Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera"
Il dubbio di un amico: «No, scusa: ma hai provato a contarli?».
Democristiani. Quanti. E tutti in ruoli decisivi. Sfogliare la Moleskine, rileggere gli appunti con dentro la storia della seconda elezione di Sergio Mattarella a capo dello Stato: trovarli. Il primo che spunta fuori è anche quello che, per qualche ora, sabato mattina, ha seriamente creduto di poter trascorrere i prossimi sette anni al Quirinale.
Pier Ferdinando Casini. Esemplare magnifico. Figlio del segretario bolognese dello scudocrociato, cresciuto nella grande Sagrestia nazionale, lanciato alla Camera a soli 27 anni: poi una vita trascorsa un po' nel centrosinistra, un po' nel centrodestra. Talento, più astuzia: seduttore politico seriale - il Cavaliere tuonò: «Casini Presidente? Mai! È uno che tradisce» - in realtà fedele solo al proprio passato, al punto di abitare in piazza del Gesù, di fronte al vecchio palazzo rococò che fu la sede storica della Dc.
Casini: nella paginetta successiva ecco subito il suo sponsor, Matteo Renzi (in calzoncini corti con i boy scout cattolici e, appena maggiorenne, iscritto al Partito Popolare Italiano). Il Matteo che in Parlamento sa cosa fare, e come, e quando - l'altro Matteo, vabbé - per poco non riusciva nel colpaccio: sabato, all'alba, ha infatti suggerito a Pierfurby (cit. Dagospia): «Cercati subito più voti possibili, forse ci siamo». Così Casini ha cominciato l'attraversamento pastorale del Transatlantico blandendo chiunque. «Fratello, aiuta il tuo amico viandante...».
Lo sguardo da vescovo, una carezza e un pizzicotto, ha risalito l'emiciclo arrivando fino ai banchi leghisti. Molinari e Centinaio lo guardavano incantati. Graziano Delrio, osservando da lontano, avrà invece pensato: Signore, perdonalo, Pier non sa quello che fa (Enrico Letta - presidente dei Giovani Democristiani Europei tra il 1991 e il 1995 - aveva ormai stabilito che si dovesse andare decisi su Mattarella). Delrio milita nel Pd, ma è cresciuto in una parrocchia della periferia di Rosta Vecchia in Reggio Emilia, partite di pallone interminabili e solide lezioni di cattolicesimo democratico dossettiano.
Poi è comunque chiaro che i democristiani, tra di loro, si riconoscono a prescindere dagli studi (anche gli ex Pci, in verità). Il vicepresidente della Camera Ettore Rosato (Iv), per dire, viene dalla dicì triestina; il ministro Lorenzo Guerini (Pd) faceva invece il consigliere comunale a Lodi (con il padre comunista in un'epoca in cui girava voce che i comunisti mangiassero i bambini, pensate): alla fine, per capire da quale vigna ideologica provengano, ti basta parlarci cinque minuti.
PIERFERDINANDO CASINI E CLEMENTE MASTELLA
Con Dario Franceschini, ne basta anche uno. Sentite cosa si è fatto scrivere il potente ministro della Cultura su Wikipedia: «Le figure carismatiche che fin dalla giovinezza suscitano la sua attenzione sono, fra le altre, Benigno Zaccagnini e don Primo Mazzolari». Riflette su Twitter un osservatore acuto come Claudio Velardi: «L'antica ossatura democristiana del sistema ha risolto bene una situazione di crisi, lungo l'asse @enricoletta @guerinilorenzo @matteorenzi, con @dariofrance sullo sfondo. Le altre culture politiche sono marginali e ininfluenti». C'è poco da aggiungere.
PIERFERDINANDO CASINI E CLEMENTE MASTELLA
Del resto: anche solo per capire dove stessero andando certi cespugliosi centristi, da quelli di Coraggio Italia (Toti, Romani, Brugnaro, Quagliariello) a quelli del gruppone Misto, i cronisti hanno sempre chiesto un po' di luce a Maurizio Lupi (molti di loro, quando Lupi faceva il consigliere comunale per la Dc a Milano, occupavano il proprio liceo, in assemblea sotto i manifesti del Che: ma adesso gli tocca sorbirsi la voce lucida e rassicurante di Lupi, ormai sempre più simile a un volontario di certi corsi pre-matrimoniali che si tengono nelle parrocchie).
Proprio come un parroco di provincia, con lo sciarpone stretto al collo, lo zuccotto nero, nero come il cappotto, e la sua aria curiale, pallida, ogni mattina tutti abbiamo invece visto venir su per via degli Uffici del Vicario Bruno Tabacci. Per capire che atmosfera ci fosse a Palazzo Chigi, e quale fosse l'umore di Mario Draghi, bisognava confessarsi da lui. Democristiani. Ovunque. E necessari.
Come Gianfranco Rotondi (uno che da ragazzo invece di andarsi a vedere l'Avellino di Juary, andava ad ascoltare i comizi di Forlani) consultato a lungo tipo mago Otelma per intuire quali fossero le reali intenzioni del Cavaliere.
Democristiani in diretta nei migliori talk. Ospiti fissi Clemente Mastella e Paolo Cirino Pomicino che, a 82 anni, è vera leggenda vivente scudocrociata (Paolo Sorrentino, nel film Il Divo, cioè Giulio Andreotti, a Pomicino/Carlo Buccirosso fa prendere una lunga rincorsa nel Transatlantico, chiusa con una scivolata pazzesca; mai avvenuta nella realtà, però perfetta per spiegare tutta la dimensione di onirico micidiale potere dicì).
lorenzo guerini sergio mattarella festa della repubblica 2021
Un democristiano di rango assoluto come Marco Follini ha scritto su La Stampa: «Non invocate il nome della Dc invano». No, infatti. Però qualcuno - più per scaramanzia, che per altro - è andato a rileggersi il titolo che fece il Manifesto nel 1983: «Non moriremo democristiani».
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