Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti e Francesco Olivo per “La Stampa”
VACANZE RAMANE - MEME BY EMILIANO CARLI
Il piano di trasferire in Albania i migranti salvati in mare va avanti, ma su come metterlo in pratica regna la confusione. Giorgia Meloni ieri ha parlato di Centri per i rimpatri, i famosi Cpr, smentendo la precisazione che era arrivata tre giorni prima dal ministro dell'Interno: «Non saranno Cpr».
Sembra una questione nominalistica o burocratica, ma c'è una differenza di sostanza e andrà chiarita, anche perché il premier albanese Edi Rama manda un messaggio chiaro: «Nei centri ci saranno solo richiedenti asilo».
Le voci dissonanti all'interno del governo segnalano che le idee non sono così chiare, o forse che le cose stanno cambiando in corsa. Meloni, lunedì scorso, alla firma del protocollo, aveva detto che i migranti sarebbero rimasti nei centri in terra di Albania «il tempo necessario per espletare rapidamente le procedure per le domande di asilo», e che si sarebbero accolte «tremila persone contestualmente», ma «con le procedure accelerate che grazie a questo governo consentono di processare le richieste in 28 giorni» la cifra sarebbe lievitata fino a 36 mila in un anno.
La premier quindi si riferiva a quel meccanismo detto di «procedura accelerata di frontiera» che è stato sperimentato a inizio ottobre tra Pozzallo e Modica A Pozzallo i migranti sbarcano e vengono sottoposti a screening; a Modica vengono trattenuti per un massimo di 4 settimane, ma solo se provenienti da Paesi considerati "sicuri", e nel frattempo si sarebbe esaminata la loro richiesta di asilo internazionale.
Quello di Modica, infatti, non è un Cpr, come non lo è quello annunciato in Albania. E così aveva ribadito Piantedosi. Il sottosegretario Giovambattista Fazzolari, invece, ha cambiato le carte in tavola: i migranti secondo lui «possono essere trattenuti oltre i 28 giorni anche in Albania» e il centro in programma diventerà un Cpr.
E ieri Meloni, nel video diffuso sui social, "Gli appunti di Giorgia", ha confermato: «In una prima struttura, che si trova nel porto di Shengjin, l'Italia si occuperà delle procedure di sbarco e di identificazione e qui realizzerà un centro di prima accoglienza dove operare una prima attività di screening. Nell'area più interna di Gjader, invece, si realizzerà una seconda struttura sul modello dei Cpr per le successive procedure, rimpatrio compreso».
Rama, parlando al telefono con La Stampa, evita di entrare nel cuore delle apparenti contraddizioni del governo italiano ma chiarisce due punti: «Nel centro non ci saranno più di tremila persone e ci saranno i richiedenti asilo».
GIORGIA MELONI MATTEO PIANTEDOSI
Fazzolari, ospite da Bruno Vespa, ha mischiato due fattispecie diverse. Ha ricordato anche lui la procedura accelerata di frontiera, «dopodiché – ha aggiunto – abbiamo stabilito che chi non ha diritto, fino al rimpatrio può essere trattenuto fino a 18 mesi in centri sorvegliati».
In realtà un trattenimento così lungo è la misura in cui può incorrere uno straniero che sia un cosiddetto "clandestino conclamato" e che non ha ottemperato a un ordine di espulsione, non un poveretto che sia prelevato in alto mare da una nave dello Stato italiano, presenta domanda di asilo, viene trattenuto il minimo indispensabile (i famosi 28 giorni: e già si è al di fuori della Direttiva europea perché il trattenimento deve essere l'extrema ratio) e se la sua domanda viene respinta può essere riportato indietro, ma esclusivamente in uno Stato sicuro e con cui l'Italia abbia un accordo. […]
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