Monica Guerzoni per il “Corriere della Sera”
L'allarme rosso scatta a mezzanotte e quaranta, quando nelle redazioni dei giornali piomba un titolo dell' Adnkronos sulla fase 2: «Regioni frenano su Dpcm, non rispetta intesa». È buio pesto e un esausto Francesco Boccia sta per mettersi finalmente a tavola dopo il braccio di ferro con i governatori. Ma niente, dal suo Gabinetto al ministero delle Autonomie lo avvertono che hanno chiamato dalla Conferenza delle Regioni perché l' accordo rischia di saltare. Il ministro corre a Palazzo Chigi e trova Giuseppe Conte nel suo studio, intento a verificare commi e virgole del decreto Riaperture.
roberto speranza francesco boccia
«Le Regioni non firmano», lo gela il ministro dem, che ha duellato per giorni nella conferenza Stato-Regioni. Che fare? Come stoppare l' insubordinazione? Tra poche ore commercianti e ristoratori, barbieri e parrucchieri devono alzare le saracinesche e non hanno ancora potuto leggere le regole che il premier ha annunciato in diretta tv. Il governo rischia una figuraccia storica e Conte lo ha ben chiaro. Così si mette al lavoro e con Boccia riformula il testo, senza sapere che anche la nuova proposta verrà respinta al mittente.
PIERPAOLO SILERI GIUSEPPE CONTE ROBERTO SPERANZA
Pochi minuti dopo l' una, Toti informa gli elettori che le luci del suo ufficio sono ancora accese perché la Conferenza delle Regioni avrà un «confronto urgente» con il premier e il ministro Boccia. «Basta cavilli, noi non ci stiamo», intima il presidente della Liguria. Uno dopo l' altro i governatori si collegano e si sfogano, lamentano che «l' intesa non regge», che il Dpcm «è deludente» e che il banco «rischia di saltare».
Nottetempo hanno scoperto che il testo del decreto non ingloba il protocollo unitario delle Regioni e accusano il governo di aver tradito i patti. La video-conferenza è un coro di no e la notte si tinge di giallo: di chi è la «manina» che ha fatto sparire, o «dimenticato» di inserire nel decreto le linee guida delle Regioni, ben più blande di quelle dell' Inail?
Lo scaricabarile comincerà con le prime luci del giorno, quando sottovoce diversi esponenti del governo metteranno nel mirino gli uffici legislativi di Palazzo Chigi. Ma ai piani alti delle Regioni il sospettato numero uno è il ministro della Salute, teorico della linea dura. Conte e Boccia lo stanno affannosamente cercando e Roberto Speranza non risponde: sarà andato a dormire, stanchissimo e convinto che bastasse «aggiungere nel decreto legge il richiamo al documento delle Regioni». Macché, ai governatori proprio non basta e quando Conte e Boccia si collegano la tensione esplode: «Gli accordi sulle linee guida erano altri». Il presidente Bonaccini fatica a placare l' ira dei più autonomisti come Zaia e Fedriga, sostenuti anche da Emiliano, Zingaretti e Toti.
Chi si smarca è Attilio Fontana, che guida la regione più contagiata e teme i risvolti penali di eventuali aperture senza garanzie di sicurezza. Il governatore-avvocato si aggrappa alle leggi e prova a far saltare l' accordo con la sponda di Marsilio e Toma.
«Se voi non ci esentate dal rischio Inail non ha senso riaprire negozi e ristoranti - alza i toni Fontana - Se invece lo Stato fissa le regole noi ci atteniamo». Zaia lo sfida e tra i due leghisti sono scintille. Finché Boccia e Conte si rassegnano ad assumersi la corresponsabilità delle linee guida rivedute e corrette. Ed ecco il «lodo» che mette tutti d' accordo: inserire il protocollo regionale sia in premessa che negli allegati del Dpcm. Ma come si fa, senza Speranza? Alle 2.30 il titolare della Salute risponde al telefono, capisce cosa il governo sta rischiando, una falsa partenza della fase 2, e concede il via libera. Un sì sofferto, visto che a margine dell' ultimo Cdm il ministro aveva ammonito i colleghi: «Inserire negli allegati le linee guida regionali vuol dire sconfessare quelle del Comitato tecnico-scientifico». In qualche modo, lo stesso governo.
BONACCINI MANGIA A UN GIORNO DA PECORA
Sono le 3.20, è quasi giorno. Toti spegne le luci del suo ufficio dando la buonanotte agli amici di Facebook. «Finito il confronto, le linee guida delle Regioni saranno recepite nel decreto che dovrà riaprire l' Italia», annota il presidente della Liguria. Ma ancora non si fida: «Domani vedremo la stesura finale del decreto...». Il nodo, che ci si creda o no, è sempre lo spazio tra un cliente e l' altro dentro i ristoranti, che da giorni fa litigare governo e amministrazioni locali: quei 4 metri quadri a persona previsti dall' Inail e dal Comitato tecnico-scientifico e che la categoria dei pubblici esercizi non può accettare.