Matteo Pucciarelli per “la Repubblica”
alessandro di battista a siena.
Il nome dato al primo evento non è dei più originali, politicamente parlando: "Su la testa", come la rivista bimestrale di Rifondazione comunista. Se sarà davvero l'inizio di un nuovo percorso politico è ancora presto per dirlo né il protagonista vuole esporsi troppo promettendo cose; di sicuro la prima tappa di Alessandro Di Battista a Siena non va male, 150 posti della sala Italo Calvino andati esauriti, qualche decina di persone in fila in piazza Duomo rimaste fuori.
In tutto quel che dice e fa l'ex parlamentare dei 5 Stelle ci tiene a ricordare che lui, a differenza dei suoi vecchi compagni di partito, è rimasto fedele a se stesso: jeans, camicia e giacca a vento tecnica da montagna, il suo libro uscito la scorsa estate sotto mano, argomenti e retorica antisistema tirati a lucido, come da Movimento degli esordi. «C'è la narrazione dominante del leader salvifico e poi c'è la realtà delle famiglie che faticano a tirare avanti, la classe media che sparisce, una guerra tra poveri che fa un gran piacere all'establishment... », dice quando arriva.
alessandro di battista a siena
Il "Dibba" giramondo e mattatore sui social ha in mente di andare a vedere se uno spazio politico c'è, in mezzo al mare dell'astensionismo. «Questa è la città simbolo della pericolosità del connubio partitocrazia- finanza, cominciamo da qui non a caso», spiega a margine Di Battista. Monte dei Paschi di Siena, il potere rosso degli eredi Pci, il collegio di Pier Carlo Padoan che si dimette per andare a capo di Unicredit e ora di Enrico Letta: simbolo senza dubbio, anche come obiettivo della contestazione, cioè il centrosinistra.
Lo sparring partner di Di Battista è Alessio Villarosa, sottosegretario all'Economia dei primi due governi di Giuseppe Conte, poi espulso dal M5S dopo non aver votato la fiducia a Mario Draghi. Dietro le quinte tra gli organizzatori c'è Luca Di Giuseppe, giovane promessa del Movimento in Campania e anche lui andato via accusando i 5 Stelle di aver tradito la propria missione storica.
Poi, non presente ma "fiancheggiatore", Davide Casaleggio, che ha messo a disposizione il vecchio Blog delle Stelle per le prenotazioni dell'incontro. È una struttura a livello embrionale ma che ruota attorno all'unico frontman. «Mi siete mancati molto ma non mi manca il palazzo. Proviamo a costruire una opposizione extraparlamentare, è un nostro dovere», esordisce parlando ai presenti.
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«Nell'agosto del 2020 un attuale ministro del governo Draghi mi anticipò che sarebbe stato lui il futuro presidente del Consiglio, si è voluto sostituire Giuseppe Conte perché con tutti i limiti del caso era un governo politico e che non avrebbe fatto la macelleria sociale che oggi, poco a poco, si sta compiendo», racconta.
Riforma della giustizia, reddito di cittadinanza, cashback, superbonus, decreto dignità: Di Battista fa l'elenco dei provvedimenti bandiera dei 5 Stelle fatti a pezzi o mitigati dall'attuale esecutivo, «se il Movimento avesse tenuto la barra dritta come ho fatto io a quest' ora Draghi non ci sarebbe mica al governo ». Così ora serve riorganizzarsi, tornare in piazza, perché «dei diritti economici e sociali non frega un cazzo a nessuno».
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Dieci anni fa l'opposizione fuori dalle istituzioni al governo tecnico di Mario Monti fece la fortuna del nascente M5S, oggi la speranza di Di Battista è occupare lo stesso identico spazio, e farlo fruttare. «Voglio provare a dare un contributo, anche dicendo dei no, pure quando non sono convenienti per la tua situazione personale. E io non potevo non lasciare il Movimento» che - dice - fa ormai parte «dell'establishment».
A quel punto si commuove un istante e giù applausi, che per la verità fino ad allora non erano stati copiosi: manca un po' l'aria garibaldina e l'entusiasmo che animava il primissimo popolo 5 Stelle.
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Lui comunque va avanti a braccio, salta da un argomento all'altro, è un compendio del grillismo delle origini ma che pare più ancorato a temi e suggestioni care alla sinistra radicale, chiede una mano ma non è ancora chiarissimo per arrivare dove («se questa cosa dovesse montare subiremo molti attacchi... »), un astante gli urla «la coerenza paga!» (replica col sorrisone: «Di sicuro ti fa dormire la notte»), dopo in collegamento interviene anche Tomaso Montanari, rettore dell'università per stranieri di Siena e icona benecomunista, che infatti contesta l'ondata delle privatizzazioni inaugurata dal ciclo mondiale neoliberista e chiude il suo saluto citando Enrico Berlinguer; solo che "Dibba" ha lasciato temporaneamente la sala: lo aspetta proprio Monti a un dibattito televisivo..