Gab.Ros. per "il Messaggero"
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Lo stop al Pnrr di Budapest in attesa di maggiori elementi è solo l' ultimo di una serie di fronti aperti tra Budapest e Bruxelles nella guerra di trincea che va avanti da anni fra le istituzioni europee e il governo di Viktor Orbán. Uno scontro latente che si è infiammato nelle scorse settimane, dopo l' approvazione della legge anti-Lgbtqi che, di fatto, associa l'omosessualità alla pedofilia con il pretesto di proteggere i bambini, e che ha visto i vari leader dell' Ue processare Orbán durante la scorsa riunione del Consiglio europeo, arrivando anche a ventilare come fatto dall' olandese Mark Rutte l' uscita dell' Ungheria dall' Ue.
Il polverone, in ambito europeo, non si è però ancora posato: oggi, durante la sessione plenaria del Parlamento europeo che si tiene a Strasburgo, gli eurodeputati torneranno ad affrontare la questione. Nella bozza di risoluzione che sarà presentata dalla grande maggioranza dei gruppi parlamentari da destra a sinistra -, si legge che l' iniziativa ungherese rappresenta «un chiaro tentativo di strumentalizzare la tutela dei diritti umani per realizzare, invece, politiche discriminatorie» sulla base dell' orientamento sessuale.
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LA MOSSA
La Commissione europea sta lavorando a una procedura di infrazione da aprire contro Budapest in risposta alla legge anti-Lgbtqi, ma gli eurodeputati si spingono oltre e, secondo la bozza del testo, invitano i governi degli Stati Ue a prendere l' iniziativa che è loro attribuita dai Trattati e portare Budapest davanti alla Corte di Giustizia dell' Ue.
Insomma, per contrastare la stretta sui diritti civili messa in atto dall' Ungheria, i parlamentari Ue provano a fare appello anche alle capitali, anzitutto alle più progressiste: una mossa per vincere la possibile inerzia della Commissione europea nell' attivazione del nuovo meccanismo che vincola l' erogazione dei fondi europei, compresi quelli del Recovery Plan, al rispetto dello stato di diritto e delle libertà fondamentali.
Proprio su iniziativa del Parlamento europeo, nel 2018 è stata attivata contro l' Ungheria la cosiddetta opzione nucleare, la procedura prevista dall' articolo 7 del Trattato sull' Ue che si spinge fino a privare uno Stato membro dell' esercizio del diritto di voto nelle istituzioni comune se il Paese in questione viola i valori su cui si fonda l' Unione stessa.
Se la polemica sulla legge anti-Lgbtqi ha travolto anche il campionato di Euro2020 con la decisione dell' Uefa di non autorizzare le luci arcobaleno nell' Allianz Arena di Monaco in occasione del match fra Ungheria e Germania -, Budapest non preoccupa solo per le questioni legate al rispetto dei diritti. L' Ungheria è infatti tra i principali beneficiari pro capite dei fondi Ue di coesione: un bottino che fa gola ai soliti noti, cerchie di oligarchi che spesso circondano lo stesso premier Orbán, a cominciare dalla sua stessa famiglia.
Un tema su cui adesso si accendono i riflettori della Commissione europea, con l' ipotesi di uno stop alla procedura di approvazione del Pnrr ungherese.
Nel 2019, il Paese si è classificato al 70° posto su 198 Paesi nell' indice di percezione della corruzione di Transparency International, dato peggiore dell' Unione europea preceduto solo dalla Bulgaria. E, come se non bastasse, ad avvelenare ulteriormente il clima tra Budapest e Bruxelles c' è il passo indietro fatto dal governo Orbán rispetto all' accordo internazionale raggiunto in sede Ocse nei giorni scorsi su una tassa minima globale del 15% per le multinazionali.
matteo salvini mateusz morawiecki viktor orban
L' Ungheria ha infatti un' aliquota del 9% e, almeno per il momento, non intende rivedere la propria posizione, di fatto ostacolando la possibilità di un' intesa comune a livello Ue, dove c' è bisogno del sì di tutti i Ventisette Stati membri per cambiare le regole fiscali. Un' ennesima battaglia in una guerra senza esclusione di colpi, che dal no netto dell' Ungheria a una redistribuzione dei richiedenti asilo fino al rifiuto di ratificare la convenzione contro la violenza sulle donne, mette Budapest e Bruxelles sempre più l' una contro l' altra.