Fabio Martini per "la Stampa"
ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE BY OSHO
La sequenza in quattro «scene» racconta bene quanto stia diventando solida l'intesa tra il leader del Pd Enrico Letta e il capofila in pectore dei Cinque stelle Giuseppe Conte. Il segretario dem - in due distinti colloqui col Guardasigilli Marta Cartabia e con il premier Mario Draghi - aveva assicurato: «L'accordo raggiunto sulla riforma della giustizia per noi va bene». Poi, il 19 luglio Conte ha incontrato a palazzo Chigi il suo successore e ha preannunciato alcuni emendamenti sulla prescrizione, punto dolente anche in Consiglio dei ministri.
Due giorni dopo Letta ha aperto a pur limitate correzioni. Mario Draghi non ha battuto ciglio, ma ha coltivato un certo disappunto perché il gioco al «rialzo», più inatteso nel Pd, ha aperto la strada alle rivendicazioni di Forza Italia (abuso d'ufficio), Lega (pene alternative) e Italia Viva (intercettazioni). In realtà gli slittamenti progressivi della coppia Letta-Conte sul tema giustizia sono l'espressione pubblica di intese Pd-Cinque stelle che riguardano altre due partite strategiche.
Le amministrative di autunno, in vista delle quali si sta preparando, in particolare per Roma, un «patto» per il secondo turno. E c'è fermento anche per due suppletive alla Camera: nel collegio di Siena-Cortona (dove corre Letta) e quella (possibile) a Roma, dove un'eventuale elezione di Roberto Gualtieri a sindaco, lascerebbe un posto libero da deputato. Conte (informalmente) ha fatto sapere di essere interessato. Sembrerebbe soltanto uno scambio che riguarda i destini personali di Letta e Conte, leader legittimamente interessati a stare in Parlamento, tanto più in occasione delle elezioni del nuovo Capo dello Stato.
Ma tra i due si sta consolidando anche un'intesa personale e politica. Un certo feeling era affiorato il 24 marzo, quando i due si erano conosciuti meglio in un faccia a faccia. Nei primi 20 minuti Letta e Conte si erano ritrovati a ragionare sul destino comune di due ex presidenti del Consiglio, disarcionati dalla propria maggioranza e su iniziativa dello stesso «pugnale»: quello di Matteo Renzi. E certi ricordi, si sa pesano. L'intesa tra i due, che sarebbe eccessivo definire patto, ha il suo epicentro a Roma, madre di tutte le battaglie amministrative di autunno.
Gli scambi tra gli staff di Enrico Letta, Roberto Gualtieri e Giuseppe Conte convergono in una previsione: Carlo Calenda, nonostante l'exploit, è destinato ad arrivare quarto al primo turno, la pole position spetterà a Enrico Michetti. Un quadro che apre la strada ad un accordo Pd-Cinque stelle in vista del ballottaggio tra il probabile secondo (Gualtieri) e la probabile terza (Virginia Raggi). Non a caso, dopo che Raggi ha perso la maggioranza in Consiglio comunale, il Pd non ha presentato una mozione di sfiducia che avrebbe umiliato la sindaca e allontanato i suoi elettori dal Pd.
E Gualtieri, che del Conte-2 è stato il ministro più importante, in un'intervista al Fatto Quotidiano ha detto: «Ho trovato ingenerose le parole di Grillo nei confronti di Conte. E trovo positiva la sua linea, che colloca il Movimento nel campo progressista-europeista» E il Pd ha fatto sapere a Giuseppe Conte di essere pronto a lasciargli il collegio di Roma-1 dopo l'eventuale ascesa di Gualtieri in Campidoglio. È il collegio dove nel 2018 era stato eletto Paolo Gentiloni (41,9%, percentuale record per un Pd al 18,7% ) e successivamente proprio Gualtieri, dopo l'ascesa in Europa dell'ex premier. E Letta? Non è ancora ufficiale, ma il segretario del Pd sa di poter contare sull'appoggio dei Cinque stelle nella conquista del collegio di Siena.
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