Francesco Borgonovo per "Libero Quotidiano"
Qui siamo ai livelli di Orson Welles, e non solo per la imponente mole del personaggio e la passione per il vino che lo accomuna al grande regista. In Gérard Depardieu si è manifestato il genio che fece dire a Welles: «La cosa più triste della sinistra americana è che ha tradito per proteggere le sue piscine», sintetizzando in un motto l’intero destino di quelli che chiamiamo «radical chic».
L’attore francese - da qualche tempo cittadino russo, alla faccia di tutti quelli che schifano Vladimir Putin - sarà il 5 luglio al Festival di Spoleto per presentare lo spettacolo Love Letters. E ne ha approfittato per rilasciare al Corriere della Sera un’intervista strepitosa, in cui sbriciola il peggio del culturame italiano con una battuta dopo l’altra. L’uscita migliore di tutte è una risposta a Ettore Scola.
Il regista aveva detto di non stimarlo poiché se n’è andato in Russia allo scopo di evadere le tasse. Sentite Depardieu: «Abbiamo un progetto per un film, una bellissima storia di cui non voglio parlare. Prima Scola non voleva farlo perché lo produceva Berlusconi e ora non so. Non credo che troveranno i soldi.
depardieu e sepp blatter a cannes
Amo Ettore Scola anche se mi ha criticato. Io non sono né di sinistra né di destra, glielo dissi tanto tempo fa a Bertolucci, voi registi italiani siete tutti comunisti, però avete case dappertutto». Colpiti e affondati. Il ritratto non potrebbe essere più spietato, ma è terribilmente realistico. Perché questi sono i cineasti italiani. Gente che sputazza addosso a Berlusconi ogni due per tre, poi si fa produrre i film da lui.
Personaggi come Giuseppe Tornatore, che si fece produrre dalla berlusconiana Medusa il suo Baaria, poi s’incazzò quando Silvio si permise di dire che il film gli era piaciuto. Disse che l’intervento del Cavaliere era «intempestivo», povera stella. O come Michele Placido, che sempre con Medusa realizzò Il grande sogno, una pellicola sul 68.
Quando la presentò al festival di Venezia, una giornalista spagnola gli chiese se non ci fosse un po’ di contraddizione fra le sue dichiarazioni pubbliche su Berlusconi e il fatto di lavorare con Medusa. La risposta del nostro fu pacatissima. Si fece paonazzo in volto e cominciò a urlare: «Questa è una domanda stupida!».
E ancora: «Berlusconi non so chi è e neanche lo voto!». Poi, pensando che la giornalista fosse americana, aggiunse: «Proprio voi parlate, che invadete gli altri Paesi, mandate la gente a morire e poi fate i film per dire quando siete buoni. Ma andate a quel paese!».
Ecco, questi sono alcuni esempi fulgidi della Casta dei cinematografari, che spesso e volentieri sputano nel piatto dove mangiano. O, in altri casi, sfornano film che non vede nessuno approfittando di migliaia e migliaia e migliaia di euro gentilmente forniti dai contribuenti. Depardieu ha confezionato per tutti loro un cappottino semplicemente perfetto, che costoro possono agevolemente sfoggiare nei giardini delle loro ville, qualora il clima s’irrigidisse un po’.
PUTIN PARLA DI EFFETTO BOOMERANG
In Depardieu c’è il piglio anarcoide ad alto tasso alcolico, certo. Eppure in vino veritas, suggeriscono. Lui le dice senza merletti, le sue verità. Come quando spiega che Putin «cerca solo di fare il meglio per il suo Paese. Intanto in Francia hanno ucciso i piccoli agricoltori». O quando pronuncia parole di stima per Dominique Strauss-Kahn, che ha interpretato in Welcome to New York di Abel Ferrara: «Strauss-Kahn è un uomo intelligente, migliore di Hollande».
Dalla pancia prominente di Gérard escono concetti che qui chiunque lavori in ambito cinematografico o culturale più in generale non esprimerebbe nemmeno sotto tortura, per paura di essere escluso dal circoletto che conta. Dopo tutto, questo è il Paese in cui non ci si può nemmeno azzardare a criticare i capolavori di Paolo Sorrentino, che devono esser belli per forza.
Dove Paolo Virzì ambienta un film in una Brianza edificata sugli stereotipi e descrive gli abitanti come «plasmati dal Berlusconismo», gente che vive «in grumi di villette pretenziose dove si celano illusioni e delusioni sociali». E quando i giornali gli rispondono per le rime, lui se ne frega, tanto a intervistarlo su RaiTre c’è la giornalista amica di Repubblica.
E ancora siamo la terra di Cristina Comencini, quella che - quando a Venezia hanno fischiato il suo film Quando la notte - si è rivolta al marito produttore perché bacchettasse i critici tutti, promettendo che qualcuno avrebbe pagato. Fortuna che c’è Depardieu. Che si trastulla con il vino italico e s’ingozza appena può. Beato Gérard, vorace bocca della verità.