DAGOREPORT
Fossi stato in Gennaro Sangiuliano ci avrei pensato due volte prima di lasciare la direzione di un telegiornale per diventare ministro della Cultura in Italia. Quando Dario Franceschini era ministro dei Beni culturali, Barak Obama gli disse che faceva “il lavoro più bello del mondo”. Era vero? In Italia la storia culturale sovrasta ogni ministro sino a sfinirlo, soffocarlo: è un Everest che fatichi a osservare per la sua altezza.
gennaro sangiuliano giorgia meloni
Non puoi farcela, non puoi gestirlo: puoi solo evitare di fare danni o di sperperare. Se c’è uno stile nei ministri sta nell’approccio con il quale si presentano, non certo negli impossibili risultati, che sono spesso una eterogenesi dei fini. Questi ministri arrivano al Palazzo che fu di Athanasius Kircher tutti baldanzosi, come gli amanti di Turandot, e hanno fatto più o meno tutti la stessa fine degli amanti di Turandot: sono scomparsi.
Walter Veltroni fece la riforma dei teatri lirici (in senso privatistico, ovvio), frequentò tutti i festival del cinema, della cultura e sostenne il Maxxi di Roma… Vent’anni dopo è diventato un “giornalista e scrittore”, come si legge in molte didascalie dei talk-show anche di varie influencer. Come politico ha abbandonato senza andare in Africa, suo obiettivo dichiarato.
Sua protome fu Giovanna Melandri, che lo seguì nel ruolo. “Nata a New York…”, come iniziavano tutte le sue fighissime biografie, è “finita” al Maxxi, prima “gratuitamente”, poi stipendiata. Il Maxxi è un tailleur fatto confezionare su misura per lei dalla sinistra veltroniana.
Era molto manageriale Giuliano Urbani, sputtanato dal suo sottosegretario (Sgarbi) per una love-story con un’attrice. Fu un bocconiano che si applicò al codice con qualche risultato. Oggi è scomparso. Del professore cattolico Rocco Buttiglione non si sa più nulla e, come lui, dell’altro professore cattolico Lorenzo Ornaghi, ora in qualche consiglio di amministrazione o comitato di musei e pinacoteche cristiane.
Il poeta berlusconiano Sandro Bondi si sentiva investito di una missione escatologica: fu travolto dal suo stesso crederci, dalla volontà di aiutare questa idra che è il patrimonio culturale italiano. Finì stritolato e scomparve, ma con la più giovane moglie che, intanto, aveva sposato. Giancarlo Galan se la dovette vedere con la Giustizia e, in questi casi, si scompare sempre data la lunghezza dei termini del Giudizio.
Massimo Bray si presentava in maniera gentile e umilissima, come di persona conscia del sovrastante compito di governare i Beni culturali. Quando fu nominato alla direzione della Treccani, quest’uomo di D’Alema chiamò a collaborare persone che si dicevano vicine alla massoneria. Non sappiamo se sia vero, ma dalla politica disparve anche lui all’improvviso, così come era stato fatto comparire dal mago Dalemix.
Dario Franceschini, pure scrittore come Veltroni ma già prima di fare il bi-ministro dei Beni Culturali, dei Beni culturali e turismo, poi della Cultura senza più beni e senza più turismo, fu tutt’uno con la coscienza di sé come ministro della Cultura. Era molto amico degli Sgarbi, ferrarese come loro.
La sua passione era forse sincera quando affermava che quello della Cultura fosse il più importante ministero economico, affermazione ripetuta giusto in contrasto con la celebre mai detta da Tremonti: “Con la Cultura non si mangia”. Franceschini ci scrisse addirittura un libro intitolato: “Con la cultura non si mangia?”.
Era un po’ facilone: chiamò i direttori di musei stranieri convinto che avrebbero avuto la meglio sugli italici sindacati. Illuso. Gli Uffizi chiusi il ponte di Ognissanti testimoniano la sconfitta. In alcune redazioni di giornale lo avevano soprannominato “il pavone estense” e di lui già non si parla già più nemmeno come aspirante segretario del Pd. Alberto Bonisoli, messo dai Cinquestelle, era un brav’uomo, direttore della Naba, un uomo da numeri e da scrivania: fu una meteora e, come i predecessori, è scomparso dalla politica.
dario franceschini e michela di biase DARIO FRANCESCHINI SERVE AI TAVOLI ALLA FESTA DELL UNITA Sandro Bondi sul balcone di Palazzo Grazioli