Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”
Soldi, massoneria, politica, raccomandazioni e molto altro. Nelle dichiarazioni rese da Denis Verdini […] alla Procura di Perugia, ma anche nelle sue chat e nei suoi appunti […], c'è tutto questo. Documentazione che offre diverse retroscena dell'epoca d'oro del governo Renzi e racconta come l'ex numero due di Forza Italia abbia garantito con il suo partitino, Ala (Alleanza liberalpopolare-autonomie), […] la permanenza del fu Rottamatore a Palazzo Chigi per i famosi mille giorni.
Il procuratore Raffaele Cantone il 28 ottobre 2021 ha domandato a Verdini se avesse mai fatto parte della loggia deviata Ungheria (la cui esistenza è stata denunciata dal faccendiere Piero Amara), un sospetto per cui Denis era stato iscritto sul registro degli indagati per violazione della legge Anselmi sulle associazioni segrete (ma, nel 2022, la Procura ha chiesto l'archiviazione).
E lui ha risposto: «Lo escludo categoricamente. Amara non me ne ha mai parlato. La voce della mia appartenenza alla massoneria venne messa in giro durante la campagna elettorale del Mugello del senatore Antonio Di Pietro (nel 1996, ndr). Fu addirittura il Presidente Cossiga (Francesco, ndr), forse per scherzo, a fare una dichiarazione in tal senso. Io, tuttavia, sono lontano per cultura da qualsiasi loggia massonica».
Leggere le parole di Verdini, i suoi promemoria, i suoi messaggi, è un po' come aprire la scatola nera del Renzismo allo zenith. Un governo, quello del senatore di Riad, nel cui sottoscala si muovevano a proprio agio faccendieri dello spessore di Amara, che avevano rapporti con uomini vicinissimi al premier, come Luca Lotti o Andrea Bacci, ma anche, en-passant, con Tiziano Renzi. Un'allegra brigata che frequentava la Capitale per fare politica, ma anche per organizzare affari, decidere nomine e intessere rapporti.
Nel suo verbale Verdini riassume con i magistrati la breve parabola di quella stagione: «La conoscenza con l'avvocato Amara inizia nel 2014. Per comprendere l'origine di tale rapporto devo fare una premessa relativa alla mia storia politica ea quella della costituzione del movimento Ala.
Nell'anno 2013, a distanza di quindici giorni dall'espulsione di Silvio Berlusconi dal Senato, l'8 dicembre, venne nominato segretario del Pd Matteo Renzi. Dopo poco venne stipulato il cosiddetto Patto del Nazareno. Con tale accordo nasce di fatto il governo presieduto da Renzi. La gestione di tale fase venne affidata per il centrodestra a Berlusconi, Letta e io, mentre per il centrosinistra vi erano Renzi, Guerini (Lorenzo, ndr) e Lotti. L'accordo e le trattative riguardavano le riforme da portare a termine nell'interesse del Paese».
Il «macellaio», come lo ha soprannominato qualcuno, con i pm, specifica: «Dopo il venir meno del Patto del Nazareno, io, che ritenevo quello un grave errore di Berlusconi, creai il gruppo politico di Ala». E aggiunge: «Io non frequentavo Palazzo Chigi, io frequentavo il Nazareno».
[…] Il resoconto di Verdini tocca anche la delicata questione delle poltrone delle partecipate: «Dopo la costituzione del governo vennero effettuate delle trattative per la nomina dei vertici delle grandi società di Stato. Le nomine che occorreva rinnovare erano state fatte in passato dal governo Berlusconi. Io partecipai a varie riunioni per mediare […]. Dopo gli incontri tra le varie forze, io mi recavo al mio partito, essendo all'epoca coordinatore di Forza Italia, e riferivo quale era l'orientamento che era emerso.
Berlusconi incontra Renzi, Patto Nazareno del 2014
All'Eni, Berlusconi voleva che venisse riconfermato Paolo Scaroni, mentre Renzi puntava su Claudio Descalzi, che venne effettivamente nominato. Saverio Romano […] mi disse che doveva presentarmi un professionista che aveva un peso nel mondo Eni».
