COSA DIRA' MATTARELLA NEL DISCORSO DI INSEDIAMENTO? LO SVELA MARZIO BREDA: "NON FARÀ ECHEGGIARE ALCUNA DENUNCIA O ULTIMATUM AI PARTITI, COME CAPITÒ INVECE CON GIORGIO NAPOLITANO NOVE ANNI FA. TOCCHERÀ IL TEMA DELLA RIPARTENZA ECONOMICA DEL PAESE ATTRAVERSO IL PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR), RICORDERÀ L'ANCORAGGIO DELL'ITALIA ALL'EUROPA, CHE NEL PROSSIMO FUTURO DOVRÀ AFFRONTARE DIVERSI PASSAGGI CRITICI, SUI QUALI DOVREMO FAR SENTIRE LA NOSTRA VOCE SENZA DISARMONIE…"

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Marzio Breda per il "Corriere della Sera"

 

Il dovere della partecipazione. Sarà questo, in bilico tra sfera sociale e sfera politica, uno dei temi forti del discorso d'insediamento che Sergio Mattarella pronuncerà oggi alle 15.30 a Montecitorio, dopo aver giurato fedeltà alla Repubblica. È un richiamo, quello della partecipazione, coerente con l'idea di Stato-comunità su cui si è speso molto nel primo settennato e che diventa cruciale se un Paese attraversa un periodo difficile.

 

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Come sta capitando da noi adesso. Basta pensare alla sgangheratissima prova di disunità e inconcludenza offerta dalle Camere la settimana scorsa, quando si è trattato di decidere sul suo avvicendamento e, per uscire da uno stallo lacerante, non si è trovata altra soluzione che chiedergli la disponibilità a una riconferma. Che ha accettato puntando i piedi e solo per spirito di servizio. Il capo dello Stato non farà echeggiare alcuna denuncia o ultimatum ai partiti, come capitò invece con Giorgio Napolitano nove anni fa, in coincidenza con l'unico altro bis mai scattato per un inquilino del Colle.

 

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Non c'è dunque da attendersi alcun tono vendicativo, chiamiamolo così, nella ventina di minuti prevista per la lettura del suo messaggio. Né tantomeno pretese di riforme da varare (anche se potrà farne cenno), ciò che fu invece una delle condizioni poste in maniera quasi brutale dal suo predecessore. Mattarella, per formazione culturale e per indole alla mediazione, preferirà incoraggiare il Parlamento. Dal quale si aspetta coesione e responsabilità su altri fronti assai delicati per l'Italia in questo momento.

 

Per esempio, l'uscita dalla pandemia, di cui siamo ancora ostaggio sul piano sanitario. E naturalmente toccherà anche la ripartenza economica del Paese attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), offerto dall'Unione europea in base a precise condizioni, che l'esecutivo di Mario Draghi è tenuto a rispettare. Non basta. Il presidente ricorderà l'ancoraggio dell'Italia all'Europa, che nel prossimo futuro dovrà affrontare diversi passaggi critici, sui quali dovremo far sentire la nostra voce senza disarmonie.

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Come prevedibilmente accadrà nel caso delle aspre tensioni sull'Ucraina (altra questione che si prevede sia evocata nel discorso di oggi), con il rischio di un conflitto non più soltanto diplomatico ma armato alle porte della Ue. A Sergio Mattarella, si sa, non è mai piaciuto che si parlasse di fase uno e fase due del proprio mandato.

 

Neppure quando il complicato responso elettorale del 2018 lo costrinse a gestire tre crisi di governo in tre anni, imponendogli di allargare la fisarmonica dei propri poteri. Il replay da capo dello Stato che sta per cominciare segnerà però fatalmente un cambio di passo, per lui. Perché lo scenario politico è in movimento, come del resto sembra in evoluzione quello economico e sociale. Dalle sue parole di oggi in Parlamento, gli italiani ricaveranno forse qualche indizio per intuire la direzione di marcia che sceglierà. Fermo restando che lo stile resterà lo stesso.

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