1 - COLLE BERLUSCONI FIUTA IL SABOTAGGIO E PD-5S ADESSO TEMONO IL SÌ DI DRAGHI
Carlo Bertini e Francesco Olivo per "la Stampa"
SILVIO BERLUSCONI E MARTA FASCINA
Tutti aspettano una risposta da Draghi, ma nel frattempo ci si organizza. Per Silvio Berlusconi prendere tempo è un vantaggio, la sua candidatura è ormai lanciata, persino dagli avversari: «Che se ne parli è già una sua vittoria politica, il Fatto Quotidiano ha anche organizzato una raccolta firme contro di lui, segno che è centrale», dice Antonio Tajani, coordinatore di Forza Italia. Ma i problemi sorgono proprio all'interno del partito di Berlusconi.
Le polemiche dei ministri contro Matteo Salvini, ultima quella di Renato Brunetta sui parlamentari, vengono viste dal Cavaliere come una sorta di sabotaggio della sua operazione, che consiste nel creare un blocco unito del centrodestra e arrivare compatti all'elezione del presidente della Repubblica, «anche perché per la prima volta senza di noi non si fa», ragiona un deputato. I ministri nell'ultimo incontro giovedì scorso gli hanno giurato fedeltà, ma è ovvio che con un gruppo parlamentare instabile i rischi sono dietro l'angolo.
MATTEO SALVINI RENATO BRUNETTA
E non è un caso che sulla chat dei deputati la compagna di Berlusconi, Marta Fascina, abbia difeso Salvini dall'attacco di Brunetta, «segno che è furioso con i ministri», racconta un dirigente. Il fatto che il leader leghista abbia parlato di Draghi al Colle «lo voterei subito», non viene letto negativamente ad Arcore. Le manovre di Matteo Renzi sono un altro elemento di disturbo. L'ultimo nome che gira, infatti, è quello di Marcello Pera, che ha sostenuto l'ex sindaco di Firenze nel referendum del 2016.
IL DERBY CASINI-PERA
E non è solo l'ex presidente del Senato a rientrare tra i papabili del rottamatore: tra i drappeggi di palazzo Madama spuntano le insegne di un derby inedito tra Pera e un altro ex presidente, Pierferdinando Casini. Il quale, non solo è gradito a Renzi e ai centristi di ogni ordine e grado come uomo di cerniera, quindi benvisto anche dalle gerarchie vaticane (che in Parlamento hanno solidi terminali); non solo pare essere gradito anche a Salvini; ma è ben posizionato nel Pd, tra le cui fila è stato eletto ed è in ottimi rapporti con Mattarella: Pier - così lo chiamano amichevolmente tutti nelle due Camere - è stato visto a colloquio con esponenti di tutti i partiti dell'arco parlamentare mercoledì e giovedì, durante le votazioni del ddl Zan e anche dopo.
«Se Draghi non scende in campo, lui è pienamente in partita», sintetizza bene un dirigente di sinistra. Sì perché anche tra i parlamentari dem e 5stelle in questi giorni serpeggia il timore che il premier alla fine possa dire davvero di sì, complici le voci che lo dipingono come insofferente per le baruffe tra i partiti: «Se si rendesse disponibile all'elezione, anche se il suo nome avrebbe contro molti franchi tiratori, sarebbero così alti in partenza i numeri a suo favore, da potercela fare».
MARTA FASCINA E SILVIO BERLUSCONI NELLA CASA DI ROMA
Massima incertezza dunque: l'interrogativo ricorrente è sempre «cosa farà il premier-sfinge?». Tra i ministri del Pd, circola una considerazione: «Su Draghi, tutti pensano - mercati, giornali, establishment e gli altri Paesi - che dovrebbe continuare il suo lavoro a Chigi. Lui però non ha mai escluso di voler andare al Colle». Il che spiega lo stato di incertezza del Pd, che vorrebbe Draghi premier fino al 2023. E che ha visto con sospetto il placet di Conte su una sua salita al Colle: anche se il leader 5stelle, a tu per tu con Letta, gli ha garantito che ha bisogno di tempo per organizzare il Movimento e non gli conviene votare subito. I peones 5s invece sono preoccupati e hanno interpretato quell'endorsement a Draghi come uno «state pronti».
2 - "DRAGHI RESTI A PALAZZO CHiGI. BERLUSCONI? NON E' CANDIDATO AL COLLE"
Emilio Pucci per "il Messaggero"
Antonio Tajani, coordinatore di FI, premette che «è prematuro parlare del Colle», anche «per rispetto al Capo dello Stato». Ma avverte: «Non dobbiamo indebolire il governo per questa corsa al Quirinale».
