DAGOREPORT
A che Putin è la notte? Il leader russo ha fatto delle ammissioni molto gravi, mai rivelate prima, come quella che il suo governo finanziò per un miliardo di euro quella simpatica comitiva armata fino ai denti del Gruppo Wagner. Probabilmente Vladimir, scosso come un cavallo, ha messo le manine avanti: prima o poi qualcuno avrebbe potuta tirarla fuori.
Che Putin sia più debole che mai lo si vede chiaramente dalle spavalde dichiarazione del presidente bielorusso Lukashenko, uno che fino a ieri gli spicciava casa. Botte del tipo: “Ho detto a Putin: possiamo uccidere Prigozhin, non è un problema. Lo schiacceremo come una pulce”.
Yevgeny Prigozhin Vladimir Putin
La cosiddetta rivolta della Wagner aveva come obiettivo di mettere alle strette il regime, arrivare alle porte di Mosca e indebolire Putin al punto di fargli accettare un negoziato. E Prigozhin è stato lo strumento di gran parte di quella ventina di oligarchi davvero potenti che volevano mantenere lo status quo ma con un Vladimir meno aggressivo e più disposto a chiudere una guerra che ha nesso in ginocchio popolo e oligarchi. A quel punto Putin ha messo in mezzo Lukashenko.
Ora la domanda non è quanto dura Prigozhin: se viene ammazzato l’ex cuoco, tutti punterebbero il dito accusatorio verso Putin. La domanda vera è quanto può restare a galla, così indebolito, Mad Vlad.
MOSCA A MOSCA - POSTER BY MACONDO
Il 17 marzo 2024 si terranno le nuove elezioni per il Cremlino. "Ovviamente non saranno elezioni libere, ma lo zar teme la scarsa affluenza, che potrebbe essere una silenziosa forma di protesta, ispirata dalle famiglie delle migliaia e migliaia di giovani soldati russi morti in Ucraina sul campo di battaglia", scrive Formiche.net. Vista la mala parata, Putin potrebbe fare il beau geste di non presentarsi e fare gli scatoloni.
Oppure, l’ala moderata del suo inner circle, quella che non voleva la guerra (che va da Lavrov a Petrucev) non aspetta il voto del 2024 e fa in modo di metterlo alla porta. A quel punto, il leader russo potrebbe recuperare le sue forze e incazzarsi: sono stato eletto democraticamente dal popolo, destituirmi vuol dire colpo di stato, nessuno mi far fuori senza le elezioni, bla bla. Ultima ipotesi: il voto anticipato.
sergei lavrov ekaterina vinokurova
Comunque, la fortuna di Putin è proprio nella sua sostanziale debolezza. Riesce a stare in piedi solo grazie a due stampelle: una americana, l’altra cinese. I due padroni del mondo non hanno alcun interesse a buttarlo giù non sapendo quale matto potrà arrivare dopo in un paese inzeppato di testate nucleari.
Che sapessero o meno del blitz di Prigozhin, Usa e Cina sono rimasti prudentemente alla finestra con dichiarazioni anodine (del tipo: non entriamo negli affari interni della Russia), ma pronti a intervenire attraverso le diplomazie per mantenere Putin a galla.
Ma oggi qualcosa è cambiato: l'ambasciatore cinese presso l'Unione Europea, Fu Cong, ha preso le distanze da Putin e ha suggerito che Pechino potrebbe sostenere gli obiettivi dell'Ucraina di rivendicare la sua integrità territoriale del 1991, inclusa la penisola di Crimea annessa dalla Russia nel 2014.
Nell'intervista ad Al Jazeera, Fu Cong, quando gli è stato chiesto di sostenere gli obiettivi di Kiev, che includono il recupero di altre regioni ucraine ora occupate da Mosca, l'alto diplomatico cinese ha detto: "Non vedo perché no". Non solo: “Crediamo che tutte le parti debbano creare le condizioni per una soluzione politica della crisi attraverso il dialogo e il negoziato".
il cerchio magico di vladimir putin
Insomma: caro Putin, o chiudi la scellerata invasione dell’Ucraina oppure comincia a prepare le valigie.