Gabriella Cerami per “la Repubblica” - Estratti
Il campo largo continua ad essere spinoso. La pax ligure, quasi raggiunta ma ancora con l’incognita Italia viva e Azione, è infatti solo una parte di uno spazio più ampio in cui Pd e M5s si cercano e si respingono. Si rincorrono ma con molte riserve. Sanno di non poter non stare insieme ma vivono questa convivenza in maniera tormentata, soprattutto nei 5 Stelle.
La guerra fredda resta su vari dossier. Il principale, per Giuseppe Conte, è l’indigeribile eventuale accordo tra la segretaria dem Elly Schlein e il leader di Italia viva Matteo Renzi. Nel quartier generale pentastellato il ragionamento è sempre lo stesso. Un discorso sono gli accordi locali, come in Emilia Romagna e in Umbria, regioni in cui i candidati rappresentato un campo larghissimo che comprende anche Italia viva e Azione, un altro piano è invece quello nazionale e risuona ancora forte l’avviso lanciato al Pd dall’ex premier: «Sia consapevole che Renzi è deflagrante per il campo progressista ».
La numero uno del Nazareno saluta «il passo avanti significativo» fatto da M5s che ha ritirato il suo candidato in Liguria per appoggiare il dem Andrea Orlando. Passo frutto di contatti continui tra la stellata Paola Taverna e il responsabile organizzazione Pd Igor Taruffi, ma anche tra dirigenti nazionali dem, come Goffredo Bettini e altri, e lo stesso Conte. Dunque l’ex premier si è convinto, ha sentito Schlein ancora una volta, e ha sciolto la riserva, ma il mantra non cambia e lo ha ripetuto in tutte le sue interlocuzioni: «Renzi è inaffidabile».
Se il Pd intende invece fidarsi e percorrere questa strada, M5s svolterà al primo bivio. E se per caso il messaggio non fosse ancora chiaro, a ribadirlo durante la festa dell’Unità di Reggio Emilia ci ha pensato la vicepresidente del Senato, Mariolina Castellone: «Mai con chi già in passato ci ha tradito». Ed è così che la linea «ostinatamente unitaria» di Schlein per costruire un’alternativa alla destra, per adesso, si infrange sul portone di via di Campo Marzio.
ELLY SCHLEIN E MATTEO RENZI ALLA PARTITA DEL CUORE - MEME BY OSHO
Non solo, a far storcere il naso al Movimento è anche l’invito rivolto dalla segretaria a Conte e Renzi di convergere sul tema del congedo paritario. Dalla pentastellata Alessandra Maiorino arrivano parole di fuoco. «Un consiglio non richiesto a Schlein — dice la senatrice — oltre a smettere di cercare di riciclare il conferenziere d’Arabia Renzi, se vogliono davvero provare a costruire qualcosa, abbandonino anche il vecchio vizio del Pd di appropriarsi di temi e battaglie di altri, specie se li vogliono come alleati».
Non si tratta di semplici schermaglie, vi è invece un malessere più profondo, che tiene conto anche della politica estera, su cui i punti di vista sono diversi sia sulla guerra in Medio Oriente sia in Ucraina, con i 5 Stelle che hanno votato contro l’invio di armi a Kiev. Questione non da poco, che il leader di Azione Carlo Calenda cavalca sostenendo che la politica estera sia «una discriminante » e che Schlein si stia allontanando dal solco europeo. Poi, in un’intervista al quotidiano Avvenire, sentenzia che «il campo largo è un pericolo ». Altra spina in questo rovo.
