Estratto da open.online
A tre anni di distanza dall’inizio della pandemia da Covid-19, la Procura di Bergamo ha chiuso l’indagine sulla gestione della prima ondata. E ad essere indagati sono molti nomi eccellenti protagonisti di quella drammatica e conclusa fase della vita pubblica italiana – sia a livello nazionale che regionale.
La Guardia di Finanza ha avviato le notifiche degli avvisi di garanzia per i reati di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio a carico di 19 indagati. Tra questi ci sono anche l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e l’ex ministro della Salute Roberto Speranza, il presidente appena riconfermato della Lombardia Attilio Fontana e il suo ex assessore al Welfare, Giulio Gallera. Ma anche i consulenti scientifici principali del governo: il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro; il coordinatore del primo Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo; l’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e il presidente del Consiglio superiore di Sanità Franco Locatelli. E poi ancora diversi dirigenti chiave del ministero della Salute, alcuni dei quali tuttora nel pieno delle loro funzioni.
giuseppe conte roberto speranza
I reati contestati
Per Conte e Speranza, in particolare, i pm contestano i reati di epidemia colposa aggravata e omicidio colposo plurimo. Per l’ex ministro Speranza, anche quello di rifiuto di atti di ufficio. La procura di Bergamo si prepara per loro a trasmettere gli atti al Tribunale dei ministri. L’inchiesta, condotta da un pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Maria Cristina Rota e dagli investigatori della Guardia di finanza, riguarda tra l’altro il mancato aggiornamento e la mancata attuazione dei piani pandemici a livello nazionale e regionale, ma anche la rinuncia a istituire alla fine di febbraio 2020 la zona rossa nei Comuni di Alzano lombardo e Nembro.
E’ IL FOCOLAIO PIU’ GRAVE
giuseppe conte roberto speranza
Estratto dall’articolo di Armando Di Landro per corriere.it
Al di là dell’inchiesta della Procura di Bergamo che da mercoledì coinvolge anche l’ex premier Giuseppe Conte e il governatore lombardo Attilio Fontana, ci sono fatti e numeri che raccontano in modo chiaro quanto fu devastante l’epidemia da Covid a Bergamo e in Val Seriana. E come fu gestita.
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La mail alla Regione
giuseppe conte roberto speranza
Il 28 febbraio il consulente dell’Iss Stefano Merler (ricostruiscono le carte dell’inchiesta) scrive in una mail alla Regione Lombardia che il focolaio di Bergamo sta per superare, quanto a gravità, quello lodigiano. I numeri preoccupano e, per di più, Alzano ha anche un ospedale, dove i primi contagiati sono già spuntati il 22 e il 23 febbraio e dove ci sono molti pazienti con sintomi della polmonite bilaterale interstiziale, pur senza tampone.
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Il confronto su una possibile chiusura in realtà non decolla mai. Non ne sono convinti i sindaci dei due Comuni, dove la concentrazione di aziende note anche a livello internazionale è alta. Regione e governo restano alla finestra, ancora in quei giorni Confindustria Bergamo lancia il video #Bergamoisrunning, «messaggio ai nostri partner». Poi si scuserà. La svolta sembra arrivare il 3 marzo, quando a intervenire è il Comitato tecnico scientifico che presenta al governo una nota sui due paesi della Val Seriana: «In merito il Comitato propone di adottare le opportune misure restrittive già adottate nei Comuni della zona rossa al fine di limitare la diffusione dell’infezione nelle aree contigue».
La riunione
Ma non arriva nessuna decisione, nonostante il 4 marzo, durante un incontro in Regione Lombardia, il ministro Roberto Speranza e il governatore Attilio Fontana vengano informati con chiarezza della situazione, come rivela un audio pubblicato dal Corriere nel 2020: è Danilo Cereda, tecnico e matematico ingaggiato da Palazzo Lombardia, a spiegare che quello di Bergamo è ormai il focolaio più grave. Il governo chiede ulteriori chiarimenti, il Cts tenta di insistere. E la zona rossa sembra ormai una partita sbloccata quando da Roma partono i radiomessaggi per un concentramento di forze destinato alla Val Seriana, alle chiusure. Ma non sarà così, nella notte tra il 7 e l’8 marzo il premier Conte punterà su un decreto più generalizzato per la Lombardia e, in Italia, per università, scuole, teatri, cinema.
La bozza e i numeri
SILVIO BRUSAFERRO FRANCO LOCATELLI
Le indagini hanno consentito ai pm di Bergamo di acquisire migliaia di pagine di documentazione. Secondo alcuni atti Conte era stato informato della gravità della situazione a Nembro e Alzano già il 2 marzo. E proprio in quei giorni Speranza aveva firmato una bozza di decreto per imporre la zona rossa. Senza avere grandi riscontri dal resto del governo. Ben presto non era mancata la polemica tra Regione ed esecutivo su chi avrebbe dovuto chiudere la Val Seriana. Responsabilità politiche? O anche penali? Lo dirà l’inchiesta. I numeri, però, restano un fatto: in tutta la provincia di Bergamo 5 mila e 100 morti in più a marzo, mille in più ad aprile, contro medie mensili che solitamente si fermavano a 800.
giuseppe conte roberto speranza.