Fiorenza Sarzanini per il "Corriere della Sera"
CARDINALE TARCISIO BERTONEI beni dei Salesiani tornano al centro di un'inchiesta giudiziaria. Con una mossa a sorpresa il giudice di Roma ordina la riapertura del fascicolo sulla presunta truffa da oltre 100 milioni di euro subita dall'ordine religioso che si ispira a don Giovanni Bosco. Ripartono le verifiche e testimone chiave sarà il Segretario di Stato Tarcisio Bertone, che ha già chiesto di essere stato ascoltato con un'istanza presentata dall'avvocato Michele Gentiloni Silveri.
CARDINALE TARCISO BERTONE«Sono stato ingannato», aveva dichiarato. Adesso è pronto a consegnare «la prova di "mazzette" versate a un alto prelato affinché dichiarasse il falso» agevolando così la chiusura della controversia tra i nipoti del marchese Alessandro Gerini e la Fondazione che porta il suo nome, erede di tutti i beni poi confluiti nella Congregazione salesiana. Si tratta di una persona che lavora nella segreteria di Stato, che è stato stretto collaboratore dello stesso Bertone e ha partecipato a numerosi incontri che riguardavano proprio questa vicenda.
È stato scoperto grazie agli accertamenti condotti dalla gendarmeria vaticana.
La storia è ormai nota. Comincia nel 1990, quando la Fondazione - riconosciuta come ente ecclesiastico - eredita terreni, palazzi, opere d'arte che di fatto diventano patrimonio dei Salesiani. I nipoti impugnano il testamento e presentano ricorsi in sede civile e amministrativa. Nel 2007 compare sulla scena il faccendiere Carlo Moisè Silvera che si propone come rappresentante dei parenti del nobiluomo e propone all'economo dei Salesiani don Giovanni Battista Mazzali una mediazione.
A lui spetterà il 15 per cento del valore totale dei beni che una perizia fissa in 658 milioni di euro. Viene coinvolto anche il cardinale Bertone che si convince della necessità di chiudere l'accordo e caldeggia la soluzione. Alla trattativa partecipa anche l'avvocato milanese Riccardo Zanfagna e l'8 giugno 2007 il patto è siglato.
Dopo ben 22 anni la controversia appare conclusa, ma si tratta, appunto, di apparenza. La Congregazione rifiuta infatti di pagare la cifra pattuita, dunque Silvera decide di fare ricorso al Tribunale di Milano. E ottiene il sequestro dei beni dei Salesiani per 130 milioni di euro. L'iniziativa ha effetti eclatanti: sotto sigilli finisce la sede della direzione generale di Roma e il fondo Polaris aperto in Lussemburgo.
Don Mazzali presenta invece una denuncia alla Procura di Roma sostenendo di essere stato truffato. Il pubblico ministero indaga Silvera, Zanfagna e altri personaggi che nel corso degli ultimi anni hanno avuto un ruolo nella vicenda. Bertone consegna all'avvocato Gentiloni Silveri una lettera in cui lui stesso dichiara di essere stato ingannato. Ma non serve a nulla. Il 28 novembre scorso il giudice archivia l'indagine e smentisce la tesi dei Salesiani: non c'è stato alcun raggiro.
Qualche giorno fa, l'ennesimo colpo di scena. Gentiloni Silveri presenta un'istanza di riapertura del fascicolo elencando le nuove prove a disposizione. E svela l'identità dell'alto prelato che si sarebbe fatto corrompere da Silvera per ottenere un appuntamento proprio con Bertone e così convincerlo della propria buona fede.
Sono stati gli uomini della gendarmeria a individuarlo, dopo aver scoperto l'amicizia fra i due e il fatto che anche in un altro processo relativo a un'altra eredità il religioso è accusato di aver mentito per conto del faccendiere. Nella memoria depositata al giudice viene precisato che si tratta di una persona che ha incarichi di vertice all'interno della segreteria di Stato e tanto basta perché si decida di far partire nuovi accertamenti non escludendo di poter ipotizzare, oltre alla truffa, anche la corruzione.
«Si intende coinvolgere la figura del Segretario di Stato di sua Santità - scrive l'avvocato Gentiloni Silveri sollecitando l'interrogatorio di Bertone - oltre che per le necessità istruttorie del caso, anche per sottolineare la doverosa esigenza di fare ogni sforzo per accertare se sia conforme a giustizia o meno che l'enorme somma di cui si tratta debba essere sottratta a scopi benefici della Chiesa cattolica».