COMUNIONE E FATTURAZIONE - PIÙ CHE UN “MEDIATORE” O UN “LOBBISTA”, PIERANGELO DACCÒ ERA L’INGRANAGGIO FONDAMENTALE DEL SISTEMA DI DISTRIBUZIONE/RETRIBUZIONE DELLA SANITÀ PRIVATA LÙMBARD: “PER QUESTO NON MERITA LE ATTENUANTI GENERICHE” (CHIESTI 5 ANNI E 6 MESI) - RIMBORSI ‘FACILITATI’ E FATTURE FALSE PER ALIMENTARE I FONDI NERI: IN 7 ANNI SI È INTASCATO “5 DEI CIRCA 50 MLN € DISTRATTI DALLE CASSE DEL SAN RAFFAELE A SPESE DELLA COLLETTIVITÀ”…

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Paolo Colonnello per "la Stampa"

PIERANGELO DACCO'PIERANGELO DACCO'

Un lavoro che non conosceva soste quello del «facilitatore» Pierangelo Daccò: in 7 anni, spiega il pm Luigi Orsi che ieri ne ha chiesto la condanna, si è intascato «5 dei circa 50 milioni distratti dalle casse del San Raffaele, commettendo un danno di grave entità patrimoniale, ai danni di una fondazione che gestisce il bene primario della salute e a spese della collettività».

Roberto Formigoni ospite a bordo dello yacht di Piero DaccoRoberto Formigoni ospite a bordo dello yacht di Piero Dacco

Da una parte impegnato per fare ottenere i rimborsi regionali alla Fondazione Maugeri, facendoli lievitare di anno in anno fino a renderli fondamentali nei bilanci delle cliniche private pavesi, dall'altra occupato ad alimentare la riserva di fondi neri per l'ospedale del reverendissimo don Luigi Verzè con il trucco delle fatture false e delle «retrocessioni» sul costo, gonfiato, dei lavori di ampliamento e ristrutturazione dell'ospedale di Segrate.

Più che un «mediatore» o un «lobbista», alla fine Daccò, in carcere dal novembre scorso, secondo la Procura era diventato l'ingranaggio fondamentale del sistema criminale di distribuzione/retribuzione della sanità privata in Lombardia. Ottenendone in cambio, ovviamente, ricchissime commesse di cui adesso inizia a pagare il conto. «Per questo aggiunge il pm - non merita le attenuanti generiche».

ROBERTO FORMIGONIROBERTO FORMIGONI LUIGI ORSILUIGI ORSI

La richiesta dell'accusa per il faccendiere si attesta su una condanna a 5 anni e 6 mesi di reclusione, partita però da una pena base edittale più alta di almeno due anni, nell'ambito del processo per rito abbreviato sui fondi neri del San Raffaele che vede imputato anche l'imprenditore Andrea Bezzicheri per il quale è stata chiesta una condanna a tre anni. Richieste di pena già scontatate di un terzo per effetto del rito abbreviato. Il gup Maria Cristina Mannocci, d'innanzi alla quale si è svolta l'udienza, deciderà il 5 luglio.

Le accuse per Daccò vanno dal concorso in bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere finalizzata a frodi fiscali, appropriazione indebita e frodi di beni. Secondo il pm, Daccò anche per l'ospedale di don Verzè era il personaggio chiave per alimentare le riserve di fondi extracontabili con i quali il defunto fondatore e gli uomini a lui più vicini, come il vicepresidente Mario Cal, suicidatosi nel luglio scorso, alimentavo i loro sogni di ricchezza personale e di bislacchi investimenti in giro per il mondo.

Mario Valsecchi Mario ValsecchiMario CalMario Cal

Non a caso, secondo la ricostruzione del pm, l'organizzazione criminale di cui ora è accusato Daccò, «era stata promossa da Cal». E' proprio indagando sul default dell'ospedale di don Verzè che si arriverà alla ragnatela di conti esteri di Daccò alimentata, per una somma complessiva di oltre 70 milioni di euro, anche dalle rimesse della Fondazione Maugeri sui fondi regionali. Difficile dunque la difesa del «mediatore», rappresentata dall'avvocato Giampiero Biancolella, che ieri ha sostenuto l'inconsapevolezza del suo cliente circa la situazione di bancarotta del San Raffaele e l'assenza di prove per la complicità nelle false fatturazioni.

Don VerzeDon Verze

Di quanto fosse «consapevole» Daccò ne parlano chiaramente l'ex direttore amministrativo della Fondazione San Raffaele, Mario Valsecchi e l'ex responsabile della sicurezza Danilo Donati. Racconta Valsecchi: «Era circostanza nota, all'interno dell'ospedale che venissero pagate delle fatture in eccesso....E che a ritirare i soldi, per poi consegnarli a Cal, era Daccò che disponeva di una liquidità anomala...». Aggiunge Donati: «I soldi sovraffatturati venivano retrocessi con pagamenti in Svizzera a dei commercialisti che erano stati indicati loro da Piero Daccò e da Cal stesso. Tali pagamenti avvenivano in contanti...».

E' grave, conclude il pm Orsi, che dall'accusa di appropriazione indebita siano «gemmati ulteriori reati legati alle false fatture e alla doppia contabilità». Resa più fluida proprio da Daccò che «disponeva di un'importante struttura internazionale per canalizzare i soldi distratti in maniera occulta».

 

 

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