Francesco Grignetti per “la Stampa”
Al centrodestra la questione non piace, ed è evidente il nervosismo dei suoi leader.
Però il tema è davvero cruciale: stanno con il rispetto dello Stato di diritto o con l'Ungheria? Oppure con la Polonia, avviatasi sulla stessa strada? Silvio Berlusconi segnala da giorni un certo disagio per le scelte dei suoi alleati sovranisti. Di nuovo, ieri: «È innegabile - dice in tv a Zona bianca - che Orban sia un leader democraticamente eletto e come tale vada rispettato.
Però è chiarissimo che il nostro punto di riferimento in Europa è il Partito popolare europeo, non può certo essere Orban. Le sue politiche sono lontane dalle nostre, e così la sua visione dell'Europa. E le alleanze in Europa vanno fatte con i grandi Paesi amici, se vogliamo tutelare il nostro interesse nazionale». Parole ribadite una per una da Antonio Tajani e Maurizio Lupi, Noi Moderati.
BERLUSCONI SALVINI MELONI - MEME
La questione non è affatto chiara, nel campo del centrodestra. Matteo Salvini, punzecchiato da Letta («Oggi Pontida sembra una provincia dell'Ungheria»), se la cava con il solito ritornello delle elezioni vinte da Orban e tanto basta: «Hanno una passione per la geografia; ogni giorno ce n'è una tra Russia, Stati Uniti, Finlandia, Cina. Io rispetto le scelte democratiche di tutti gli altri Paesi del mondo».
Per Salvini è il modo per dire che non accetterà intromissioni di Bruxelles. E precisa, prefigurando una stagione di rottura: «Voglio che l'Italia sia protagonista in Europa, non accompagnatrice delle scelte di Parigi o di Berlino. Io voglio cambiare questa Europa dove comandano in pochi e pagano gli altri».
Il vero nodo, insomma, è l'insofferenza dei sovranisti per Bruxelles, Parigi e Berlino.
Giorgia Meloni prova a sganciarsi dal tema Orban: «Farà le sue scelte, ma io non faccio quello che dice Orban. Io non faccio quello che dice nessuno, guardo solo all'interesse nazionale italiano. Però non sono d'accordo con ciò che l'Ue sta facendo con l'Ungheria. Noi siamo in mezzo a una guerra fatta contro l'Occidente, non abbiamo interesse a spaccare l'Europa.
All'Onu, l'Ungheria non ha votato con la Russia. E la Polonia è in prima fila nello scontro con la Russia e si sta accollando i profughi dell'Ucraina».
Orban o no, però, anche Meloni prefigura una politica di rottura con l'Ue: «Quello dei nostri ordinamenti, nazionale ed europeo, che si debbano amalgamare, è un tema che esiste». Il dibattito va posto «con garbo», dice, «e non significa uscire dall'Ue», ma serve una riflessione su come «organizzare meglio la difesa dell'interesse nazionale in una dinamica europea».
Tutto ruota attorno al vero problema: il rapporto con Parigi e Berlino. «Sappiamo la ragione per la quale non si raggiunge un price cap europeo: perché non conviene alla Germania. O alla Francia che ci dice che adesso non ci vende più l'elettricità. O all'Olanda ha la Borsa in casa sua e non gli conviene».
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