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CHI SI FIDA E CHI MENO (MA NESSUNO SE NE VA) IL BALLO DEL CAMPO LARGO CHE PUNTA ALLA RISCOSSA
Roberto Gressi per il “Corriere della Sera” - Estratti
Roma Il campo largo sa un po’ di campo dei Miracoli. Ogni tanto qualcuno viene convinto a piantarci dentro i suoi cinque zecchini d’oro e fa la fine di Pinocchio. Ed è per questo che ormai stanno tutti sul chi vive: ci si entra in punta di piedi, a cominciare da Giuseppe Conte, fiutando le trappole. Ma non si vuole nemmeno restarne senz’altro fuori, perché, a torto o a ragione, non sono pochi quelli che pensano che la corazzata del centrodestra non sia poi così imbattibile come una volta. E già alla prova c’è la sfida su tre regioni importanti: la Liguria, dove Conte dà il via libera a Andrea Orlando, l’Umbria e l’Emilia-Romagna.
(…) Ma nel Pd non sono mancati gli insoddisfatti, o se si vuole i maligni. E allora si vocifera che Matteo abbia provato a incantare Elly, dicendole che lei è la sola che può guidare palazzo Chigi e promettendole che lui presto si farà di lato, lasciando Maria Elena Boschi a guidare la sua goletta, quella di Italia viva.
E allora tanti ricordano come abbia promesso la stessa cosa a Carlo Calenda, o come si sia messo alla guida della creatura di Emma Bonino, gli Stati Uniti d’Europa, portandola a sbattere alle elezioni per Strasburgo. E poi c’è Giuseppe Conte, che ha già il suo bel da fare con il fondatore dei Cinque Stelle, Beppe Grillo. La sua disponibilità verso il campo largo, seppure con prudenza, è senz’altro cresciuta, ma tirargli tra i piedi Matteo Renzi in Liguria lo espone fin troppo agli sgambetti che ormai da tempo sono di casa anche nel Movimento.
E non è un caso se Alessandra Todde, che governa la Sardegna e che con Conte ha un ottimo rapporto, abbia ricordato ieri che «Renzi a Genova governa con Bucci, in Basilicata con Bardi, nella mia regione non era con noi e in Parlamento ne ha combinate di ogni».
renzi mejo dello sciamano di washington
La stessa Schlein si è trovata a rispondere a una domanda a In onda su La7: «Casini dice che Renzi in Liguria non può stare da una parte con il centrodestra e da un’altra con il centrosinistra? Dice una cosa molto sensata, non si può stare con i piedi in due scarpe, senz’altro». E lo stesso Renzi pare capire che arrivati a questo punto, per far parte della partita, dovrà rinunciare alle sue ambiguità.
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VIA LIBERA A ORLANDO AL CAMPO LARGO MANCA IL CENTRO
Michela Bompani per “la Repubblica” - Estratti
(..) Dopo il richiamo della segretaria Pd («Renzi non tenga il piede in due scarpe»), con Italia Viva la situazione sarebbe vicina alla soluzione, Renzi avrebbe ribadito la volontà di stare nel campo largo e, «per non dare alibi», risolvere l’ambiguità dei tre eletti di Italia Viva alla giunta di centrodestra del sindaco Bucci, nel Comune di Genova.
Darebbero le dimissioni dalla lista civica del sindaco, in cui sono stati eletti, anche se uno, l’assessore Mauro Avvenente, potrebbe preferire la lealtà al primo cittadino alla tessera dei renziani. Iv potrebbe correre alle regionali senza simbolo in un listone dei riformisti.
Prima del via libera di Conte, ieri, c’era fibrillazione nel campo largo ligure, compatto su Orlando, ma esasperato dall’attesa, di settimane, dell’arrivo dell’ok romano. E grande nervosismo c’era nel Pd, con i circoli e i dirigenti sul piede di guerra che esasperati si scambiavano messaggi su chat roventi. «Se a 25 giorni dalla presentazione delle liste salta Orlando, possiamo anche non presentarci », confidava uno di loro.
L’ultimatum dell’ex ministro, alla fine, è servito.
Ex ministro Andrea Orlando, 55 anni, originario di La Spezia, è stato più volte ministro.
Ora si candida alla guida della Regione Liguria Segretaria Elly Schlein sul palco della festa dell’Unità di Pesaro.