Ed ecco che spunta l'avvocato Amara, con tutte le conseguenze del caso. L'ex legale (è stato radiato dall'ordine), quando iniziano i suoi problemi giudiziari, per dimostrare l'esistenza della loggia e il proprio potere di influenza cerca di convincere Verdini a reggergli il gioco nelle sue accuse contro i vertici dell'Eni , in particolare contro Descalzi e Claudio Granata, che a Milano la Procura ha ritenuto vittime di calunnia.
[…] Verdini, a Perugia, ha riferito di aver incontrato due volte Amara dopo che costui aveva iniziato a rendere dichiarazioni ai pubblici ministeri di Roma, Milano e Messina: «[…] Amara disse che poteva ritrattare le sue dichiarazioni, ma io, in cambio, avrei dovuto dichiarare che lui era intervenuto per la nomina di Descalzi e che aveva fatto da tramite tra me e Granata. Io rifiutai di rendere tali false dichiarazioni. Faccio presente che nel primo incontro lui non aveva indicato tali condizioni per ritrattare. Aveva semplicemente ipotizzato che venissi sentito nell'ambito di investigazioni difensive.
A questo punto secondo me nasce l'avversione nei miei confronti di Amara. A mio avviso, tale rifiuto ha indotto Amara ad indicarmi come uno dei vertici della loggia segreta».
[…] Anche nelle sue annotazioni Verdini prova a immaginare perché Amara abbia «buttato lì» il suo nome come appartenente all'Ungheria, dandosi, tra le altre, anche questa risposta: «Che era credibile per la mia “notorietà negativa”». […]
TOMMASO E DENIS VERDINI AL FUNERALE DI SILVIO BERLUSCONI
[…] Con i magistrati l'ex fondatore di Ala ha specificato: «Prima della nomina di Descalzi nessuno aveva avuto modo di interloquire su tali nomine […]. Come ho già detto è falso completamente quanto riferisce Amara in merito ad un suo intervento per la nomina di Descalzi. […]
Mi fece intendere che secondo i vertici dell'Eni ero stato io a favorire la nomina in oggetto. Io gli dissi che tale circostanza non rispondeva al vero e che Descalzi era stato scelto non per merito mio».
Il 3 giugno 2020, sentito come testimone a Milano, Verdini aveva già detto: «lo risposi loro che non avevo fatto assolutamente nulla in quanto nei tavoli […] ascoltavo […] e non avevo potere decisionale , anche perché il Nazareno era un tavolo di trattativa sulle riforme e non sulle nomine».
Sui fogli intestati del quotidiano Il Tempo Verdini riflette anche su che cosa potrebbe aver causato il fraintendimento ei conseguenti salamelecchi. E arriva a questa conclusione: avrebbe fatto l'errore di comunicare a Romano la possibilità di far incontrare Descalzi a Londra con Renzi e questa informazione, forse, potrebbe essere stata utilizzata da Amara & C. per farsi belli.
A un certo punto, assediato dalle bugie del faccendiere siracusano, Verdini è sbottato davanti ai magistrati: «Se leggete le mie chat, troverete la soluzione di tutto. Vi autorizzo a leggerle e ad utilizzarle».
angelino alfano denis verdini funerali di paolo bonaiuti
Queste coprono un periodo che va dall'ottobre 2014 al dicembre 2016, dati della caduta del governo Renzi. Il fantomatico intervento per la nomina di Descalzi sembra trasformarsi nell'occasione per mettere in piedi un business esotico che coinvolgeva pezzi della maggioranza di governo e nella fattispecie Verdini e Romano: «Amara mi propone di importare dell'olio di palma».
Prodotto che avrebbe dovuto «sostituire il petrolio nelle centrali di Gela e Venezia», raffinerie dell'Eni. «Ricordo che in vista dell'organizzazione […], ci recammo a Dubai io, Amara, Saverio Romano, mio figlio ed il figlio di Romano. In tale località verificammo la possibilità di portare a termine l'affare, consistente nell'acquisto di olio di palma da una compagnia (indonesiana, ndr) che aveva il monopolio mondiale di tale prodotto. Tuttavia, l'affare non andò in porto. Non aprimmo alcun conto a Dubai».
