1 - APPALTI GONFIATI E BUSTE PIENE DI CONTANTI I TESTIMONI SVELANO IL SISTEMA SAN RAFFAELE
Walter Galbiati per "la Repubblica"
Una storia di bustarelle, faccendieri e commesse facili. Le carte della procura di Milano alzano il velo su quello che appare essere il più grande caso di malasanità nazionale. È la storia dell´ospedale fondato da Don Verzé, il San Raffaele, che dietro la fama (vera) di istituto all´avanguardia per la ricerca e la cura di numerose malattie ha lasciato fiorire sprechi e ladrocinii che lo hanno portato a un crac da 1,5 miliardi di euro. In dieci anni, non se n´è accorto nessuno, eppure il sistema era semplice.
FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO jpegLa Regione Lombardia pagava, e bene, il San Raffaele. L´ospedale a sua volta pagava i fornitori. Fin qui un normale flusso di denaro, se non che poi alcuni fornitori erano "abituati" a gonfiare le loro fatture e a retrocedere parte dei pagamenti ricevuti in denaro contante a Mario Cal, il braccio destro di Don Verzé, morto suicida l´estate scorsa.
Un giro voluminoso di denaro che a Milano ha avuto come protagonista soprattutto la famiglia Zammarchi. Le società del gruppo fasi sono occupate della costruzione del complesso EdilRaf di Cologno Monzese, della manutenzione edilizia ordinaria del San Raffaele e dei lavori di completamento del corpo di collegamento tra i settori A, B, C e Q dell´ospedale milanese e dell´ospedale di Olbia. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, tra il 2006 e il 2011, la Fondazione ha elargito 73,2 milioni alla Diodoro e 67 milioni alla Metodo, entrambe del gruppo Zammarchi.
FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO jpegIl giochino lo ricostruisce in un interrogatorio l´ex direttore finanziario del San Raffaele, Mario Valsecchi: «Alcuni fornitori gonfiavano le fatture relative alle loro prestazioni. Sicuramente lo faceva Zammarchi e lo faceva anche Fernando Lora della società Progetti (una società di progettazione e realizzazione di impianti industriali ndr). Non so se tale sovrafatturazione fosse fatta anche dalla Dec e dalla Bergamelli».
Di certo la Dec, la società che fa capo alla famiglia De Gennaro, tra i più grandi costruttori del Sud Italia, e che ha realizzato (per 31 milioni di euro) e gestisce il parcheggio interno dell´ospedale di Milano, aveva diritto ai pagamenti preferenziali, come spiega un impiegato della contabilità.
FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO jpeg«Le procedure - è stato messo a verbale - erano che per Zammarchi questo veniva in ufficio quando voleva e per le sue fatture le veniva data una priorità. L´ordine di dare preferenza ci perveniva dal ragionier Boccotti, il quale cassa permettendo dava priorità al pagamento. Le fatture erano vistate da Mario Cal e da Mario Valsecchi. Questa procedura era prevista per gli Zammarchi e le fatture della Dec».
Poi avveniva la restituzione del contante. Come, lo spiega, Stefania Galli, segretaria di Cal: «Le consegne delle buste da parte di Pierino Zammarchi al dottor Cal sono iniziate orientativamente nel 2005. La frequenza delle dazioni non era regolare. La consegna avveniva all´incirca una volta al mese, saltuariamente anche più volte. Buste voluminose alte tre o quattro centimetri e contenevano banconote da 500 euro». Venivano nascoste nella cassaforte del San Raffaele, poi, dopo l´avvio delle indagine della procura sulla Casa del Sonno, in quella dell´adiacente Hotel San Rafael.
FORMIGONI SULLO YACHT DI PIERO DACCO jpeg«Del contante - dice la Galli - lo sapevano Valsecchi, Danilo Donati, Cal, la Voltolini e la Zoppei». Queste ultime, Gianna Maria Zoppei (sovrintendente sanitario) e Raffaella Voltolini (direttore generale dell´Università Vita Salute) sono state candidate da Verzé fino all´ultimo a far parte del nuovo consiglio, guidato da Giuseppe Profiti e sponsorizzato dal Vaticano.
