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In pochi hanno notato una strana coincidenza: Carmelo Miano, l’hacker arrestato all’inizio di ottobre per aver violato i sistemi informatici del Ministero della Giustizia, lavorava per la Ntt Data, società che oggi è salita agli onori delle cronache per la perquisizione di un suo “procuratore”, Emilio Graziano (nell’ambito di un procedimento per corruzione in cui è coinvolto anche Simone De Rose, “procuratore” di Tim).
Qual era il ruolo di Miano in Ntt Data? Che faceva per la società? Probabilmente era stato assunto per le sue notevoli competenze informatiche: le sue skill di hacker gli permettevano di svolgere molte mansioni all’interno dell’azienda, che si occupa di consulenza e cybersicurezza.
Di straforo, il 23enne siciliano, penetrava i server di ministeri, aziende partecipate e no (Telespazio e Tim), arrivando addirittura alle caselle mail dei procuratori che lo avevano indagato.
Faceva tutto da solo? Per conto di chi agiva? Nel suo wallet digitale, gli inquirenti hanno trovato milioni di dollari in criptovalute: come li aveva ottenuti?
Di certo, visto il suo ruolo e la società per cui lavorava, Miano ha avuto occasione, negli anni, di collaborare con le autorità italiane in modo ufficiale (polizia, servizi segreti, postale). Il suo contributo allo Stato ha perso ogni tutela quando è stato beccato a spiare i magistrati.
Miano forse si illudeva di poter godere di una copertura da parte dell’intelligence, visti i servizi resi negli anni? Un’idea non peregrina, visto che negli Stati Uniti gli hacker al soldo di Cia, Fbi e Nsa godono di una particolare protezione. In Italia le cose vanno diversamente, soprattutto quando si infila il nasino in questioni private dei magistrati (E, si sa, le toghe non perdonano...)
CARMELO MIANO AL COMPUTER NEL SUO APPARTAMENTO Ntt Data