È stato Salvini a rilanciare l'ipotesi di Draghi quale successore di Mattarella. Lei cosa ne pensa?
antonio tajani matteo salvini enrico michetti maurizio lupi a latina
«Intanto voglio sottolineare il successo del G20. Era dai tempi del vertice di Pratica di Mare del 2002, durante il quale Berlusconi riunì Putin e Bush, che l'Italia non tornava ad essere un palcoscenico così importante. Draghi è un protagonista in Europa. Con l'uscita di scena della Merkel potrà ridare un ruolo di primo piano al nostro Paese e bilanciare l'asse franco-tedesco. Sarà fondamentale utilizzare il suo peso politico per far sì che l'Unione europea vinca le sfide sul tavolo, dall'immigrazione alla revisione del patto di stabilità».
Quindi non ritiene che sia possibile una sua elezione a prossimo presidente della Repubblica?
«Sarebbe un ottimo Capo dello Stato, avrebbe tutte le carte in regola. Ma io penso che fino al 2023 Draghi debba completare il lavoro che ha avviato, portare avanti il Recovery plan e la battaglia per sconfiggere il Covid. È difficile che ci siano altre figure che possano tenere in piedi un esecutivo di unità nazionale. Non sarebbe facile trovare un sostituto. Comunque l'Italia non è la Francia, non è una repubblica presidenziale».
MANFRED WEBER SILVIO BERLUSCONI ANTONIO TAJANI
Ma lei lo dice perché pensa alla promozione di Berlusconi al Colle?
«Non c'è nessuna candidatura del centrodestra, né Berlusconi si è candidato. La coalizione ha i numeri per far valere il suo peso e si muoverà insieme. Che Berlusconi diventi presidente della Repubblica è un mio sogno del cassetto. Ha prestigio internazionale, è un capitano di impresa, è stato più volte al governo. E comunque il fatto che il dibattito si incentri su Berlusconi dimostra che è tornato ad essere centrale. Indipendentemente da quello che succederà è già una vittoria politica».
silvio berlusconi con antonio tajani
Ma eventualmente è proprio fuori dalla coalizione che dovrete trovare i voti che mancano
«Si possono trovare a scrutinio segreto. Comunque un accordo è possibile con tutti».
Anche con Renzi, Calenda e con chi auspica che FI tagli i ponti con la Lega e Fdi?
«Il centro c'è già ed è Forza Italia. Queste operazioni sono tutte fallite. Mosse parlamentari, non voti. Forza Italia è alternativa alla sinistra».
Ma non è che FI si smarcherà dalla Lega e da Fdi qualora dovessero sfumare le chances di vedere Berlusconi al Quirinale?
«La maggioranza Ursula in Italia non esiste. In Europa è nata per impedire ai socialisti la guida della Commissione. Berlusconi è il fondatore del bipolarismo, si va avanti con il maggioritario».
maria stella gelmini annamaria bernini silvio berlusconi antonio tajani
Ma in molti dentro Forza Italia puntano ad un proporzionale e ad un fronte anti-sovranista.
«FI non è una caserma, ma tutti i parlamentari sono stati eletti sotto un unico simbolo. Non temo scissioni, Berlusconi ascolta tutti e poi dà la linea. è lui il leader. L'unità del centrodestra è un valore e noi siamo l'anima, il cuore dell'alleanza».
Quindi polemica chiusa con l'ala governista del partito?
«Siamo tutti governisti. Senza FI non si vincono le elezioni e non si governa. I cittadini ci chiedono di parlare di cose concrete. Vogliamo migliorare la manovra. I soldi del reddito di cittadinanza dovrebbero andare al taglio delle tasse per i lavoratori e le imprese».
SILVIO BERLUSCONI ANTONIO TAJANI
Ma sono proprio i ministri a pensare che FI è al traino di Salvini.
«Nella coalizione c'è un centro che ha sempre conservato una propria identità. Mai stati e mai saremo subalterni alla destra. Rivendichiamo da sempre l'appartenenza al Ppe».
A proposito di Ppe per Salvini un ingresso della Lega non è all'ordine del giorno
«È una sua scelta. Identità e democrazia (il gruppo dei sovranisti in Parlamento europeo a cui aderisce la Lega, ndr) non ha nulla a che vedere con noi».