DIO SALVI IL REGNO UNITO – PRIMA LA BREXIT E ORA LA VARIANTE DEL VIRUS: È LA PEGGIOR CRISI DI SEMPRE PER LA (NON PIÙ) “GRAN” BRETAGNA - NEGOZI CHIUSI, CAMIONISTI IN FILA IN ATTESA CHE I FRANCESI RIAPRANO LA MANICA, IL FALLIMENTARE OTTIMISMO POPULISTA DI JOHNSON NELL’AFFRONTARE LA PANDEMIA: IL 2020 SI È RIVELATO L’ANNO PIÙ SBAGLIATO PER DIVORZIARE DALL’EUROPA…

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Francesco Guerrera per ''La Stampa''

 

boris johnson boris johnson

Dio salvi il Regno Unito. Lo si dovrebbe cantare a Oxford Street, deserta perché il "nuovo virus" ha chiuso tutti i negozi, in Kent, dove i camionisti in fila aspettano che i francesi riaprano la Manica, o di fronte alla porticina nera del numero 10 di Downing Street dove il governo britannico sta cercando di salvare la faccia (e l'economia) nel dopo-Brexit.

 

La "Gran" Bretagna si è scoperta piccina, piccina ieri, strizzata tra la sfortuna di una terrificante variante del virus e la spacconeria incompetente del divorzio dall'Europa. E il riconoscimento tardivo che quest'anno terribile non era proprio il momento per essere egoisti, nazionalisti e protezionisti.

 

BORIS JOHNSON E IL VACCINO BORIS JOHNSON E IL VACCINO

Lo "splendido isolamento" di un Paese che non doveva niente a nessuno quando era una superpotenza mondiale nel XIX secolo si è trasformato in tragica solitudine, una nazione respinta dalle altre per ragioni sanitarie, economiche e politiche.

 

Ho vissuto a Londra per 15 anni (in due fasi) e non ho mai visto così tanta paura tra investitori, capitani d'industria e gente comune. Nemmeno all'epoca degli attentati dell'Ira negli anni '90, dei disordini di Londra nel 2011 o dei più recenti attacchi di fondamentalisti islamici.

 

boris johnson boris johnson

Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale - che, come è solito ricordare da queste parti, la Gran Bretagna "vinse" a nome dell'Europa - i consumatori hanno paura di non trovare frutta e verdura nei negozi, i mercati temono un colossale crac economico, e gli imprenditori non sanno come riusciranno a mandare avanti il proprio business.

 

Quando John Allan, presidente di Tesco, dice di non essere sicuro di come e quando le merci ritorneranno sugli scaffali dei suoi supermercati perché il virus e Brexit sono "enormi incognite", è chiaro che la sesta economia del mondo è in crisi.

 

david cameron david cameron

Parte dell'Armageddon britannico è dovuto alla sfortuna delle mutazioni del Covid - anche se, come ha detto il virologo Walter Ricciardi, Downing Street avrebbe dovuto lanciare l'allarme molto prima sulla "variante inglese".

 

Ma gran parte dei problemi attuali sono dovuti alle scelte incaute del popolo britannico e dei suoi governanti. La Brexit vinse un referendum nel 2016, voluto dall'allora primo ministro David Cameron perché era convinto che l'unione con l'Europa avrebbe prevalso.

 

I suoi successori Theresa May e, ora, Boris Johnson, si sono ammantati di slogan ("La Brexit significa Brexit"; "Riprendiamo il controllo del nostro destino") senza sincerarsi di avere del potere negoziale con un blocco economico molto più importante.

 

theresa may theresa may

È una triste ironia per la Gran Bretagna che il suo fallimento nei negoziati con l'Unione europea (perché di fallimento si tratta, qualunque sia il risultato a fine anno) coincida con sussurri di un accordo commerciale gigantesco tra Cina e Ue.

 

La gestione del virus è stata rovinata da analoga impreparazione. In ogni momento importante, Johnson e i suoi hanno scelto l'ottimismo populista invece del competente pragmatismo per cui la Gran Bretagna era famosa una volta.

 

BORIS JOHNSON URSULA VON DER LEYEN BORIS JOHNSON URSULA VON DER LEYEN

L'insistenza del primo ministro a non "cancellare il Natale" è dietro sia la lenta risposta alla variante del virus sia al panico scatenato dalla repentina inversione di marcia e il lockdown di sabato.

 

Come ha scritto Clare Foges, che ha lavorato per anni con Johnson, sul Times: "Basta con l'ottimismo irresponsabile di questo governo". Le perdite - di vite, denaro e opportunità - sono già notevoli ma nel lungo termine, il Regno Unito rischia di buttare via un elemento fondamentale della propria identità: il senso di essere nel giusto, di fare le cose perbene (il famoso "fair play") e di essere una culla internazionale di cultura, finanza e politica. A noi anglofili non resta che sperare che Dio salvi il Regno Unito.

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