Infatti, Denis, per non «invischiare» il figlio, e pregiudicare la propria posizione giudiziaria, si sarebbe opposto al progetto, «sebbene tutto fosse regolare». […]
«Dopo la vicenda di Dubai, Amara venne da me e mi disse che aveva costituito una società in Slovenia e che la stessa funzionava. Non escludo che poi effettivamente qualche operazione sia stata fatta. Un certo punto. affermò che io e Romano eravamo per lui dei soci, almeno dal punto di vista ideale. Ricordo che consegnò delle somme di denaro ai dipendenti di Ala e giustificò tali erogazioni in due modi. Affermò che tali impiegati lo aiutavano nel fornirgli la rassegna stampa e che la somma che lui aveva erogato proveniva dai suoi guadagni con la società slovena».
[…] Negli appunti sono riportati anche delle cifre: «Portò per alcune volte dei soldi, non ricordo gli importi, ma stimo 50/70». Alla domanda «e Saverio?» di Verdini, Amara avrebbe replicato: «A lui ci penso io». […]
Verdini, quindi, descrive Amara come un uomo alla continua e spasmodica ricerca di appoggi per interventi in nomine e in procedimenti giudiziari e che menava vanto di tali attività. L'ex senatore ha raccontato che Amara gli parlava con insistenza dell'attuale ministro dell'Interno Matteo Piantedosi e che, in un'occasione lo avrebbe incontrato a cena a casa di Amara.
Nel memoriale aveva scritto: «Mi ha invitato decine di volte agli incontri a casa sua e in altri luoghi. Io sono andato una volta a casa, dove ho incontrato Piantedosi». Però, l'indagato, con i magistrati aveva inizialmente negato quella faccia a faccia: «Amara mi fece il nome di Piantedosi e mi propone di parlarci. lo, nonostante le insistenze, non lo incontrai, sebbene Amara volesse che io lo vedessi. Piantedosi all'epoca era in disgrazia nell'ambito del ministero. Probabilmente Amara aveva dei rapporti con Piantedosi, ma io non so di che natura».
A quel punto gli inquirenti gli avevano contestato che nelle sue note aveva ammesso l'incontro e allora Verdini è tornato sui propri passi: «Sì, effettivamente sugli appunti che mi sono stati sequestrati è scritto che ho incontrato Piantedosi. Al momento non lo ricordavo, ma se l'ho scritto è vero. Piantedosi, come ho detto, non era valorizzato e, per quello che ricordo, voleva un'occasione per parlare con il ministro (all'epoca il capo del Viminale era Angelino Alfano, ndr)».
Qualche settimana prima il pm Mario Formisano ad Amara aveva chiesto: «Si è interessato alla carriera professionale del prefetto Piantedosi?». E il faccendiere aveva replicato: «Certo! Lui aveva due aspirazioni, una è fare il capo dei Servizi, ebbe un incontro insieme a me, Denis Verdini, […] proprio a casa mia. Poi voleva diventare capo della Polizia».
denis e francesca verdini foto barillari
Il politico toscano ha fatto riferimento anche a uno dei fratelli dell'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone: «Amara mi propone nel frattempo di partecipare a numerosi incontri e pranzi. Io gli dissi che non doveva coinvolgermi in operazioni poco chiare […]. Mentre lui si adoperava per trovarmi una fideiussione, […] mi contattò e mi invitò a salire in uno studio. Salii in questo studio, che si trova vicino l'ambasciata americana, e vi trovai un uomo che mi fu presentato come il fratello del dottor Pignatone. Dopo aver parlato con tale professionista, Amara mi disse: "Vedi con chi ho contatti? Sono una persona seria, che lavora con gente rispettabile." Amara mi disse che Roberto Pignatone era un suo consulente. Parlammo circa cinque minuti. Fu solo una presentazione».
L'incontro trova conferma nelle annotazioni di Verdini […]: «Una volta in ufficio mi ha presentato il fratello di Pignatone dicendomi che lavorava con lui e per lui. Questo perché gli dicevo che non volevo pasticci». E il fratello di Pignatone doveva fungere da garanzia. I magistrati hanno chiesto a Verdini se Amara avesse fatto delle donazioni ad Ala e la risposta è stata affermativa: «[…] probabilmente […] ha fatto donazioni di importo modesto. Mi presentò diversi politici e imprenditori […]. Questi ultimi facevano offerte di denaro per sostenere il movimento, ma io le ho sempre rifiutate». In sostanza nella storia di Ungheria, la fantomatica loggia che sembra non sia mai esistita, c'era un po' di tutto, meno che i grembiulini ei compassi.