Giuseppe Alberto Falci per il “Corriere della Sera”
«La situazione è questa: Conte si è chiuso nella stanza assieme ai vicepresidenti ed è convinto di poter governare tutto da lì. Tanti si sono sentiti esclusi. Ed è per tal ragione che è iniziato il picconamento ai suoi pulcini».
Montecitorio, tardo pomeriggio di ieri, una gola profonda del M5S usa queste parole a 48 ore dalla ferita sulle nomine Rai e dallo strappo di Giuseppe Conte («Non andremo più nella tv di Stato»). E il primo «pulcino» ad essere travolto dalla fronda interna è Mario Turco, senatore e vicepresidente del M5S. Racconta l'Adnkronos di una riunione informale, giovedì sera, a Palazzo Madama. Ordine del giorno: l'affaire Rai, la situazione politica e la manovra di bilancio.
davide crippa sconvolto mentre parla conte
Presente anche Stefano Patuanelli che invia un messaggio agli alleati, in particolare a quel Matteo Renzi che ormai flirta con il centrodestra: «Basta prendere schiaffi, a questo punto anche noi possiamo essere più rigidi sulla manovra e gestirla secondo i nostri interessi».
In realtà, il vertice poi si trasforma in un processo ai danni di Turco, colpevole di avere trattato direttamente con Palazzo Chigi tenendo all'oscuro i gruppi parlamentari. «Scopriamo che non solo c'è stata una trattativa ma che chi ha trattato ha anche fallito. Insomma, un capolavoro! Turco, dunque, sapeva tutto» è lo sfogo della pubblica accusa. Dall'altra parte, la difesa dell'entourage di Conte che definisce «falsa e pretestuosa» questa versione. Semmai, osservano, la verità è un'altra: «Turco è stato convocato a Palazzo Chigi e in quella sede è stato informato della lista dei nomi dei direttori dei Tg, lista che la mattina seguente sarebbe arrivata in cda».
Nel corso del vertice del Senato si racconta poi di un intervento al vetriolo di Primo Di Nicola che descrivono «infuriato» e «indignato». «Perché non ci avete avvertito? Perché abbiamo dovuto apprendere tutto dalla stampa?» è stata la domanda dell'ex giornalista dell'Espresso . Sia come sia, non c'è però solo la Rai a surriscaldare gli animi di un Movimento balcanizzato. Anche la manovra di bilancio non sarà un passaggio indolore per i gruppi parlamentari. Preoccupa, ad esempio, l'atteggiamento di Italia viva che al Senato sul decreto capienze si è schierata per due volte con il centrodestra.
Non a caso 30 senatori pentastellati consegnano il loro disagio al ministro Federico D'Incà: «Riportalo al premier». Per non parlare dello scontro con il Pd sui relatori alla finanziaria. Scontro che ieri è proseguito con Andrea Marcucci (Pd) che ha definito «incomprensibile e gravissimo» il no del M5S sul nome di Vasco Errani. Infine le questioni interne: il dualismo Conte-Di Maio, la scelta del capogruppo di Montecitorio, il tetto dei due mandati, il diktat di non presentarsi ai microfoni Rai. A Montecitorio c'è già chi scommette: «Il silenzio durerà massimo una settimana, dopodiché qualcuno lo vedremo ad Agorà ». Risata generale. E se questo è il clima figurarsi cosa succederà per il Quirinale. Un appuntamento che «potrebbe trasformarsi in una guerra ».
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