantanato in una crisi parlamentare senza vie d'uscita. Sugli sviluppi di queste elezioni si posa lo sguardo del mondo intero, ma i più interessati di tutti sono sicuramente gli iraniani. Il patto con Netanyahu-Trump per mettere all'angolo Teheran sembra piuttosto indebolito nelle ultime settimane, ma il sodalizio tra i due presidenti non è certamente sciolto.