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Draghi, Italia triplica impegno per clima a 1,4 mld l'anno
(ANSA) - 'Per i prossimi 5 anni', annuncia il premier al G20. "Sono lieto di annunciare che l'Italia triplicherà l'impegno finanziario a 1,4 miliardi l'anno per i prossimi 5 anni" per il fondo green sul clima, ha detto Draghi chiudendo il G20.
G20: mille miliardi di alberi piantati entro il 2030
(ANSA) - "Riconoscendo l'urgenza di combattere il degrado del suolo e creare nuovi vasche di assorbimento del carbonio, condividiamo l'obiettivo ambizioso di piantare collettivamente 1.000 miliardi di alberi, concentrandoci sugli ecosistemi più degradati del pianeta".
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Lo si legge nella dichiarazione finale del vertice del G20 di Roma. "Sollecitiamo gli altri Paesi a unire le forze con il G20 per raggiungere questo obiettivo globale entro il 2030, anche attraverso progetti per il clima, con il coinvolgimento del settore privato e della società civile", si legge ancora. (ANSA).
Draghi, G20 per la prima volta si impegna sui 1,5 gradi
(ANSA) - "Sul clima per la prima volta i Paesi G20 si sono impegnati a mantenere a portata di mano l'obiettivo di contenere il surriscaldamento sotto i 1,5 gradi con azioni immediate e impegni a medio termine. Anche sul carbone i finanziamenti pubblici non andranno oltre la fine di quest'anno". Lo detto il premier Mario Draghi in conferenza stampa al termine del G20.
G20: Johnson, Draghi ha fatto un lavoro superbo sul clima
(ANSA) - ROMA, 31 OTT - "Mario ha fatto un lavoro superbo" al G20 di Roma nel "mantenere il focus" sul clima. Lo ha detto il primo ministro britannico Boris Johnson rispondendo a domande in conferenza stampa a conclusione del G20. Johnson ha quindi sottolineato di voler rivolgere un ringraziamento diretto alla presidenza italiana del G20 in vista della Cop26.
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AMBIENTE, IL PREZZO DA PAGARE
Francesca Santolini per “La Stampa”
Senza enfasi: stiamo camminando sull'orlo dell'abisso. Desertificazioni, ondate di calore sempre più violente, inondazioni, flussi migratori, si moltiplicheranno nei prossimi anni con costi devastanti dal punto di vista economico e in termini di vite umane.
Il cambiamento climatico non minaccia soltanto gli ecosistemi terrestri, le calotte glaciali o le barriere coralline. A rischio è la stabilità dei nostri sistemi economici, il benessere delle future generazioni, la sopravvivenza stessa di interi popoli. Il cambiamento climatico - e le sue conseguenze - rappresenta oggi il più importante dei problemi economici.
Certo non solo un problema ambientale. Per gli economisti si tratta di un "cigno verde", un evento dalle conseguenze straordinarie e irreversibili, di cui è certo il verificarsi (a meno che non muti il contesto), ma incerto il momento in cui accadrà - certus an, incertus quando, direbbero i giuristi.
A tracciare un quadro preciso degli impatti del cambiamento climatico attesi nei prossimi decenni nei paesi più industrializzati del mondo, è il rapporto del CMCC - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici.
Nello scenario peggiore, senza un'azione urgente per ridurre le emissioni di carbonio, le perdite di Pil dovute ai danni climatici nei Paesi del G20 aumentano continuamente, salendo ad almeno il 4% annuo entro il 2050; si potrebbe addirittura superare l'8% entro il 2100, generando il doppio delle perdite economiche dovute alla pandemia Covid-19. Entro il 2050, emerge dal rapporto del Cmcc, «il potenziale pescato potrebbe diminuire di un quinto in Indonesia, sradicando centinaia di migliaia di mezzi di sussistenza».
MARIO DRAGHI BORIS JOHNSON SERGIO MATTARELLA
L'innalzamento del livello del mare potrebbe danneggiare le infrastrutture costiere entro 30 anni, con il Giappone destinato a perdere 404 miliardi di euro e il Sudafrica a 815 milioni di euro entro il 2050, con una situazione che permane ad alte emissioni di gas serra.
A livello globale, secondo il World Economic Forum, nello scenario più catastrofico, con un aumento della temperatura fino a 3,2 gradi, l'impatto del cambiamento climatico potrebbe spazzare via fino al 18% del Pil dell'economia mondiale già entro la metà del secolo. Tutto questo, naturalmente, con costi paurosi in termini di vite umane. L'innalzamento delle temperature a livello globale ha già determinato un notevole aumento dei disastri.
proteste contro il cambiamento climatico
Secondo un rapporto dell'Oms e dell'Ufficio delle Nazioni Unite per lo studio dei disastri, nei 50 anni tra il 1970 e il 2019, oltre 2 milioni di persone sono morte a causa di eventi climatici estremi e le perdite economiche sono state pari a 3,64 trilioni di dollari. In Europa, le morti per caldo estremo potrebbero aumentare da 2.700 all'anno a 90.000 ogni anno, entro il 2100.
cambiamento climatico impero romano 3
Un dato scioccante ci riguarda molto da vicino. Nel ventennio 1999-2018 l'Italia è stato il sesto Paese al mondo per vittime provocate da eventi climatici estremi, come riporta il report Climate Risk Index della ONG tedesca Germanwatch. La domanda cruciale da porci, oggi, non dovrebbe essere quanto costi la transizione energetica, ma quanto ci costerebbe non farla. Consapevoli che la frontiera della decarbonizzazione non è una landa inesplorata: altri Paesi la stanno occupando, pezzo dopo pezzo, scoprendone le potenzialità e gli infiniti campi di applicazione. Nel 2019 abbiamo celebrato i 50 anni dallo sbarco di Neil Armstrong sul suolo grigio del nostro satellite.
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Quell'evento ha, indirettamente e irreversibilmente, trasformato la vita delle nostre società. Materiali nuovi hanno cambiato i nostri utensili quotidiani, i nostri vestiti, gli oggetti più comuni. L'esigenza di ridurre pesi e dimensioni degli apparati elettronici ha condotto i ricercatori a inventare il transistor; e una serie di transistor collegati fra loro ha consentito l'evoluzione dell'elettronica e dei computer che hanno completamente rivoluzionato la cultura, la comunicazione, la tecnologia.
A distanza di oltre cinquant' anni da quel famoso passo di Armstrong, sappiamo che non è stato il modulo lunare a cambiare la nostra vita, ma il grande lavoro di ricerca che è stato finanziato grazie all'obiettivo della Luna. Oggi la nuova frontiera da conquistare non è il nostro satellite, ma l'equilibrio del nostro pianeta. È una frontiera che giustifica i grandi investimenti pubblici che non coinvolgono solo la ricerca, ma anche la gestione dei processi di produzione di energie non inquinanti.
MARIO DRAGHI - CONFERENZA STAMPA FINALE G20
Sono investimenti produttivi? Sono paragonabili a quelli che si fanno per costruire ferrovie, aeroporti, strade? La risposta a questi interrogativi non può che essere affermativa. Non si tratta di ecologismo ideologico, ma di un semplice calcolo economico. Il deterioramento del territorio, i cambiamenti climatici, la cattiva gestione dell'acqua, l'accumulo dei rifiuti, costituiscono una voce fortemente negativa nel bilancio economico di un paese e, soprattutto, per le nuove generazioni, per le quali il futuro non è una variabile ipotetica, ma la dimensione concreta di un'esistenza ancora in larga parte in divenire e che a noi spetta di tutelare.