Federico Capurso per “la Stampa”
LUIGI DI MAIO STEFANO PATUANELLI
Luigi Di Maio si è inabissato. Dalla sera del passo indietro da capo politico, ogni sua mossa all' interno del Movimento viene tenuta sottotraccia, le voci dello staff suonano ovattate, l' agenda è ristretta agli impegni istituzionali della Farnesina. Eppure - secondo quanto risulta a La Stampa - starebbero proseguendo quotidianamente i contatti telefonici e, quando possibile, le riunioni a stanza chiusa con il reggente, Vito Crimi. Di Maio vuole così preparare il cammino verso gli stati generali, ma anche tenere lontano Crimi dalla rete della fronda romana in Senato, capeggiata da Paola Taverna e Roberta Lombardi, che starebbe tentando di portarlo dalla sua parte.
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Prosegue, allo stesso tempo, lo sforzo di isolare la corrente di governisti filo-Pd che ha nel ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, il suo punto di riferimento. Ma questo è un doppio fronte che Di Maio vede ormai procedere allineato verso gli stati generali.
«Le due correnti stanno convergendo - ha detto, preoccupato, a chi gli è vicino -. Dobbiamo mostrargli che la nostra linea non cambia. Facciamo attenzione». Da entrambe le fazioni sono arrivate, nell’ultima settimana, spinte sempre più forti che mirano ad aprire il Movimento a possibili alleanze con il Pd alle prossime Regionali, soprattutto in Campania, Liguria e nelle Marche. Ma anche a prendere, più che la pedina di capo politico, la maggioranza delle poltrone nell'organo collegiale che si costituirà agli stati generali.
Due battaglie sulle quali le fronde interne potrebbero unire le forze e - per il ministro degli Esteri - le due correnti stanno già iniziando a collaborare. Per questo ha chiesto di dare segnali altrettanto forti. Così è arrivata per direttissima l'espulsione, per mano di Crimi, della consigliera comunale M5S che a Pesaro ha deciso di entrare nella giunta del sindaco Pd Matteo Ricci.
E pochi giorni prima, la stessa linea dura era stata tenuta per reagire a una «riunione carbonara», organizzata prima dell' assemblea congiunta dei parlamentari M5S. Un gruppo di deputati e senatori, provenienti da entrambe le fazioni, si sarebbe visto prima dell' assembla per preparare una raffica di interventi con cui spostare il tema della discussione sull' apertura al dialogo con i dem.
Ma anche per chiedere di rendere le riunioni "deliberanti" attraverso una modifica delle regole interne. In altre parole, per provare a imporre ai vertici il volere dei gruppi di Camera e Senato. Le truppe del leader, allertate, si sono però organizzate per opporre altrettante voci contrarie, stoppando anche le modifiche chieste.
La fronda dei governisti, agli occhi di Di Maio, è quella più pericolosa. Conta molti big del partito, come i ministri Riccardo Fraccaro e Federico D'Incà, ma è Patuanelli l'uomo nel mirino. Il ministro dello Sviluppo si è finora tenuto a prudente distanza da ogni partita interna, «altrimenti finisce nel tritacarne - dice velenoso il sottosegretario all' Interno Carlo Sibilia, considerato vicino a Di Maio -. Ma se questo rischio esiste, magari c'è anche una buona ragione.
GIANLUIGI PARAGONE CON ALESSANDRO DI BATTISTA E DUE ATTIVISTI A TIVOLI - DICEMBRE 2019
Se decide di ricevere al suo ministero Gianluigi Paragone, uno che abbiamo appena espulso, vuol dire che tutto a posto con Patuanelli non è». Anche con Taverna il rapporto è ridotto all'osso. «Luigi si sarebbe aspettato almeno una smentita», spiegano i fedelissimi dell'ex capo politico, dopo gli ultimi articoli pubblicati da questo giornale, in cui si delineavano i meccanismi con cui l' enclave di senatori romani sta provando a scalare il Movimento. Così anche Taverna finisce sul gradino più alto del podio, insieme a Patuanelli, tra i nemici di Di Maio. Motivo in più per unire le forze.