Ilario Lombardo per “la Stampa”
Luigi Di Maio sa che per riprendersi il M5S deve riconquistare la fiducia dei gruppi parlamentari.
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E per riconquistare la fiducia dei gruppi deve tagliare fuori Davide Casaleggio. Innanzitutto, dallo statuto fondativo dell' associazione che due anni fa aveva preso il posto della vecchia creatura di Beppe Grillo sommersa di cause giudiziarie.
Non è semplice ma Di Maio è consapevole che non ci sarebbe migliore momento di questo per resettare il Movimento, liberandolo dalla sudditanza tecnologica e statutaria dell' Associazione Rousseau presieduta da Casaleggio: dire che il figlio del fondatore sia poco amato sarebbe ammorbidire il reale stato delle cose. Deputati e senatori sono inferociti e persino l' intervista di Davide all' economista James Galbraith pubblicata dieci giorni fa sul Blog delle Stelle ha scatenato la furia nelle chat, per l' uso considerato «padronale» di una piattaforma che è finanziata con parte dello stipendio dei parlamentari.
LUIGI DI MAIO - DAVIDE CASALEGGIO - PIETRO DETTORI
In realtà il malessere che cova nel M5S nei confronti di Casaleggio ha dietro qualcosa di più che l' ormai nota questione dei contributi. Il premier Giuseppe Conte ha chiesto ai 5 Stelle di «tenerlo lontano dal governo», soprattutto «sulle nomine», in particolare quelle più recenti, nelle grandi società controllate.
C' è un forte imbarazzo per l' attivismo dell' imprenditore, soprattutto mentre si parla di app, tracciamento digitale, smart working, al punto che i ministri grillini dopo il consiglio di Conte hanno effettivamente marcato una maggiore distanza. Il motivo di tanta preoccupazione del premier è da ricercarsi in due notizie raccontate alla Stampa. La prima riguarda appunto le nomine e proverebbe come l' interlocuzione avvenuta con Claudio Descalzi per la riconferma all' Eni, non sia l' unica mossa fatta da Casaleggio in quella partita, e tenendo all' oscuro i grillini, costretti ora a «vigilare» che non arrivino finanziamenti dal colosso energetico.
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Racconta un fonte di governo come Davide, durante il primo round sulle Agenzie Fiscali, abbia spinto per Domenico Giani al Demanio. Giani è l' ex capo della gendarmeria vaticana, uomo che ha vissuto per anni dentro i segreti d' Oltretevere, improvvisamente licenziato da papa Francesco a metà ottobre. È Conte, attentissimo alle relazioni con il Vaticano, a incenerire la proposta e a ribadire ai 5 Stelle un concetto che ci è stato sintetizzato così: «Che facciamo, ci mettiamo pure contro il Papa promuovendo l' uomo che ha cacciato?»
A gennaio, quando si discute di queste nomine, sono giorni decisivi per il M5S. Di Maio lascerà la leadership, dopo aver fatto trapelare la frustrazione di essere ingabbiato nelle procedure di Rousseau. Poche settimane prima, a fine dicembre, i 5 Stelle vengono investiti da un' altra rivelazione che li imbarazza. L' Uif, l' Ufficio antiriciclaggio di Bankitalia, segnala come «operazioni sospette» due versamenti di denaro arrivati al blog di Beppe Grillo (120 mila euro di pubblicità) e alla Casaleggio Associati (600 mila euro) da parte di Vincenzo Onorato, presidente della Moby.
Gli uffici dell' armatore erano già stati perquisiti in merito all' inchiesta sui contributi alla fondazione Open di Matteo Renzi. La semplice associazione a questa indagine terrorizza i ministri 5 Stelle e Conte. E non basta che la famiglia Onorato dica di apprezzare il lavoro di Casaleggio sul web da tempo. Gli interessi in ballo nel governo esistono, come dimostra il caso di Tirrenia, stessa società del gruppo, in amministrazione controllata e al centro di accesi confronti proprio tra M5S e proprietà.
Per capire quanto Casaleggio sia caduto in disgrazia bisogna tornare a Di Maio. Per essere uno che ha negato persino la notizia che dava per certo il suo addio da capo politico, è sembrato strano a tanti che non smentisse le indiscrezioni virgolettate contro Casaleggio e contro l' utilità di Rousseau. Dieci giorni fa c' è stata una lite tra Davide e lo Stato maggiore del M5S, compreso il capo politico reggente Vito Crimi.
L' imprenditore aveva chiesto di rivitalizzare la piattaforma, e così il proprio ruolo, facendo votare il nuovo leader in piena crisi Covid. «Una follia» a detta dei presenti che avrebbe tra l' altro avvantaggiato Alessandro Di Battista, unico candidato naturale e unica alternativa a se stesso che Di Maio considera vincente. Un particolare conforta l' ex leader e lo ha confessato a tanti suoi fidati: «Dibba» non solo terremoterebbe il governo ma è anche detestato dai gruppi parlamentari.
PAPA FRANCESCO BERGOGLIO DOMENICO GIANI
Proprio come Casaleggio.
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