Luigi Offeddu per il “Corriere della Sera”
La prossima parola-ostacolo sarà ancora quella di sempre: «quote», quote obbligatorie e permanenti di immigrati da redistribuire nei vari Paesi Ue. Dopodomani, la Commissione Europea proporrà che il totale non sia più di 40 mila esseri umani, come in passato, ma il triplo, 120 mila. L’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati chiede che siano 200 mila.
Ma tanto per cambiare, l’Europa è lacerata. Londra continua a rifiutare le quote in via di principio, e ora però spiega che accoglierà 15 mila profughi siriani, preparando nel contempo — secondo il Sunday Times — un attacco militare contro l’Isis e i «trafficanti di esseri umani» in Siria. La Svezia sostiene senza esitazioni la proposta di Bruxelles, e così fanno la Finlandia, la Francia, quasi tutta l’Europa Occidentale.
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Ci sono forti malumori in Spagna, già contraria alle «vecchie» stime assegnatele: anche se ora le verrà richiesto di accettare la metà dei migranti accettati dalla Germania, dovrà comunque rassegnarsi a un numero triplo rispetto al passato. Sempre che accetti: a luglio, il principio della redistribuzione obbligatoria venne respinto da tutti i 28 Stati e passò solo quello della volontarietà. Infatti Austria, Gran Bretagna, Danimarca e Ungheria, più — a parole o con i fatti — altri Paesi dell’Est, alle quote dissero «no», e basta.
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Da allora, nulla è cambiato nelle procedure: qualunque essa sia, la proposta della Commissione dovrà comunque essere approvata da un Consiglio Ue, cioè da un vertice dei capi di Stato e di governo. Berlino e Vienna lo chiedono a gran voce, Bruxelles per ora nicchia, ben consapevole delle fratture esistenti: si dovrebbe votare a maggioranza qualificata, che in genere equivale ad una corsa ad ostacoli di 10 mila metri, fra paludi e burroni.
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Nel frattempo, con ottomila profughi accolti anche ieri, è sempre la Germania — in particolare la sua Baviera — a conservare il primato dell’accoglienza, con relative spese. E lo paga con le prime divisioni interne. Ieri la Csu bavarese, l’Unione cristiano-sociale che è poi il partito fratello dei cristiano-democratici guidati da Angela Merkel, si è ribellata con il suo segretario generale Andreas Scheuer: «Non può continuare così», ogni profugo pensa alla Germania ma «il Paese non può affrontare da solo tutto ciò».
E il dilemma delle quote sfocia indirettamente anche in quello di una nuova guerra. La Francia si affianca alla Gran Bretagna nel progetto di un attacco militare alle zone della Siria controllate dal cosiddetto Califfato islamico. Si pensa a un mandato Onu e a una grande coalizione che potrebbe comprendere anche la Russia: da Washington, arrivano i primi segni di preoccupazione.
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