Alessandro Gilioli per http://espresso.repubblica.it/
Berlusconi con una delle prime immagini con dietro il simbolo di Forza Italia
È l’inizio di luglio del 1993. Due mesi dopo le monetine lanciate a Bettino Craxi al Raphaël. Una manciata di giorni prima dei suicidi eccellenti di Cagliari e Gardini, dello scioglimento della Democrazia Cristiana, delle bombe mafiose di Milano (via Palestro, 5 morti) e Roma (San Giovanni in Laterano, San Giorgio al Velabro).
Silvio Berlusconi fa una telefonata a Edoardo Teruzzi, il suo geometra di fiducia, quello che gli aveva costruito Milano 2: «Mi serve per settembre», gli dice.
Si riferisce alla ristrutturazione di un palazzo in viale Isonzo 25, a Milano, di proprietà Edilnord, quindi dello stesso Cavaliere. Sarà la prima sede nazionale di Forza Italia.
Mentre la Prima Repubblica crolla e lo Stato trema, Berlusconi sta creando il suo nuovo partito e ne prepara il quartier generale.
Il geometra Teruzzi deve rinunciare alle consuete vacanze a Clusone con la famiglia: resta in città per dare ordini ai muratori che sventrano pareti e cambiano pavimenti. Fino alle elezioni, sarà lì che si preparerà tutto.
Intanto parte anche l’operazione immagine: due signore abbronzate che si qualificano come impiegate Fininvest si presentano alle sedi milanesi di tre agenzie fotografiche (Olympia, De Bellis e Fotogramma) chiedendo di acquistare per sempre - e quindi togliere dal mercato - tutte le foto in cui il Cavaliere è venuto male.
Il 10 luglio, un sabato, alle 9,30 del mattino vengono convocati ad Arcore i cinque pezzi più grossi dell’azienda: Fedele Confalonieri, Marcello Dell’Utri, Adriano Galliani, Gianni Letta e Cesare Previti.
Berlusconi annuncia ai suoi maggiorenti la decisione di entrare in politica. In quella stessa settimana iniziano anche i cosiddetti “cenacoli”: il Cavaliere incontra imprenditori e dirigenti per preparare la discesa in campo.
Gli appuntamenti prendono il via a Roma, alla sala ricevimenti Villa dei Quintili, quattro ettari di parco sull’Appia Antica: ci sono tra gli altri Francesco Averna (quello dell’amaro), Gerardo Rubino (caffè Kimbo) e Gianfranco Carlone (pasta Molisana).
Il Cavaliere arriva, saluta e attacca: «Non vi ho invitato per parlare del Milan né di Publitalia, ma di un nuovo partito politico». Dopo un po’ di cene La Stampa riceve una soffiata e ne scrive, ma subito Berlusconi smentisce: «Sono solo iniziative culturali tra persone che credono nella famiglia, nel lavoro, nel risparmio e nella libertà di mercato».
Un partito? Macché, mente di nuovo il Cavaliere il giorno dopo a Repubblica: «Non abbiamo alcuna intenzione di fondarne uno. Ci sono state semplicemente cinque o sei cene private a casa di amici nelle quali in modo informale ci siamo detti di fare attenzione a quello che succede nel Paese».
Infine Berlusconi inganna anche un cronista del suo Giornale, Nanni Delbecchi: «Il “partito di Berlusconi” è l’ultima trovata di certa stampa», dice. «Né io né i miei collaboratori ci siamo mai sognati di entrare in politica».
La storia ufficiale di Forza Italia inizierà più di sei mesi dopo, con il famoso video da Arcore: «l’Italia è il Paese che amo», 26 gennaio 1994.
Ma il Berlusconi capopartito nasce in realtà nei giorni più caldi del luglio di 25 anni fa, mentre l’Italia brucia di arresti e bombe mafiose, mentre cadono a uno a uno gli storici referenti di Fininvest nella Dc e nel Psi, mentre si conferma «il fondato pericolo che si crei una situazione ostile ai nostri interessi che ci costringa a scendere sul terreno politico» (parole del Cavaliere ai vertici della Mondadori, invitati ad Arcore appena caduto il governo Amato, ancor prima della telefonata al geometra Teruzzi).
È così che inizia il quarto di secolo berlusconiano. E appena il palazzo di viale Isonzo è pronto, Edilnord lo cede in comodato d’uso a una nuova società creata per agevolare l’ingresso di Berlusconi in politica: la Diakron di Mario Valducci e Gianni Pilo, due dirigenti Fininvest formalmente licenziatisi dal gruppo per svolgere il nuovo compito.
