DAGONEWS
Dagospia vi racconta il calendario delle feste. Nel senso della festa che Renzi proverà a fare a Conte. Si parte il 4 gennaio, quando scade il milionesimo ultimatum consegnato al premier da Italia Viva: prime schermaglie, prime scaramucce. Il 7, con la calza della Befana ancora mezza piena, si metteranno le carte in tavola. Il 10 sarà il D-day, la giornata da cui non si torna più indietro.
GIUSEPPE CONTE MATTEO RENZI - BY GIANBOY
Nel clima sbrindellato della politica italiana, sono tutti seduti intorno al tavolo da poker ma le carte sono ancora coperte. Anche perché la mano vincente non ce l'ha nessuno. C'è il solito 50-60% del Pd che appoggia le mosse di Renzi, e sulla stessa linea c'è l'abbondante fetta di grillini fedeli a Di Maio. Che è rimasto muto in questi giorni di attacchi a quello che un tempo era il presidente del Consiglio espresso dal suo partito.
Un silenzio pesantissimo ed eloquentissimo perché è già un giudizio. Giggino non ha alcun interesse a difendere Conte; anzi in questo modo fa capire di non essere d'accordo con la sua impostazione da sovrano assoluto. Renziani, piddini e una bella fetta del M5S, tutta gente che sono d’accordo su un punto: non vogliono essere governati da Casalino e Travaglio.
Il 10 gennaio, dicevamo, si apriranno tre strade.
a) Conte accetta le richieste di Italia Viva (e dei suoi pavidi mandanti dem). Recovery Fund gestito in modo collegiale, cessione della delega ai servizi, un nuovo approccio alla sanità e alle scelte di spesa pubblica. Il governo va avanti, nemici come prima.
b) Conte accetta solo una parte delle richieste, e solo quelle relative al Recovery Fund. In questo caso il premier resta in sella ma potrebbe esserci un rimpastino per placare chi rimane deluso. Sul tema, ogni capobastone ha una sua idea. Franceschini non vuole toccare nulla, ma nel Pd in molti vorrebbero acchiappare il ministero dell'Interno. Nella microscopica Leu, Speranza non cerca rimpasti (quando gli ricapita di avere questo potere?), Fratoianni invece vorrebbe iniettare una goccia di vecchia sinistra nell'esecutivo.
PAOLO ROMANI MARIA ELENA BOSCHI
c) Conte sfancula tutti, si arrocca e lascia che Renzi apra la crisi. A quel punto, come ha promesso pochi minuti fa in conferenza stampa, si presenta in Parlamento e chiede la fiducia. Perdendo i senatori di Italia Viva, deve trovare altre stampelle. Può contare sul gruppetto di Paolo Romani, che ha lasciato Forza Italia per accamparsi al Gruppo Misto, che è un po' il bar di Star Wars di Palazzo Madama, un mix di para-scilipoti, espulsi grillini e centristi senza baricentro.
Per Matteuccio lo scenario preferito è ovviamente il terzo: vuole disfarsi di Conte a tutti i costi, e pur di non vederlo più accetterebbe chiunque. Ma chi? La giurista Cartabia? Manco per niente: l'ex presidente della Corte Costituzionale sarebbe disposta a entrare a Palazzo Chigi solo, e giustamente, con un governo tecnico e di unità nazionale, non politico.
Draghi ormai è invocato da chiunque, Salvini nella sua odierna lettera al Corriere si dice pronto a sostenere un nuovo governo e si sente quotidianamente con Renzi, che tiene un filo diretto ovviamente pure con Forza Italia. Davanti a una maggioranza così ampia, l'ex banchiere centrale potrebbe non avere ''scampo''.
In realtà in Europa preferiscono Conte a Draghi, e il motivo è presto spiegato: Merkel e Macron con l'avvocato di Padre Pio possono fare come gli pare, ordinare vaccini in più, ritardare il processo per avvantaggiare Sanofi, e schifezze simili. Con Draghi invece si troverebbero davanti qualcuno che ha carattere e leadership e non deve tutti i giorni baciare per terra per essere finito a guidare un paese di 60 milioni di abitanti.
goffredo bettini dopo tre ore di dibattito con renzi e d'alema
Certo, se Draghi si dichiarasse assolutamente indisponibile, una sua versione sbiadita si trova sempre. Un uomo dello Stato, non appartenente né al Pd né al M5S (veti incrociati). Non è detto che però la Lega si presti, e non è detto che a Bruxelles si accontentino di un nuovo maldestro tentativo come quello con Cottarelli.
italia23 il partito di giuseppe conte
E il voto? Mancano 7 mesi al fatidico ‘’semestre bianco’’ di Mattarella, andare alle urne con l'attuale legge elettorale non conviene a nessuno nella maggioranza, visto che vorrebbe dire consegnare il Paese al centrodestra. C'è solo Bettini con la fregola delle urne: per il Richelieu zingarettiano l'unica alternativa a questo governo sono le elezioni. Ma sospettiamo che il motivo sia semplice: votare ora vorrebbe dire cancellare dalla scena politica Renzi e il suo partito (i due si detestano).
italia23 il partito di giuseppe conte
E d'altronde anche il debutto (solo online per ora) del partito di Conte ha urtato parecchio Pd e M5S: il 7-8% potenziale di cui godrebbe ''Italia23'' sarebbe rubato tutto a loro, e non a Salvini e Meloni. Di Maio e Zingaretti dovrebbero affrontare un altro nemico, pure cannibale.
A proposito, ma chi c'è dietro il partito di Conte? Secondo Il Foglio, tra i promotori c'è il senatore Raffaele Fantetti, altro fuoriuscito da Forza Italia e passato al gruppo misto in quota Maie (Movimento associativo italiani all’estero, il fondatore Ricardo Merlo è sottosegretario agli Esteri).
Ecco, dovete sapere che Fantetti è il cognato di Davide Giacalone, con il quale starebbe mettendo in piedi un giornale online pro-Conte. Finanziato da chi? Dal mitico Giampiero Fiorani, ex banchiere della Popolare di Lodi che svacanzava con Lele Mora e mise nei guai Antonio Fazio, e che ora gestisce l'ingente patrimonio del petroliere ligure Gabriele Volpi. Non male come munizione elettorale…
Raffaele Fantetti gabriele volpi1 fiorani fazio