Jacopo Iacoboni per www.lastampa.it
coronavirus corea del sud tamponi a tutti
Il blocco prolungato dell'Italia, al punto in cui eravamo, era necessario. Ma non è detto che fermi in maniera definitiva il contagio, o l'epidemia. E' quanto sostengono, con una serie di analisi e studi italiani e internazionali, alcuni professori italiani - di economia, statistica, scienza dei dati, informatica. Secondo molti elementi e tante proiezioni sui dati, il modello Corea del sud sarebbe stato quello ottimale: big dati e tracciamento digitale mirato dei contagiati e di tutti i loro contatti.
Quarantene mirate dei contagiati con sintomi lievi, o asintomatici (usando magari strutture ad hoc, diverse dagli ospedali riservati a malati più gravi). Il rischio della semplice chiusura disposta dal governo italiano è che, alla riapertura da un «lockdown» totale, «quattro nuovi infettati introdotti in un nuovo ambiente produrrebbero un rischio superiore al 50 per cento di una nuova epidemia», secondo quanto scrive per esempio la rivista scientifica Lancet (in un articolo dal titolo «Early dynamics of transmission and control of COVID-19: a mathematical modeling study»), firmato da Adam Kucharski, Timothy Rusell, Charlie Diamond, Yang Liu, John Edmonds, Sebastian Funk. Un Double Dip che sarebbe a quel punto devastante.
Fabio Sabatini, professore di economia politica alla Sapienza, lo spiega in maniera assai chiara. Al momento in cui scriviamo,«in Corea del sud, dopo l'esplosione iniziale, la curva dei contagi ha già iniziato a flettere. Finora sono morti 66 pazienti su 7800, contro i nostri 827 morti su circa 12500 contagi. Perché? La Corea ha attuato una nuova strategia da cui possiamo imparare molto».
grafico logaritmico curva contagi coronavirus
Il ragionamento è lineare: «Primo pilastro coreano: la situazione è comunicata con grande trasparenza, l'enfasi sul social distancing è molto forte. I cittadini rispondono molto bene». Secondo pilastro: «Il Korean Center for Disease Control, KCDC, ha organizzato un formidabile sistema di raccolta di informazioni geolocalizzate per il tracciamento dei contatti dei contagiati». I potenziali contagiati e i viaggiatori che arrivano nel paese devono scaricare una app in cui volontariamente descrivono giorno per giorno la propria posizione, eventuali sintomi, e contatti tenuti.
Naturalmente ciò è più semplice in un paese ordinato, un popolo anarchico come noi italiani ce la farebbe? La domanda è comprensibile, e non è detto abbia una risposta positiva, ma gli italiani nelle emergenze sanno sorprendere se stessi. Il terzo pilastro è: «Test mirati, rapidi e precoci. Il KCDC è in grado di effettuare fino a 20mila test rapidi al giorno». In questo modo, chi ha sintomi viene testato a casa, e in caso di contagio viene curato in isolamento, per evitare che contagi la sua famiglia.
sanificazione in corea del sud
«Nessuno - spiega l'economista - è stato lasciato a casa a guarire da solo». Grazie a big dati e tracciamenti, e ovviamente rispettando consenso e privacy, la catena di contatti dei contagiati emerge molto bene, e così si interrompe la catena di nuovi contagi. Le preoccupazioni sulla privacy sarebbero risolte in questo caso dall'utilizzo esclusivamente sanitario dei dati, rigorosamente da parte di medici e ricercatori.
in corea del sud tutti con le mascherine
I risultati finora sono eccellenti: il tasso di letalità (che in Lombardia sale all'8%), in Corea è dello 0, 7%. In Italia, sfuggita la possibilità del tracciamento e del controllo precoce (dobbiamo ammettere che la risposta su questo non è stata adeguata né rapida), la chiusura è ora necessaria. Però, avvisa Sabatini, «c'è il rischio che, se non si tracciano i contagiati e la loro rete di contatti, al primo allentamento del lockdown l'epidemia riprenda a galoppare. Affiancare il sistema coreano al nostro lockdown aiuterebbe a conseguire risultati definitivi».
in corea del sud controlli anche drive in
L'Italia non è in grado di organizzare un tracciamento digitale usando smart data e app? Assolutamente falso. L'Italia poteva mettere in piedi un tracciamento del genere, ha le competenze per farlo. E' una decisione politica, per la quale sta spingendo molto Carlo Alberto Carnevale Maffè, della School of Management della Bocconi: «Senza cambiare i processi di testing e contact tracing a monte, imporre il lockdown al paese è non solo inutile, ma anche dannoso per salute ed economia. Dobbiamo ricominciare da capo, e imparare da chi ha fatto meglio di noi».
La Tech Review del Mit di Boston ha scritto che il modello è Singapore (molto simile alla Corea del sud, nella sostanza): azione precoce, tantissimi test, tracciamento digitale indefesso, capillare. «La risposta degli Stati Uniti finora è stata essenzialmente l'opposto», scrive la rivista de Mit. Studi che altri professori italiani, come Alfonso Fuggetta (informatica al Politecnico), stanno rilanciando. Chiudere l'Italia e auto-isolarci tutti è stato saggio ma, se non usiamo il cervello e le vere potenzialità digitali di questa epoca, potrebbe drammaticamente non bastare.
disinfestazione a daegu, in corea del sud, di fronte alla chiesa del gesu' shincheonji personale sanitario scorta un malato di coronavirus a cheongdo, corea del sud