Claudio Tito per la Repubblica
giuseppe conte sergio mattarella 1
La verifica di governo è iniziata ieri. È iniziata con una prima comunicazione. Quella di Giuseppe Conte al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Un momento non formale, segnato da preoccupazioni e allarmi. E soprattutto dal timore che tutto si avviti in una spirale senza controllo. Perché questa è ormai ufficialmente la fase più difficile del governo giallorosso.
Il presidente del consiglio ha allora informato il Quirinale di quanto la tensione abbia raggiunto picchi non previsti annunciando che la prossima settimana darà il via al chiarimento. Ossia ad un «confronto per fare chiarezza sulle varie posizioni e istanze nel segno di una maggiore franchezza e trasparenza di rapporti».
Del resto, anche sul Colle seguono con una certa apprensione la battaglia che si è scatenata tra le forze della maggioranza. Conte nelle prossime ore farà quello che sperava di non dover fare: contattare tutti i leader delle forze che sostengono il governo per concordare incontri bilaterali e poi collegiali.
Prende atto della situazione. I cui nodi, al momento, si presentano inestricabili. E le soluzioni senza pronostico. Le distanze sulle possibili mediazioni sono polarizzate. Il premier e la parte del Pd che ha incarichi nell' esecutivo puntano su minimi o zero ritocchi alla "squadra" e alla sostanziale riscrittura del famigerato decreto sulla task force per la gestione del Recovery Fund.
L' altra parte dei Dem vuole il rimpasto almeno per un paio di "staffette" interne. Matteo Renzi scommette su un nuovo esecutivo con un nuovo presidente del Consiglio. L' M5S, come al solito, è dilaniato tra correnti e fazioni che a questo punto si coagulano in due macroaree: chi è contro Di Maio e chi a suo favore.
GIUSEPPE CONTE MATTEO RENZI - BY GIANBOY
In questo quadro si inseriscono alcuni tasselli che il Quirinale non considera certo secondari. A partire dalla composizione ministeriale. Cambiare alcuni dicasteri-chiave come Esteri, Tesoro, Difesa, Interni e Salute viene considerato un azzardo. E già questo colloca il "chiarimento" su un binario più ristretto, forse a scartamento ridotto. Il rimpasto si trasformerebbe in una tartina. E poi chi glielo dice a Renzi che non può prendere il posto di Lorenzo Guerini alla Difesa con l' obiettivo di scalare la vetta della Segreteria Generale della Nato?
A Conte è stata sottoposta un' altra opzione, che in molti definiscono "minimalista". Nominare solo due vicepresidenti del consiglio, uno del Pd e uno grillino. Ma anche questa corsa parte in salita. Primo: Conte non ne vuole sapere, sente odore di commissariamento. Sarebbe anche difficile non affidare a uno dei due vice la preziosa delega per i Servizi Segreti. Secondo: Renzi, ossia colui che sta aprendo la crisi, ne uscirebbe senza alcun vantaggio. Poco plausibile. Terzo: servirebbe una "piccola" modifica alla legge 195 del 2009. Quella che stabilisce che i componenti un esecutivo non possono essere più di 65. E quelli attuali sono già 65. Non esattamente una bella figura mentre il Paese lotta con il Covid.
MURALES A MILANO – MATTEO RENZI E MATTEO SALVINI ACCOLTELLANO GIUSEPPE CONTE GIULIO CESARE
L' insieme di questi fattori, però, fa capire quanto questa crisi politica possa trasformarsi in crisi istituzionale. Una sorta di entropia: tutto agisce per generare ulteriore confusione. Esattamente il timore che agita il Quirinale. Perchè in un clima del genere, tutto può accadere.
Nel taccuino di Conte c' è anche un' altra formula del passato: crisi pilotata. Ossia dimettersi dopo aver stretto un' intesa per un suo "gabinetto ter". Un "rimpastone". Ma ci sarebbe bisogno di qualcuno capace di prendere il bandolo della matassa. E al momento quel "qualcuno" non si è ancora materializzato.
giuseppe conte sergio mattarella
C' è anche chi suggerisce al premier di "parlamentarizzare" la crisi.
Presentarsi alle Camere, dopo aver messo in sicurezza i conti dello Stato con la Legge di Bilancio, illustrare un nuovo programma che porta fino al 2023, eliminare dal campo il progetto della Task Force per il recovery e quindi chiedere un palingenetico voto di fiducia. Un' ipotesi che Palazzo Chigi valuta, ma dopo aver capito l' esito dei colloqui della prossima settimana. Potrebbe essere la mossa per uscire dall' impasse prima che tutto precipiti. Ma senza un patto preventivo sarebbe comunque rischiosa: l' esito negativo porterebbe non solo alle dimissioni ma anche all' esclusione di un eventuale terzo incarico.
In questo paradossale gioco dell' oca, tutti quindi ritornano ogni volta al punto di partenza. E in quella casella c' è sempre Renzi. Perchè è lui che deve decidere se compiere lo strappo finale. Tutti i protagonisti iscritti in questo tabellone, si pongono costantemente la stessa domanda: rompe o non rompe? Le dichiarazioni fatte ieri da Salvini, che si dichiara pronto a sostenere un governo elettorale, hanno rafforzato le paure di chi pensa che a fine dicembre l' ex premier farà comunque saltare il banco.
Non chiedere le elezioni, infatti, equivale a dire: Renzi non ti preoccupare, se apri la crisi anche noi dell' opposizione non chiederemo le urne. Per questo, nelle ultime ore si è animato il borsino del toto-premier. È lo stesso leader di Italia Viva a eccitarlo nelle sue conversazioni riservate. E i nomi sono sempre gli stessi: Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti. Ossia i capi dei due principali partiti della coalizione. Ma il percorso che porta alla sostituzione del premier è molto impervio.
Anche in questo caso si ritorna alla casella di partenza ma con la pedina del Quirinale. Perché Mattarella ricorda che nell' estate del 2019 lui aveva già pronto il decreto di scioglimento delle Camere. Diede una settimana per comporre il quadro e si arrivò al Conte 2. Adesso darebbe al massimo 48 ore. Non tante per costruire un nuovo equilibrio politico all' interno di un Parlamento frantumato. Uno spiraglio, però, per evitare in extremis di indire i comizi elettorali durante la pandemia, la presidenza italiana del G20 e il deposito dei progetti per il NextGenerationEu. Ma l' interrogativo ogni volta si ripropone: chi guida la verifica o eventualmente la crisi?
Perché, come ammoniva una pubblicità di qualche anno fa, la potenza è nulla senza controllo. E senza controllo in politica c' è il caos. O peggio la crisi delle Istituzioni. E a quel punto ogni esito diventerebbe ancora più imprevedibile.
di maio zingaretti conte LUIGI DI MAIO NICOLA ZINGARETTI BY EDOARDOBARALDI ZINGARETTI - CONTE - DI MAIO conte mattarella