Ilario Lombardo e Francesca Schianchi per “la Stampa”
In questi giorni di tensioni sempre pronte a esplodere tra alleati, rischia di restare stritolata tra accuse di «fiducia tradita» e «coltellate alle spalle» la delicata scelta del commissario italiano in Europa. Diventata, dopo la plateale rinuncia di quello che era il candidato designato, il sottosegretario di Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti - salito al Colle tre giorni fa per comunicare il suo passo indietro al capo dello Stato - un tassello della competizione interna al governo.
Se nelle ore precedenti il leader stellato Luigi Di Maio aveva fatto filtrare la volontà di sostenere la ministra leghista alla Pubblica amministrazione, Giulia Bongiorno, ieri dagli ambienti di governo sono spuntate altre ipotesi. Donne - come richiesto dalla presidente Ursula Von der Leyen - e di area tecnica. Il nome che circola con più insistenza è quello dell' attuale segretario generale della Farnesina, l' ambasciatrice Elisabetta Belloni, già in corsa come possibile ministro degli Esteri del governo Conte e prima ancora, ai tempi degli esecutivi Renzi e Gentiloni.
Romana, 61 anni, studi alla Luiss, in carriera diplomatica dal 1985, ha guadagnato la fiducia del M5S attraverso il sottosegretario Manlio Di Stefano, che la stima molto. Per la sua autorevolezza sui temi di politica estera incontrerebbe il benestare del Quirinale, anche se il suo curriculum appare più adatto alla delega al Commercio che a quella - agognata - alla Concorrenza.
Quello che manca, però, è l' ok della Lega, e difficilmente arriverà: «Per noi deve essere un politico - insiste Matteo Salvini - ed è ovvio che l' indicazione la debba dare la Lega, perché siamo noi ad aver vinto le elezioni europee. La scelta finale la faremo noi e poi il M5S, in questo ordine». Come dire che vuole essere lui ad avere l' ultima parola.
Dagli ambienti del Carroccio, allora, ecco che arriva a sorpresa una controproposta più vicina a loro, l' ex ministra dell' Istruzione ed ex sindaco di Milano Letizia Moratti. Settant' anni, area Forza Italia, è stata però naturalmente sostenuta anche dal Carroccio al comune meneghino, lì dove Salvini era consigliere comunale. Circola ancora anche il nome dell' ex ministro Domenico Siniscalco, anche se pure lui difficilmente può avere il placet della Lega.
Così, mentre altri Paesi europei hanno già consegnato alla Von der Leyen il proprio nome, i partiti di governo, forti del mese che ancora manca alla deadline definitiva (Bruxelles ha fissato il termine per indicare un nome il 26 agosto), impegnati in un braccio di ferro costante capace di portarli sull' orlo della crisi a giorni alterni, ancora temporeggiano sulla decisione.
Indecisi, a dire il vero, anche sulla tattica da seguire: nei giorni più caldi dello scontro interno, sembrava che la Lega non volesse indicare un nome proprio, per avere mani libere e poter sparare contro l' Europa in una futura campagna elettorale.
Tanto che era stato Di Maio per primo a dare l' ok alla Bongiorno, una ministra leghista per inchiodare l' alleato-avversario alle sue responsabilità. Che oggi torna a dichiarare di volersi prendere, predicando la necessità di un nome targato Carroccio. Tentennamenti che però preoccupano il premier Conte, in attesa dai suoi vice di un nome spendibile.
victor massiah letizia moratti
È ben consapevole, convinto in questo di essere spalleggiato anche dal capo dello Stato, che serve un profilo di alto livello per non correre rischi nell' aula dell' Europarlamento, quando sarà ora del voto. Brucia ancora all' Italia la clamorosa bocciatura del 2004 di Rocco Buttiglione, designato allora da Berlusconi e alla fine sostituito da Franco Frattini. Un bis che si vuole evitare. L' unico modo per farlo, è tenere fuori dalla lotta quotidiana degli alleati l' identikit del commissario.