DAGOREPORT
Si possono immaginare belle trame dietro i sipari dei teatri d’opera italiani. Di tutto, di più, come la Rai, che in queste trame c’entra eccome! Nel prossimo anno si innescherà un risiko di sovrintendenti che, ricordiamolo, possono essere affiancati dal subentrante con due anni di anticipo. Il che vuol dire che se un sovrintendente viene indicato nel 2023 per un teatro questo si affianca, per circa due anni al sovrintendente in carica.
Il risiko è complicato. Il centrodestra, con perfetto metodo spoil system, vorrebbe liberare il posto di Ad della Rai (la presidente Marinella Soldi ha festeggiato il Natale tagliando fuori l’Ad Carlo Fuortes) indirizzando nuovamente Fuortes alla guida di un teatro lirico: prima ipotesi la Scala. Ma la Scala è in mano a Beppe Sala (detestato dal sottosegretario Vittorio Sgarbi) ed è saldamente guidata da Dominique Meyer.
Dopo la parata bulgara sul palco reale alla “prima” del 7 dicembre l’operazione sembra inabissata. Inoltre, dove spostare Meyer? Magari al San Carlo di Napoli, dove c’è l’altro francese ex Scala Stephane Lissner, prossimo neobabbo (70 anni) per l’ennesima volta con la compagna numero n… (si può incolpare di tutto Lissner e le sue compagne salvo della crisi demografica europea).
A Lissner è andata malissimo con il “Don Carlo” di apertura, fatto cancellare dal ministro Gennaro Sangiuliano causa il disastro di Ischia: ma non si poteva leggere un comunicato e devolvere parte del ricavato a Ischia anziché cancellare lo spettacolo? Tuttavia, un po’ incredibilmente, Lissner sembrerebbe piuttosto sul punto di rinnovare che non di ritirarsi in Bretagna a cambiare i pannolini.
Oltre a Fuortes, c’è il caso del mitico Alexander Pereira, a capo del Maggio fiorentino, finito ora nel mirino della Corte dei Conti, e prima di “Repubblica” e della sinistra dal primo giorno in cui si presentò alla Scala a braccetto della giovanissima Daniela, una cinquantina d’anni in meno ed ex compagna di un fotografo di ‘’Playboy’’. Per la sinistra milanese Ztl, amante di Lissner che in questo campo ne ha combinate più di Pereira e di Bertoldo messi insieme, ciò risultò qualcosa di inaccettabile, tanto che “Repubblica” lo ha sempre attaccato.
Pereira è un impresario d’altri tempi, inadatto all’Italia dei cavilli, dove a una burocrazia ottocentesca si è aggiunto il procedurismo digitale. In un Paese dove la metà dei soldi va in procedure, lui salta le procedure per raccogliere e indirizzare i fondi dove gli sembra utile.
La Corte dei Conti potrebbe indirizzare la sua successione, ora che anche Nardella pare non difenderlo più. Inoltre, l’età non gioca a suo vantaggio né il precedente affaire con i Sauditi a favore della Scala. Per non parlare dei sindacati che, cercando di colpire chi è in difficoltà, vorrebbero scioperare sulla prima del “Don Carlo” del 27 dicembre a Firenze, una follia.
Ma poiché l’altro giorno Il Consiglio di Amministrazione del Teatro Regio di Parma ha nominato Luciano Messi nuovo sovrintendente per il triennio 2022-2025, ora c’è anche da piazzare la ex, Anna Maria Meo, che era stata nominata nel 2015 sotto la prima Giunta pizzarottiana.
La sua scelta fu anomala poiché ignorava i risultati di un bando cui avevano partecipato diversi candidati ritenuti idonei dalla commissione presieduta da Cristiano Chiarot, allora sovrintendente della Fenice. Ma poi andò bene ed è difficile che il Centrodestra la scarichi.
Se a Torino si è dovuto rifare il bando che ha visto risultare vincente il sovrintendente Mathieu Jouvin, il primo dicembre i sindacati del teatro Massimo di Palermo hanno inviato al sovrintendente, Marco Betta, l’annuncio dello “stato di agitazione” a seguito di una lettera firmata dallo stesso Betta che rimanda gli impegni economici previsti nel contratto. Anche qui è allarme rosso.
Quello dei sovrintendenti è un po’ come il risiko degli allenatori: quando si muoverà il primo le altre mosse seguiranno. Sceglierà i sovrintendenti il consulente del ministro, il direttore Beatrice Venezi già promossa dal musicologo La Russa a dirigere in Senato?
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