Marcello Sorgi per la Stampa - Estratti
GIORGIA MELONI - FOTO LAPRESSE
Nel giorno in cui celebra con l'ennesimo messaggio social (la conferenza stampa prevista è stata annullata) i due anni del suo governo, i dati di Confindustria e del Fondo monetario disegnano un quadro assai diverso da quello descritto dalla premier, con la crescita ormai a rischio e affidata quasi solo ai lavori del Pnrr.
Forse è perfino troppo chiedere a un presidente del Consiglio di celebrare il secondo anniversario del proprio governo con una descrizione sincera degli obiettivi raggiunti e delle criticità: in fondo nessuno dei predecessori di Meloni lo ha mai fatto e il cammino dei governi, anche di quelli più stabili, ha sempre segnato, con il tempo, un certo logoramento e rallentamento.
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La conclusione della fase preparatoria della manovra non è bastata a risolvere problemi che rimangono aperti e si ripresenteranno nella discussione parlamentare: come la difficoltà a camuffare il reale aumento delle tasse dovuto al taglio delle detrazioni, l'esiguità del taglio del cuneo fiscale che ridurrà il perimetro dei beneficiari, la probabilità che i "contributi" chiesti a banche e assicurazioni vengano ribaltati sotto forma di nuovi costi sugli utenti. Insomma se l'autunno della manovra s'è chiuso, in un modo o nell'altro, la primavera presto si aprirà portando con sé il malcontento delle categorie colpite. Inoltre le elezioni regionali che cominciano domenica in Liguria e in Umbria rappresentano una prova d'appello sulla vittoria alle Europee di giugno.
Di tutte queste cose sarebbe stato giusto sentir parlare Meloni nel suo post di ieri. Invece di ascoltare nell'ennesimo messaggio di propaganda che l'Italia è il migliore dei Paesi possibili.
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