Alberto Mattioli per “La Stampa”
L'avvocato del popolo c'è. La notizia è che forse c'è anche il popolo dell'avvocato. Dopo il passaggio al Meeting ciellino, Giuseppe Conte resta in zona e va al mercato di Rimini a fare campagna per le amministrative.
Qui il Movimento sostiene Gloria Lisi, per dieci anni vice del sindaco uscente piddino, perché «non siamo riusciti a concludere un dialogo con l'amministrazione uscente. Il nostro è un progetto concorrente ma che si colloca sempre nell'area del centrosinistra», spiega lui. Politichese a parte, l'esperimento è interessante perché in fin dei conti è la prima volta che il professor Conte affronta una campagna elettorale e scende per la strada. E a sorpresa, si salvinizza subito.
Niente cravatta, per iniziare (ma la pochette sì, sarebbe come la Regina Elisabetta senza borsetta), e poi sorrisi, selfie, battute, strette di mano, carezze ai bambini, insomma tutto il repertorio del politico a caccia di voti. È ancora un po' meccanico, non disinvolto come Salvini che nel bagno di folla sguazza come un pesce o forse un pescecane, però ci mette molto impegno e, tutto sommato, funziona, fra applausi e «vai Giuseppe!».
Lui, radioso. La pochette dal volto umano. Poi, certo, dovrebbe evitare di salutare con un buongiorno esultante quello che si rivela essere un turista tedesco allibito che evidentemente non sa chi gli stia davanti. E a una infermiera che gli chiede di opporsi al vaccino obbligatorio risponde con la sua consolidata abitudine di non usare mai tre parole quando se ne possono dire trenta, e dunque compita che «vista l'importante risposta della cittadinanza alla campagna vaccinale, attualmente l'obbligo non ha senso». Insomma, non ha ancora imparato a parlare per slogan.
Ed è sempre un po' professorale, quando a una ragazzina indecisa se studiare per diventare maestra racconta la storia di Ludwig Wittgenstein che dopo aver pubblicato il "Tractatus logico-philosophicus" andò a fare l'insegnante elementare in Austria (poi tuttavia tornò a Cambridge). Che citazione: decisamente, Conte è un grillino atipico. Una tizia vistosa dalle unghie verdi gli afferra la mano e proclama: «Mia madre la ammira moltissimo». Lui, compitissimo ma lievemente deluso: «Me la saluti tanto». Poi però per parlare cinque minuti in santa pace con la sua candidata finisce per chiudersi in chiesa, e questo invece è puro Andreotti. Ma almeno si tratta di quella sublime meraviglia del Tempio malatestiano. Accoglienza cordiale. Siamo pur sempre in Romagna, dove sarebbero cordiali anche con Attila e dove al color locale provvedono alcuni personaggi usciti pari pari da uno dei Fellini più tipici.
Prima, una arzdora ben nota per girare portando appesa al collo una gigantografia di Gesù di quelli ancora biondi con gli occhi azzurri, quindi né politicamente né storicamente coretti, che ferma Conte per raccomandarglielo. Poi, l'ambulante che vende scarpe e spiega all'ex premier che «gli affari vanno bene perché va bene la salute» e «noi siamo gente umile ma facciamo grande il Paese» (qui più che Fellini siamo semmai in zona De Amicis). In seguito, il fan che gira tutta mattina con un cartonato di Conte a grandezza naturale, più rigido dell'originale ma non di tanto.
E ancora il gran finale con l'attempato vitellone che strilla: «Presidente, venendo qui ha fatto impazzire le nostre donne, la prossima volta porti anche la sua campagna così impazziamo anche noi uomini». E qui cosa vuoi fare se non ridere? Finisce con un punto stampa con vista sulla statua benedicente di Paolo V Borghese, non è Padre Pio ma va bene lo stesso. E qui Conte conferma la sua diabolica abilità di saper parlare molto per non dire niente. Ribadisce le sue tesi sul dialogo con i talebani e sulla necessità del reddito di cittadinanza, raccontando di aver ricevuto le lettera di una signora che lo ringraziava «perché finalmente aveva potuto mangiare una bistecca» (bis di De Amicis).
giuseppe conte al meeting di rimini 2
Spiega che anche lui come Letta è «assolutamente favorevole» che Draghi resti a Palazzo Chigi fino al '23: «Nessuna opposizione da parte mia e del M5s». Fa un po' sorridere un leader grillino che annuncia «una rivoluzione gentile» e nel nuovo corso promette, oltre alla giustizia sociale, «molta attenzione nella scelta delle parole». Un vaffa al vaffa.