Secondo la procura, parte del contante finiva poi nelle mani di Pierangelo Daccò, per ora l´unico fermato, faccendiere vicino a Comunione e Liberazione, sul cui yacht è stato fotografato il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni.
2 - DALL'IRLANDA ALL'AUSTRIA LA RETE DELLE SOCIETÀ DI DACCÒ
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per il "Corriere della Sera"
Galeotte furono le camicie della moglie di Pierangelo Daccò. A far afferrare ai pm il bandolo della matassa di società di mezzo mondo, tramite le quali il mediatore d'affari secondo il gip Tutinelli ha un ruolo «di primo livello nella gestione di capitali all'estero», è stata un'intercettazione banale del 19 settembre in cui Franco Cernigliaro, uomo di fiducia che riceve e smista le richieste di chi vuole parlare con Daccò, irrita la segretaria di un'immobiliare svizzera, la fiduciaria «Norconsulting».
DON VERZEL'autista, che Daccò spedisce in Svizzera quando dal Sudamerica vuole essere sicuro di poter parlare senza timori da un telefono estero a un telefono estero, riporta lo spazientirsi di una familiare di Daccò sul «dove sono queste benedette camicie?», e la segretaria sbotta: «Sono da me, sono da me (...) No, cioè, forse la signora non ha capito che mestiere facciamo noi... non sono la domestica... già le ho fatto un favore a prenderle in lavanderia... non è che questa cosa è normale, ecco, è stata un'eccezione!».
È da dettagli come questo che la Procura ha portato a galla parte delle società estere che in apparenza non appartengono a Daccò, ma «nella gestione delle quali si coglie l'interesse di Daccò», e che «sono coinvolte in operazioni di dissipazione del patrimonio» del San Raffaele. Se poco si sa degli interessi che spingono Daccò a soggiornare a lungo in Cile e Argentina, almeno si è capito che la Norconsulting è una di quelle società.
Mario CalAssion è invece neozelandese, e per poter dire che il «beneficiario economico» è Daccò, Gdf e Polizia hanno dovuto scovare una mail addirittura del 4 giugno 2007 nella quale un avvocato richiede per un contratto «la copia della carta d'identità del dott. PD», che in una mail del 15 aprile 2008 si conferma essere «mister P. Dacco».
Poi c'è la Euroworldwide, che viene collegata a Daccò dalla mail che l'11 giugno 2009, in un documento interno al San Raffaele, motiva un pagamento come «rimborso a PD totale».
È invece in Austria la Harmann, cui il San Raffaele paga una labile consulenza di 510 mila euro per la soluzione del contenzioso legale in Paesi in via di sviluppo. In questo caso è l'ex direttore amministrativo dell'istituto, Mario Valsecchi, a ricordare «che tale società ci fu indicata da Daccò»: nesso provato dal fatto che alcune delle mail del 2008, tra quelle che il vicepresidente Mario Cal aveva riversato sul proprio pc prima di uccidersi, documentano come la «Harmann fosse gestita a Lugano dalla Norconsulting».
SAN RAFFAELEEurosat è irlandese, e qui è la segretaria di Cal a testimoniare che «Daccò per la fatturazione ha utilizzato diverse società tra cui ricordo solo la Eurosat», che i pm aggiungono «sembra aver sostenuto alcuni costi per la gestione dell'imbarcazione di Daccò».
Infine ancora in Austria c'è la Mtb, «rappresentata in Italia da Manfred Hirscmann, arrestato per riciclaggio internazionale nell'indagine su Banca Italease»: qui «la prova inoppugnabile della riconducibilità di Mtb a Daccò emerge dallo scambio di mail» tra un avvocato e uno stretto collaboratore di Daccò.
FORMIGONI SULLO YACHT DI DACCO'