Estratto dell’articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
«Il corrotto ministero della Giustizia di Biden ha liquidato centinaia di anni di responsabilità penale del figlio, Hunter, trasformandoli in una multa per violazione delle norme del traffico».
Sulla sua piattaforma Truth Social, Donald Trump suona la carica contro il presidente col quale si scontrerà tra un anno per la conquista della Casa Bianca, prendendo di mira il patteggiamento per reati di evasione fiscale e detenzione abusiva di un’arma accettato da Hunter Biden, alle condizioni fissate dal procuratore federale del Delaware, David Weiss: un magistrato nominato dallo stesso Trump.
Hunter, che si è dichiarato colpevole di due reati fiscali (mancato pagamento nei tempi dovuti delle tasse nel 2017 e 2018, periodo nel quale era sotto l’effetto di droghe pesanti e ha ammesso di aver posseduto illegalmente, sempre nel 2018, una pistola che non avrebbe potuto avere sempre per il suo abuso di stupefacenti) evita il carcere ma accetta la condanna a due anni di libertà vigilata.
I procuratori che hanno indagato su di lui per cinque anni (l’inchiesta penale è iniziata nel 2018), affermano, invece, di non aver trovato sufficienti elementi per incriminarlo sulle altre questioni che spingono i repubblicani ad accusarlo di corruzione (insieme al padre): attività di lobby internazionale illegale, tangenti, lavaggio di denaro sporco, relative ai periodi nei quali Hunter ha avuto rapporti col gruppo energetico ucraino Burisma e con società cinesi.
[…] la maggioranza repubblicana della Camera è decisa a trasformare il Campidoglio in una sorta di tribunale nel quale Joe verrà accusato degli stessi reati contestati ad Hunter.
HUNTER BIDEN CON UNA PIPA DI CRACK
Così, per l’ennesima volta nella sua vita, Joe Biden si trova a dover affrontare un dramma familiare destinato a segnarlo profondamente. La prima il 18 dicembre 1972 quando, pochi giorni dopo essere stato eletto senatore, perse la moglie Neilia e la figlia più piccola, Naomi, in un incidente stradale dal quale uscirono seriamente feriti anche gli altri due figli, Hunter e Beau.
Il secondo nel 2015 (anno in cui Biden era alla Casa Bianca come vice di Obama) con la morte di Beau, il figlio che lo aveva seguito nella carriera politica, ucciso da un tumore al cervello. Il superstite, Hunter, è stato più una fonte di angoscia che di conforto per le sue attività economiche spregiudicate, qualche tentativo di fare affari sfruttando la notorietà del padre e la sua dipendenza dalle droghe.
Alla Casa Bianca dicono che papà Joe non ha mai avuto nulla a che fare coi guai combinati dal figlio. Ma da padre, il presidente ha continuato a manifestare affetto e sostegno ad Hunter, fino a questa vicenda del patteggiamento che Joe e Jill commentano con parole che confermano l’amore per questo figlio di 53 anni e apprezzano come «continua a ricostruirsi una vita».
Ma è evidente che dei tanti drammi che hanno segnato la vita del presidente questo avrà le conseguenze politiche più gravi e prolungate: da quando, a novembre, i repubblicani hanno riconquistato la maggioranza alla Camera è iniziata la trasformazione di quell’aula in un tribunale contro il presidente, montando accuse anche per distogliere l’attenzione dai ben più gravi guai giudiziari di Trump.
[…] Gli errori e gli abusi che Hunter ha certamente commesso in proprio sono divenuti, così, l’occasione perfetta per accusare anche Joe, presentato come mandante dei crimini del figlio. Per contrastare il processo parlamentare contro i Biden, i democratici hanno messo in campo due organizzazioni politiche incaricate di dimostrare la falsità delle imputazioni e indagare sugli accusatori repubblicani di Biden: sarà un anno di campagna elettorale incandescente.
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