LA CORSA CONTRO IL TEMPO PER TROVARE IL MALWARE CINESE IN GRADO DI BLOCCARE LE OPERAZIONI MILITARI AMERICANE: IL CODICE MALIGNO, SCOPERTO DALL’INTELLIGENCE DEGLI STATI UNITI, SAREBBE NASCOSTO NELLE RETI CHE CONTROLLANO L'ELETTRICITÀ, I SISTEMI DI COMUNICAZIONE E LE FORNITURE D'ACQUA NELLE BASI MILITARI NEGLI STATI UNITI E NEL MONDO: E’ UNA BOMBA A OROLOGERIA” - L’ALLARME ARRIVA PROPRIO MENTRE GLI “STATES” APPROVANO L'INVIO DI 345 MILIONI DI DOLLARI DI ARMI A TAIWAN, SCATENANDO L’IRA DI PECHINO - IL TIMORE È CHE...

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(ANSA) - L'amministrazione Biden è impegnata in una corsa senza sosta per trovare il malware cinese in grado di comprometter le operazioni militari americane. Il codice maligno, definito una "bomba a orologeria", sarebbe nascosto nelle reti che controllano l'elettricità, i sistemi di comunicazione e le forniture d'acqua nelle basi militari negli Stati Uniti e nel mondo. Scoperto dall'intelligence statunitense, il malware - è il timore di Washington - potrebbe interrompere o rallentare il dispiegamento di forze americane, anche nel caso di una mossa cinese contro Taiwan. 

 

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A preoccupare è la possibilità che il codice maligno possa avere effetti ben più ampi di quelli militari: le reti elettriche e idriche che servono le basi infatti sono le stesse usate per gli americani comuni. L'indiscrezione del New York Times sulla caccia al malware cinese arriva mentre gli Stati Uniti, sfidando Pechino, approvano l'invio di 345 milioni di dollari di armi a Taiwan in modo da rafforzare le sue difese a fronte dell'intensificarsi dell'attività militare cinese nello stretto. L'ira della Cina è immediata: 

 

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"Ci opponiamo fermamente ai legami militari e alla vendita di armi" a Taipei, afferma il portavoce dell'ambasciata cinese a Washington Liu Pengyu. "Gli Stati Uniti devono smetterla di creare nuovi fattori di tensione e di mettere a rischio la pace e la stabilità nello stretto di Taiwan", aggiunge Liu. Taipei invece ringrazia Washington per "il suo fermo impegno alla sicurezza" dell'isola e la fornitura di "importanti strumenti di autodifesa". Il nuovo pacchetto di aiuti a Taiwan è il primo con cui il Pentagono invierà direttamente all'isola armi dal suo arsenale, nell'ambito dei poteri concessi lo scorso all'amministrazione dal Congresso la "presidential drawdown authority", già usata per l'Ucraina. 

 

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L'autorità presidenziale di prelievo consente al Dipartimento delle Difesa di inviare armi dalle scorte statunitensi e consegnarle a Paesi e organizzazioni internazionali per fronteggiare emergenze. A Taiwan saranno inviati, secondo quanto riferito da alcune fonti, armi e sistemi missilistici antiaereo a corto raggio trasportabili a spalla. Strumenti che si andranno ad aggiungere ai quasi 19 miliardi di dollari di vendite militari già approvate dagli Usa per Taipei, che però sono rimaste vittime di ritardi nelle consegne a causa dei problemi alle catene di approvvigionamento causati dal Covid, esacerbati poi dalle pressioni sull'industria della difesa provocate dalla guerra della Russia in Ucraina.

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 "Il ministro della Difesa è stato chiaro nel dire che non riteniamo un'invasione" di Taiwan "imminente o inevitabile. Il Dipartimento sta facendo di tutto per assicurare che la situazione resti invariata", ha spiegato un portavoce del Dipartimento di Stato spiegando la decisione dell'amministrazioen di inviare armi. La mossa di Biden è destinata a far salire la tensione già alta fra Washington e Pechino. Nonostante le recenti aperture - con le visite in Cina di Antony Blinken, Janet Yellen e John Kerry - i rapporti fra i due Paesi restano ai minimi da decenni con vari fronti di scontro aperti, dai dazi alla guerra in Ucraina passando proprio per Taiwan.

 

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 Pur cercando di stemperare i toni e mantenere aperti i canali di comunicazione, l'amministrazione Biden non molla su Pechino e punta a contenere le sue ambizioni nell'area dell'Indo-Pacifico, dove il capo del Pentagono Lloyd Austin e il segretario di stato Blinken sono in queste ore impegnati in una missione per rafforzare la cooperazione con l'Australia e, quindi, rafforzare il fronte anti-Cina.

 

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