Valducci e Pilo sono i primi a trasferirsi da Milano 2 a viale Isonzo: il primo si occupa di conti (poi farà a lungo il deputato e il sottosegretario); il secondo inizia la raffica di sondaggi più o meno farlocchi che il Cavaliere cavalcherà per arrivare a Palazzo Chigi.
Dopo le cene di luglio, a fine estate, è il momento dei pranzi ad Arcore, per esporre il piano ai maggiori esponenti dell’informazione Fininvest: Giuliano Ferrara, Maurizio Costanzo, Paolo Liguori, Gigi Vesigna, Andrea Monti, Nini Briglia, Enrico Mentana ed Emilio Fede, oltre naturalmente ai vertici dell’azienda, da Dell’Utri a Confalonieri, da Letta a Galliani.
Nel primo di questi incontri, Berlusconi spiega il suo progetto politico «a disposizione del quale voglio mettere la mia capacità organizzativa», dice. Letta, Confalonieri e Mentana non nascondono le loro perplessità; Ferrara, Fede e Dell’Utri sono invece favorevoli.
Ed è proprio quest’ultimo il più entusiasta, nominato capo operativo sul campo. Allora Dell’Utri è infatti il numero 1 di Publitalia ‘80, la concessionaria di pubblicità Fininvest, dotata di una rete capillare di venditori di spot: insomma, una grande macchina organizzativa sul territorio («diabolica e modernissima», la definisce entusiasta Vittorio Sgarbi), compattata da un forte senso di squadra, a sua volta irrobustito e celebrato a ogni annuale convention.
silvio berlusconi licia ronzulli francesca pascale
Durante una di queste - quella del ‘94, a vittoria ottenuta - lo stesso Dell’Utri ringrazierà i suoi uomini rivendicando orgoglioso il suo e il loro operato: «Forza Italia è figlia nostra, l’abbiamo creata noi!», e giù un mare di applausi che fanno tremare i muri dell’Auditorium Hotel Loews di Montecarlo, tra il casinò e il mare.
Già: sono quelli di Publitalia a creare i “club” e i “kit”, quell’estate, sono loro a selezionare i volti televisivi e i candidati.
Loro, capitanati dallo stesso Dell’Utri e dal suo luogotenente Domenico Lo Jucco, uno dei primi a prendere possesso di un ufficio al terzo piano della sede a viale Isonzo, nel settembre del ‘93, quando ancora l’Italia ignora cosa sta preparando Berlusconi.
Molti di loro nel ‘94 passano direttamente da Publitalia al Parlamento o al governo, fino a diventare per decenni volti noti della politica: come Micciché, Galan, Martusciello.
FOTOMONTAGGIO - BERLUSCONI VERSIONE PAPA
Il loro capo, Dell’Utri, invece vuole diventare “coordinatore ufficiale” - insomma il segretario del nuovo partito - ma la nomina sfuma in fretta: già allora è sotto inchiesta (false fatture e frode fiscale) ma soprattutto è indagato in Sicilia per mafia (e ci vorranno vent’anni esatti perché si arrivi alla condanna definitiva per complicità con quella stessa Cosa Nostra che nel luglio del ‘93 metteva il suo esplosivo a Milano e a Roma).
Curiosamente, la carica di coordinatore della neonata Forza Italia va allora a Cesare Previti, avvocato vicinissimo al Cavaliere da molti anni, l’uomo grazie al quale nel 1973 si era comprato a un prezzo di favore villa Certosa.
Nel ‘93 Previti ha ancora la fedina penale pulita, ma nel 2006 finirà anche lui in galera: corruzione in atti giudiziari, condanna confermata in Cassazione con interdizione a vita dai pubblici uffici.
Questo è l’inizio della storia di Forza Italia. Che non può essere ridotta solo a vicenda criminale, certo, eppure a questa s’intreccia: quello nato nel luglio del 1993 - mentre venivano arrestati i referenti politici di Berlusconi e mentre scoppiavano le bombe messe dai referenti mafiosi di Dell’Utri - è l’unico partito di sempre i cui tre cofondatori sono poi stati tutti condannati con pene definitive - e tutti passati per il carcere o altre pene alternative.
E fino a pochi giorni fa Dell’Utri - ora ai domiciliari per motivi di salute - era ancora a Rebibbia.
Vale la pena di ricordarlo anche adesso, che dopo cinque lustri la parabola personale di Berlusconi si è conclusa. Per rispetto della verità storica, cioè della memoria: senza la quale non si potrà mai capire il presente, né intravedere un futuro più decente.