DAGOREPORT
matteo salvini vladimir putin luigi di maio
Ci siamo: il governo è arrivato alla frutta. La situazione sta precipitando. La goccia che ha fatto traboccare il vaso, dopo l’esplosione della scandalo Russia-gate, è stata la sonora sconfitta di Salvini al parlamento europeo.
Una ennesima ingenuità del leader leghista che era convinto di incamerare un commissario di peso, quello della concorrenza, e aveva dato mandato di gestire le ultime mosse al fidato europarlamentare Zanni e all’ancor più fedele ex ministro Fontana. I quali, fino all’ultimo, hanno cercato di ottenere da Ursula garanzie sulla nomina in cambio dei voto leghista, compreso il fatto di passare indenne all’esame della commissione.
DAVID SASSOLI URSULA VON DER LEYEN
I nostri hanno peccato di ingenuità perché nessuno era in grado a Bruxelles di garantire la “promozione” del candidato della Lega e la stessa Ursula aveva poca voglia di passare solo grazie ai voti dei sovranisti. In realtà, in quei giorni, il neo-presidente David Sassoli e l’eurodeputata del M5S Tiziana Beghin stavano trattando i voti dei 14 grillini a favore della cocca di Angela Merkel in cambio della vicepresidenza del parlamento europeo assegnata a Fabio Massimo Castaldo e soprattutto dell’inserimento all’interno del programma di Ursula del salario minimo europeo.
Una doppia sonora sconfitta che ha convinto Salvini a evitare una crisi con voto anticipato a settembre: non si sente preparato, ha paura di perdere chance in Europa e soprattutto ha timore che, dopo la questione russa, possano uscire altre cose poco piacevoli.
Salvini ha molto apprezzato le parole del capo della procura milanese Francesco Greco che, in maniera decisa, ha negato la necessità di interrogarlo. Non solo: ha aggiunto che le indagini saranno lunghe e complesse.
Per caso o per caos, i due capitomboli di Salvini sono arrivati nel momento in cui il ministro del Viminale era tutto proteso ad attaccare il premier Conte con la convocazione dei sindacati e di Confindustria (alla presenza dell’indagato Siri), alle dichiarazioni spavalde che la manovra sarebbe stata fatta ad agosto, fino ad annunciare la contestata Autonomia regionale e la Flat Tax con l’eliminazione dalla busta paga degli 80 euro di renziana memoria. In caso contrario, minacciava, si va al voto anticipato.
Galvanizzato dai sondaggi e dai leccaculo in servizio permanente effettivo, Salvini non ha avuto la percezione che lo stavano mettendo in un angolo, dalla Russia all’Europa.
A livello domestico puoi essere anche un gigante ma resti un granello di sabbia in mezzo alla politica mondiale. Sui giornali stranieri, ha avuto più risalto lo scontro Sanchez-Podemos, col rischio di elezioni anticipate per la Spagna, che il caso Savoini.
Ora il povero Matteo si lecca le ferite mentre una parte dei di Pd e M5S sarebbe pronta a costituire un governo che spedisce la Lega all’opposizione. Ma tutto ciò non è nei piani di Mattarella: il presidente vuole che, dopo una eventuale caduta del governo, ci possa essere una maggioranza chiara, un programma comune, non basato su contratti. Oppure un governo tecnico per un passaggio verso il voto a marzo del 2020.