Davide Carlucci e Emilio Randacio per "la Repubblica"
PIERANGELO DACCO'Una colossale distrazione di denaro in buona parte di provenienza pubblica. Una cifra pazzesca, 43,9 milioni di euro, sperperati in «opere faraoniche» e viaggi in Brasile o in Sardegna, sottratta a un gioiello dell'eccellenza sanitaria italiana, l'ospedale San Raffaele di Milano. Queste sono le responsabilità di Pierangelo Daccò, il faccendiere amico di Roberto Formigoni, secondo il giudice Maria Cristina Mannocci, che lo ha condannato in abbreviato a dieci anni di carcere. Secondo il gup, Daccò promosse «un programma di depredazione sistematica del patrimonio della Fondazione San Raffaele». In questa veste, è la ricostruzione del giudice, Daccò succedette a Mario Cal, il braccio destro di don Luigi Verzè, morto suicida durante le indagini.
SAN RAFFAELELA DIPENDENZA DAI FONDI PUBBLICI
La sua, scrive il gup, è una «professionalità » non un atteggiamento episodico. Daccò, tuttora in carcere, è indagato infatti anche nell'inchiesta sulla fondazione Maugeri, nella quale il governatore lombardo è accusato di corruzione. Della nuova indagine Mannocci non parla. Chiarisce però che il denaro distratto da Daccò, e che ha contribuito a determinare il crac del San Raffaele, era in parte fornito dai contribuenti (su un possibile danno erariale, del resto, indaga la Corte dei Conti). «Il San Raffaele - pur essendo una realtà di eccellenza in ambito sanitario - fondava la propria sopravvivenza su corrispettivi della propria attività e su contributi pubblici in genere non determinabili a priori anno per anno». E a procurargli quei fondi era Daccò, «una sorta di superconsulente di istituti ospedalieri in difficoltà».
I VIAGGI IN BRASILE
Il gup quantifica in 43,996 milioni di euro «il totale delle somme illecitamente drenate dal patrimonio della Fondazione attraverso le condotte criminose contestate» a Daccò e agli altri coimputati (ancora a processo). Ricorda qual era l'andazzo ai tempi dell'allegra gestione ai tempi di don Verzè: «I più intimi potevano approfittare dell'aereo messo a disposizione dalla Fondazione, magari per recarsi al caldo del Brasile, a Cagliari, a Olbia, a Roma, perché tanto, anche se un viaggio in Brasile può costare anche 120mila euro, pagava il San Raffaele», come ricorda il costruttore Pierino Zammarchi interrogato il 15 novembre 2011.
LA VERSIONE DI DONATI
Lo stesso Daccò «utilizzava l'aeromobile per uso personale». Lo racconta ai pm la segretaria di Cal, Stefania Galli. A quei voli partecipava anche Formigoni, rivelerà poi nell'inchiesta Maugeri, la stessa Galli, i cui ricordi sono confortati da quelli del pilota dell'aereo. La sentenza di Mannocci non entra nel merito ma riporta i verbali di Danilo Donati, l'autista di Don Verzè. Che prima parla di «Daccò come collettore di tangenti per conto di Formigoni», poi ritratta: «Quando ha reso quelle dichiarazioni ero molto arrabbiato...».
Non smentisce però altre affermazioni. Come questa: «Quattro o cinque anni fa Cal aveva fatto un compromesso per acquistare un aereo. Ricordo che Cal mi disse che aveva dovuto acquistare tale aereo per fare un favore in Regione...". Oppure quest'altra: «Negli ultimi 3 anni il San Raffaele ha ricevuto una somma complessiva di circa 120 milioni di euro oltre ai normali rimborsi della Regione Lombardia, grazie ad almeno due specifiche leggi regionali la cui emanazione è stata ideata e curata da Daccò su richiesta di Cal...».
ROBERTO FORMIGONIDonati accenna poi alla «barca di Formigoni » e ad altri particolari che emergeranno poi nell'inchiesta Maugeri. Su quei passaggi il gup Mannocci sorvola - «tema estraneo a questo procedimento» - ma assicura: «La lettura della versione integrale di quei verbali avvalora l'ipotesi accusatoria... e mostrano l'attendibilità di quanto dichiarato e confermato da Donati».