Ilario Lombardo per "la Stampa"
LA CENA GIORGETTI-DI MAIO VISTA DA OSHO
Alla pizzeria da Michele, a Roma, Luigi Di Maio e Giancarlo Giorgetti non hanno parlato di quanto è buona la pizza, come il ministro degli Esteri va ripetendo cercando di dissimulare in un sorriso l'evidente bugia. Hanno parlato di Quirinale e di Rai. Il Colle però è stata la portata principale del menù.
I fattori di incertezza sulla scelta, a gennaio, del prossimo presidente della Repubblica sono troppi: interi gruppi parlamentari senza controllo, un orizzonte di ancora un anno di legislatura che strozza le speranze di rielezione di tanti peones, e un presidente del Consiglio, Mario Draghi, che sarebbe il candidato ideale ma che in tanti vogliono rimanga a Palazzo Chigi, chi per gestire la ripresa e i soldi europei, chi perché teme di tornare a votare.
GIANCARLO GIORGETTI MARIO DRAGHI LUIGI DI MAIO
Di fronte a queste variabili e complicazioni, il "patto della pizza" tra l'ex capo politico del M5S e Giorgetti si fonda su un obiettivo: garantire la stabilità. E fa nulla se i loro leader, Giuseppe Conte e Matteo Salvini, abbiano detto che va benissimo Draghi per il Quirinale. Entrambi concordano su un punto. Sarebbe perfetto, e la più semplice delle scelte, se l'attuale Capo dello Stato, Sergio Mattarella, 80 anni compiuti a luglio, accettasse di rimanere dov' è, per un anno, per due, per l'intero settennato se vuole.
LUIGI DI MAIO GIANCARLO GIORGETTI GIOVANNI TOTI
Così Draghi potrebbe completare il lavoro al governo e magari, questa è la tesi, candidarsi a guidare la Commissione europea nel 2024 per cambiare il patto di Stabilità. Ma nella strategia di Di Maio e Giorgetti è previsto un piano B: Giuliano Amato. L'ex premier e giudice costituzionale era il nome su cui, nel 2015, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi pensava di avere un accordo con Matteo Renzi, prima che l'allora presidente del Consiglio e segretario del Pd virasse su Mattarella.
Oggi Amato, 83 anni compiuti, potrebbe contare su un sostegno trasversale, e secondo Giorgetti dovrebbe «andar bene a Salvini», proprio perché il centrodestra lo considera un profilo di garanzia. Mattarella invece, dicono il leghista e Di Maio, «va convinto». Perché al momento nessuno intravede un cedimento nel suo proposito di lasciare il Quirinale. Il presidente considera la rielezione una forzatura costituzionale che è costata già troppo al suo predecessore, Giorgio Napolitano.
È anche vero però che quel precedente dà forza alla teoria di chi vuole il bis di Mattarella. Di fronte a uno stallo delle istituzioni e al conseguente caos, nel pieno ancora della pandemia, il Capo dello Stato non farebbe un sacrificio se tutti o quasi glielo chiedessero? Sono le domande che si fanno Giorgetti e Di Maio, interessati anche a evitare che Draghi venga bruciato nel voto segreto in Parlamento. Un assaggio di caos, in effetti, c'è stato con il voto del ddl Zan e sempre in Senato con la scelta del capogruppo del M5S.
Dopo il primo tentativo finito in parità tra l'uscente Ettore Licheri, indicato da Conte, e Mariolina Castellone, il leader ha chiesto e ottenuto dal primo un passo indietro, un gesto - ha detto l'ex premier, "che serve a preservare l'unità contro chi ci vuole divisi". Fare in modo che Draghi e Mattarella rimangano dove sono sarebbe l'opzione preferita dall'Europa e dagli alleati americani, come sanno benissimo il ministro degli Esteri e dello Sviluppo economico. Di Maio spinge in questa direzione, e lo prova la freddezza con cui ha accolto l'endorsement quirinalizio di Conte a favore dell'attuale premier. Su questo, poi, con Giorgetti c'è anche un po' un gioco delle parti.
E così se il leghista dice che con «Draghi al Colle ci sarebbe un presidenzialismo di fatto», il grillino ribatte che è «solo una provocazione». In realtà Di Maio considera Giorgetti un «ottimo stratega» ed è a lui e a Dario Franceschini, altro king maker dietro le quinte del Pd, che il ministro degli Esteri presta grande ascolto. Anche quando, a sorpresa, tra un trancio di pizza e l'altro, appare il nome di Amato. -