Estratto dell’articolo di Gabriella Colarusso per “la Repubblica”
ali khamenei vota alle elezioni
La notte elettorale di Teheran, nel primo turno delle presidenziali, consegna due notizie all'establishment clerico-militare che guida la Repubblica Islamica, nessuna delle due buona.
Chiamati a votare per scegliere il successore di Ebrahim Raisi, morto in un incidente a maggio, la maggioranza degli iraniani è rimasta a casa: 40% di affluenza, il dato più basso dalla rivoluzione khomeinista del 1979, sebbene questa volta i Guardiani, gli anziani religiosi che decidono chi può candidarsi, abbiano consentito la partecipazione di un riformista, dopo anni di confino politico. […]
L'altra notizia è che al primo posto si è piazzato proprio il riformista moderato, Masoud Pezeshkian, 69 anni, che con il 43% dei voti sfiderà al ballottaggio l'ultraconservatore Saeed Jalili, fermo al 38%. […] il conservatore pragmatico Mohammed Qalibaf, è rimasto fuori dalla corsa. Insieme, Qalibaf e Jalili, hanno perso 8 milioni di voti rispetto ai due candidati conservatori di punta delle precedenti presidenziali, quelle del 2021. […]
Tutto questo, dice Ali Vaez del Crisis Group, brillante analista di cose iraniane, racconta «un malcontento socioeconomico profondamente radicato» nella società e una «profonda disillusione nei confronti del sistema politico». […] Per un sistema «che si è sempre fatto vanto della sua legittimità popolare», il risultato di venerdì è «un allarme – ragiona Vaez - ma in questo momento l'apparato sembra più preoccupato che ci sia omogeneità ideologica ai vertici, per garantire una successione senza intoppi al prossimo leader supremo, che della legittimità dal basso».
Le difficoltà economiche, la frustrazione per il malgoverno e la repressione spiegano la ritirata degli elettori, ma non rendono meno cruciale la sfida del prossimo venerdì, giorno di preghiera, quando si affronteranno due visioni dell'Iran e del suo ruolo nel mondo: l'ideologia intransigente e autarchica di Jalili e la spinta moderata al cambiamento di Pezeshkian. Il medico di Tabriz, […] non è un radicale, ha ribadito la sua lealtà a Khamenei e non parla di modificare la Costituzione[…]
Ma ha promesso aperture sui diritti, a cominciare da un atteggiamento più morbido sull'obbligo di indossare il velo, e vuole riaprire il dialogo con l'Occidente per provare a rimuovere almeno in parte le sanzioni. «Non è il candidato che vorrei, ma è il meno peggio», ci dice Hassan, un grafico trentenne di Teheran.
[…] Jalili, ultraconservatore sia in politica interna che estera. Come molti rivoluzionari islamici della prima generazione si è formato ideologicamente in trincea, adolescente al fronte durante la guerra Iran-Iraq. Perse una gamba in battaglia.
Il sostegno che gli Stati Uniti e l'Occidente diedero allora a Saddam contro l'Iran è sempre stata una sua ossessione. Durante la presidenza Ahmadinejad, fu capo negoziatore sul nucleare, i suoi interlocutori ricordano lo zelo ideologico e la indisponibilità al compromesso. Fiero oppositore dell'accordo nucleare siglato nel 2015. Se dovesse vincere Trump a novembre, con il "Trump islamico" dall'altro capo del mondo sarebbe arduo pensare a nuovi negoziati e a una de-escalation diplomatica Usa-Iran. […]
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