Mario Ajello per “il Messaggero”
toninelli di maio aereo di stato
M5S miscela esplosiva. Gli strascichi della nuova alleanza con il Pd, le delusioni comprensive di voglia di vendetta di chi è rimasto fuori dal governo, la gestione delle alleanze locali condotta dall'alto con il solito verticismo che manda su tutte le furie l'ex movimento dell'uno vale uno e una sconfitta in Umbria che molti parlamentari grillini, nonostante l'accordo con i dem, danno per molto probabile. E sono pronti a metterla in conto a Di Maio.
gianluigi paragone si astiene dalla fiducia al conte bis 1
Tutto ciò, tra divisioni e venti di scissioni, rende il pianeta stellato un ventre molle che può pregiudicare l'esistenza del governo ma anche il futuro del movimento. Da più parti la voglia di strappo si continua registrare. Dal versante di quelli che al Senato e in chiave leghista - Gianluigi Paragone è la calamita, il Dibba da fuori è l'agitatore di tutti quelli che non si fidano del Pd e di Di Maio che si è fidato del Pd - ribollono e vogliono dare un segno forte dei loro umori e dal versante di quelli della Camera che non fanno che ripetere «o Luigi ci coinvolge di più o sarà peggio per lui».
SVELENIRE
Luigi, ovvero Di Maio, per svelenire il clima da frazionismo o da correntismo, sta pensando sempre di più a Toninelli presidente del gruppo al Senato. Basterà per placare la rivolta che riguarda un po' tutti in Parlamento - big come l'ex ministra Lezzi, come la sua ex pari grado Grillo e via dicendo - questo tentativo di pace da parte di un leader che qualcuno off record descrive con queste parole: «Luigi è a un passo dall'essere finito. Ci ha fatto dimezzare i voti, ci ha portato al fallimento del governo con la Lega e poi ha infilato solo i suoi protetti nell'esecutivo nuovo»? Se al Senato, dove i numeri della maggioranza sono risicati, la fronda dovesse concretizzarsi, saranno guai. Quanti potrebbero andarsene?
Ancora non si sa, ma basta un manipolo di malpancisti stellati per (al netto di contromosse dei responsabili centristi) mandare all'aria tutto: stabilità, governabilità, Conte. Nella confusione, le posizioni più varie e anche discordanti finiscono per sommarsi e rendere il tutto ancora più incerto. C'è Paragone che attacca Spadafora: «Democristianone».
GIULIA GRILLO TONINELLI LUIGI DI MAIO
C'è Luigi Gallo, vicinissimo a Fico, quindi teoricamente filo-dem e invece no, che non ha fatto il sottosegretario e che apertamente dice: «Io ho votato contro l'accordo con il Pd in Umbria». Quello su cui Di Maio si sta giocando l'osso del collo. E la Lezzi all'attacco: «Gli iscritti a Rousseau non hanno votato per un governo con dentro anche Leu e Renzi». Di più: «Non è accettabile sentir dire da alcuni di noi che, se la legislatura non dovesse finire alla scadenza naturale, regaleremmo il Paese a una destra populista e dannosa. Scherziamo? La legislatura deve andare avanti solo se ci saranno provvedimenti utili per i cittadini».
L'elezione del successore di D'Uva come presidente dei deputati sarà un altro momento molto delicato. Unica candidata ufficiale è Anna Macina che però è considerata vicina a Di Battista. Ma salgono le quotazioni dell'attuale vicecapogruppo, Francesco Silvestri e chi resterà a bocca asciutta non la prenderà affatto bene. Intanto Di Maio in trasferta a New York esclude scissioni: «Non nascerà alcun gruppo contro il governo e le sfumature interne sono il nostro punto di forza». E chissà se è realista o lunare.